2025-02-04
La mossa di Orcel spinge Generali in Borsa
Andrea Orcel, amministratore delegato di Unicredit (Ansa)
Il titolo tocca i massimi dal 2008. L’ad Donnet: «L’investimento di Unicredit? Credo sia solo finanziario». Ma il mercato si interroga su cosa farà la banca di piazza Gae Aulenti del suo 4% in vista del rinnovo del cda del Leone. Oggi Intesa Sanpaolo presenta i conti.La mossa a sorpresa di Unicredit che è entrata nel capitale delle Generali con circa il 4% scalda il risiko anche in Piazza Affari. Ieri il titolo del Leone ha segnato un rialzo dello 0,33% a 30,73 euro, ai massimi dal 2008 e in controtendenza rispetto al calo del FtseMib (-0,69%). Le azioni Unicredit hanno invece lasciato sul terreno lo 0,72% a 44,1 euro, mentre si è difesa bene Mps (+1,42% a 6,3 euro) e Mediobanca ha ceduto lo 0,79% a 15,7 euro. «Il nostro nuovo piano industriale è molto promettente, con molta remunerazione per i soci. Non sono sorpreso che investitori istituzionali abbiano appetito di unirsi a noi», ha commentato ieri l’ad di Generali, Philippe Donnet, intervistato da Bloomberg Tv circa l’investimento di Unicredit, sottolineando che «l’ho letto dai giornali. Non ho informazioni speciali. Ancora una volta», ha proseguito il manager, «secondo la mia comprensione è un investimento finanziario, perché Unicredit, come molti altri investitori istituzionali, ha un forte appetito per il ritorno che noi daremo nei prossimi anni». L’istituto di piazza Gae Aulenti in una nota diffusa domenica ha assicurato che si tratta di un «investimento puramente finanziario», senza alcun interesse strategico nella compagnia triestina, poiché il focus resta sull’offerta per Banco Bpm (in queste ore la banca dovrebbe averla notificata ufficialmente a Palazzo Chigi per passare il vaglio del golden power) e sull’operazione Commerzbank. Ma è chiaro che nella delicata partita del rinnovo del cda di Generali da giocare nell’assemblea dell’8 maggio Unicredit potrebbe diventare l’ago della bilancia tra le liste che si sfideranno sulla composizione del nuovo organo di governo. Il primo azionista Mediobanca (col 13%) sostiene la conferma di Donnet e del presidente Andrea Sironi, ma dall’altra parte ci sono due soci di peso che potrebbero presentare una loro lista, ovvero, il gruppo Caltagirone e la Delfin della famiglia Del Vecchio. Il primo è accreditato del 7% circa e potrebbe portarsi a ridosso del 10%; il secondo ha già poco meno del 10% e teoricamente possiede le autorizzazioni per salire fino al 20%: entrambi, peraltro, sono soci forti del Montepaschi, che ha appena lanciato una Ops su Mediobanca.Va inoltre ricordato che nel primo round tra soci, tre anni fa, la spuntò la lista del cda (che questa volta non verrà presentata), sostenuta principalmente da Piazzetta Cuccia, anche grazie a un prestito titoli, e dagli istituzionali esteri, mentre uscì sconfitta la lista alternativa sostenuta dai due imprenditori e votata anche dai Benetton (che hanno oltre il 4%) e da Fondazione Crt (con circa il 2%). Questa volta, al di là delle liste che verranno depositate, l’esito appare più incerto - c’è anche la variabile Assogestioni - e le mosse di Orcel possono decidere il risultato finale. La partecipazione potrebbe essere messa in vendita a uno dei due schieramenti, prima dell’assemblea di primavera. Oppure potrebbe essere messa sul piatto della bilancia dei rapporti con il governo. L’ad di Unicredit potrebbe anche stare fermo, ovvero posizionarsi opportunisticamente e attendere gli eventi. È stato invece smentito l’acquisto di una partecipazione del 2,9% nel capitale di Mediobanca. Mentre oggi i riflettori sono puntati su Intesa Sanpaolo che presenterà i conti e su quello che dirà l’ad Carlo Messina sulle ultime mosse del risiko bancario. Risiko che, come più volte ha sottolineato La Verità, nel 2026 riguarderà anche il settore del risparmio gestito. E non solo per l’alleanza Generali-Natixis di cui si sono gettate le fondamenta ma che vede contrari Caltagirone e Delfin. Sullo sfondo possono muoversi altri francesi: quelli del Credit Agricole che è il maggiore azionista di Bpm (è al 9,8% del capitale, ma virtualmente detiene il 15,1% attraverso strumenti derivati con relativa richiesta alla Bce di poter crescere fino al 19,9%) e che tramite la controllata Amundi ha in essere un contratto di distribuzione proprio con Unicredit. L’accordo con Amundi scadrà nel luglio 2027 e pesa per circa il 10% dei ricavi dell’asset manager transalpino. L’altro tema caldo, restando in casa Bpm, è l’Opa lanciata dalla banca di Giuseppe Castagna su Anima (che è azionista di Mps e che tra i soci conta anche Francesco Gaetano Caltagirone). Dopo il via libera dal governo, l’offerta di Piazza Meda attende il semaforo verde di Consob per la pubblicazione del prospetto, dell’Ivass e quello della Bce sull’applicazione del Danish Compromise per il quale Francoforte ha chiesto chiarimenti all’Eba. Intanto, il titolo Anima si mantiene sopra il prezzo offerto (6,7 euro rispetto ai 6,2 euro del prezzo d’Opa).
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