2024-07-17
Orbàn spiega come Trump metterà fine alla guerra
Victor Orbán e Volodymyr Zelensky (Ansa)
Lettera di Orbán ai partner europei: con l’arrivo di Trump, gli Usa si sfilerebbero dall’Ucraina, costringendo Zelensky a trattare con Putin. L’Ue, indebolita militarmente ed economicamente, avrebbe il «nemico» alle porte. Meglio impegnarsi subito per la pace.democratici, non ha mandato a morire migliaia di soldati americani in giro per il mondo, eppure non soltanto non è riuscito con la sola deterrenza delle armi e della potenza economica a fermare alcuni conflitti ma, paradossalmente, in qualche modo li ha alimentati.Di lui si dirà che si è fatto prendere per il naso dagli ayatollah che, una volta incassato l’allentamento delle sanzioni imposte da Trump, hanno ripreso il programma nucleare che dovrebbe consentire all’Iran di disporre della bomba atomica. E anche senza quella, Teheran ha continuato a finanziare movimenti terroristici in tutto il Medio Oriente, strategia di cui il blitz di Hamas del 7 ottobre in Israele è la diretta conseguenza. Quanto, poi, all’Ucraina, Biden non è riuscito a fermare Vladimir Putin, ma non è stato neppure in grado di proteggere l’Ucraina, prova ne è che i territori occupati in due anni e mezzo di guerra sono più numerosi di quelli conquistati nei primi due mesi, quando gli esperti spiegavano l’avanzata russa con la sorpresa.Oggi, il commander in chief dell’America non ha soluzioni né per Gaza né per Kiev e le sue parole appaiono più delle esortazioni che delle determinazioni. Tralascio il resto, la politica dell’immigrazione (disastrosa) e le relazioni internazionali.Anche perché, a proposito di queste ultime, il bilancio di quattro anni di presidenza ci fa capire che anziché isolare i Paesi canaglia, ossia l’Iran, la Corea del Nord, la Russia e la Cina, Biden li ha messi insieme, saldando gli interessi di regimi dittatoriali con quelli di economie emergenti come India, Brasile, Turchia eccetera. Un’alleanza che potrebbe avere effetti devastanti per l’Europa e di cui il disastroso andamento dell’industria tedesca è la principale prova. Dunque, forse motivazioni ideologiche e l’avversione per Trump possono spingere a sostenere che Biden sia stato «il miglior presidente che l’America si potesse augurare». Di sicuro non lo può dire la Ue che, oggi, ha tutto l’interesse a differenziare le sue strategie prima che sia troppo tardi.Ieri il Financial Times, con un lungo articolo, ha fatto la sintesi dei colloqui avuti da Victor Orbán con Volodymyr Zelensky, Vladimir Putin, Xi Jinping e Donald Trump. Il presidente ungherese, dopo aver ascoltato tutti, avrebbe riferito che se alla Casa Bianca tornasse l’odiatissimo (dalla sinistra) tycoon, la Ue potrebbe trovarsi senza alcuna via d’uscita dalla crisi ucraina. Infatti, con Trump, l’America si sfilerebbe in tutta fretta dal conflitto, spingendo per un cessate il fuoco. Risultato che non sarebbe difficile da raggiungere, soprattutto se gli Stati Uniti decidessero di chiudere il rubinetto, negando a Kiev altri soldi e altre armi e condannando Zelensky a sedersi a un tavolo con l’odiato Putin.L’Europa, quella che fino a oggi si è limitata ad assecondare gli Usa aprendo il portafogli e gli arsenali e mettendo entrambi a disposizione dell’Ucraina, in tal caso che farà? Resterà con il cerino in mano, continuando a sostenere una guerra che non ha possibilità di essere vinta o si rassegnerà all’evidenza, facendo un passo indietro? In entrambi i casi, per Bruxelles e per le capitali europee che finora hanno sprecato parole bellicose, sarebbe un disastro da tutti i punti di vista: politico, diplomatico ed economico. Dopo aver speso miliardi e aver indebolito le proprie difese, la Ue resterebbe con un pugno di mosche, senza aver grandi possibilità di partecipare alla ricostruzione dell’Ucraina (vero affare su cui scommetteva Boris Johnson e molti suoi alleati) ma, soprattutto, con il nemico russo alle porte.È per questo che Orbán, scompaginando i giochi degli alti papaveri europei (da Ursula von der Leyen a Josep Borrell), dopo aver fatto il giro delle quattro chiese, si è presentato con una letterina che riassume la situazione. Urge fare presto e patrocinare un cessate il fuoco, mettendo da parte le dichiarazioni incendiarie. Prima che sia troppo tardi, cioè prima che arrivi Trump e faccia quello che l’Europa non è in grado di fare: guardare in faccia la realtà.Ora, se l’Occidente e l’Ucraina sono in questa situazione, di dover decidere in fretta come porre fine alla guerra, la responsabilità principale è del «miglior presidente», quello che in due anni e mezzo non è riuscito a trovare una via d’uscita per l’Ucraina e, chiudendo gli occhi sull’Iran (e non solo), ha lasciato che Hamas si armasse fino ai denti.
Foto Pluralia
La XVIII edizione del Forum Economico Eurasiatico di Verona si terrà il 30 e 31 ottobre 2025 al Çırağan Palace di Istanbul. Tema: «Nuova energia per nuove realtà economiche». Attesi relatori internazionali per rafforzare la cooperazione tra Europa ed Eurasia.
Il Forum Economico Eurasiatico di Verona si sposta quest’anno a Istanbul, dove il 30 e 31 ottobre 2025 si terrà la sua diciottesima edizione al Çırağan Palace. L’evento, promosso dall’Associazione Conoscere Eurasia in collaborazione con la Roscongress Foundation, avrà come tema Nuova energia per nuove realtà economiche e riunirà rappresentanti del mondo politico, economico e imprenditoriale da decine di Paesi.
Dopo quattordici edizioni a Verona e tre tappe internazionali — a Baku, Samarcanda e Ras al-Khaimah — il Forum prosegue il suo percorso itinerante, scegliendo la Turchia come nuova sede di confronto tra Europa e spazio eurasiatico. L’obiettivo è favorire il dialogo e le opportunità di business in un contesto geopolitico sempre più complesso, rafforzando la cooperazione tra Occidente e Grande Eurasia.
Tra le novità di questa edizione, un’area collettiva dedicata alle imprese, pensata come piattaforma di incontro tra aziende italiane, turche e russe. Lo spazio offrirà l’occasione di presentare progetti, valorizzare il made in Italy, il made in Turkey e il made in Russia, e creare nuove partnership strategiche.
La Turchia, ponte tra Est e Ovest
Con un PIL di circa 1.320 miliardi di dollari nel 2024 e una crescita stimata al +3,1% nel 2025, la Turchia è oggi la 17ª economia mondiale e membro del G20 e dell’OCSE. Il Paese ha acquisito un ruolo crescente nella sicurezza e nell’economia globale, anche grazie alla sua industria della difesa e alla posizione strategica nel Mar Nero.
I rapporti con l’Italia restano solidi: nel 2024 l’interscambio commerciale tra i due Paesi ha toccato 29,7 miliardi di euro, con un saldo positivo per l’Italia di oltre 5,5 miliardi. L’Italia è il quarto mercato di destinazione per l’export turco e il decimo mercato di sbocco per quello italiano, con oltre 430 imprese italiane già attive in Turchia.
Nove sessioni per raccontare la nuova economia globale
Il programma del Forum si aprirà con una sessione dedicata al ruolo della Turchia nell’economia mondiale e proseguirà con nove panel tematici: energia e sostenibilità, cambiamento globale, rilancio del manifatturiero, trasporti e logistica, turismo, finanza e innovazione digitale, produzione alimentare e crescita sostenibile.
I lavori si svolgeranno in italiano, inglese, russo e turco, con partecipazione gratuita previa registrazione su forumverona.com, dove sarà disponibile anche la diretta streaming. Il percorso di avvicinamento all’evento sarà raccontato dal magazine Pluralia.
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Matteo Del Fante, ad di Poste Italiane (Ansa)
«Non esiste al mondo un prodotto così diffuso e delle dimensioni del risparmio postale», ha dichiarato Matteo Del Fante, amministratore delegato di Poste Italiane, a margine dell’evento «Risparmio Postale: da 150 anni la forza che fa crescere l’Italia», a cui ha presenziato anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Come l’ha definito il Presidente della Repubblica, si tratta di un risparmio circolare: sono 27 milioni i risparmiatori postali», ha spiegato ai giornalisti Dario Scannapieco, amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti.
Donald Trump e Xi Jinping (Ansa)