
Ricoverata a Genova la bambina a cui i medici inglesi volevano staccare la spina. Il sollievo della madre dopo il calvario legale.L'Italia non sarà più quella «felice eccezione», in tema di difesa della vita e della famiglia, di cui parlava Giovanni Paolo II ma resta un Paese che continua ad insegnare al mondo cosa significa prendersi cura delle persone più fragili. A ricordarcelo sono le parole della mamma della piccola Tafida Raqeeb, 5 anni, giunta all'Ospedale Gaslini di Genova nella tarda serata di martedì, dopo una estenuante battaglia legale con i medici del Royal London Hospital che volevano staccarle i supporti vitali.«La principale differenza tra la sanità inglese e quella italiana è che dal primo momento in cui Tafida è stata ricoverata in Inghilterra i dottori continuavano a dire “non ce la farà". Questo me lo sono sentita dire fino all'ultimo momento. Invece qui al Gaslini ho trovato speranza», ha detto Shelina Begum, madre della bimba inglese in gravi condizioni. «Questa è la grandissima differenza», ha ribadito, «tra cosa ho trovato in Inghilterra e cosa ho trovato in Italia».Per portare la figlia in Italia, i genitori di Tafida hanno dovuto affrontare una serie di processi che li hanno portati sino all'Alta Corte britannica, che poi ha deciso di concedere il permesso per il trasferimento. La bambina, che si trova in stato coscienza minima dopo un intervento al cervello subito a febbraio, è stata ricoverata nella terapia intensiva del nosocomio genovese, dove sarà valutata da un'equipe composta anche dal neurologo Lino Nobili e dal neurochirurgo Michele Torre. «Non sempre si può guarire, ma sempre si può e si deve prendersi cura dei nostri piccoli pazienti», ha detto il direttore generale del Gaslini, Paolo Petralia, «questo è quello che il Gaslini fa da oltre 80 anni, perché prendersi cura precede e moltiplica gli effetti delle cure». Ad accogliere la bimba sul suolo italiano il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, insieme al vicepresidente e assessore alla Sanità, Sonia Viale. «Abbiamo fatto credo la cosa giusta. Adesso siamo certi che sia nelle mani di straordinari pediatri di uno dei migliori ospedali e nelle mani del buon Dio», ha detto il governatore.Tafida non si è mai risvegliata del tutto dall'operazione subita a febbraio per la rara malformazione artero-venosa. Nel dare l'ok al trasferimento in Italia, «nel miglior interesse di Tafida», il giudice dell'Alta Corte inglese Alistair MacDonald aveva sottolineato la differenza fra il caso di malati terminali o inguaribili e quello della bambina, a cui gli specialisti non negano una potenziale aspettativa di vita superiore ai 20 anni. Ieri mattina presso il Gaslini è stato fatto il punto della situazione in una conferenza stampa animata dai medici e da Filippo Martini, segretario di Giuristi per la vita, l'associazione di legali e magistrati che ha assistito per le questioni giuridiche italiane la famiglia nella complessa battaglia. «Sono stato in rianimazione, ho visto Tafida», ha raccontato l'avvocato Martini. È stata una «emozione grande» ha detto ancora Martini, che poi ha aggiunto: «Rispondeva, eccome alle sollecitazioni della mamma». Il segretario dell'associazione di giuristi ha quindi riferito che è stata presentata per Tafida un'istanza di acquisizione della cittadinanza italiana. «Ricordiamoci che la famiglia si è dovuta distaccare dalla sua realtà per venire in un Paese nuovo», ha spiegato Martini, «qui inizia un percorso di integrazione, vogliamo mettere in contatto la mamma-avvocato Shelina con studi legali qui in Italia che possano iniziare a riavviare il percorso che lei con la sua professione aveva già fatto». La prima giornata in Italia di Tafida è stata scandita anche dalla calorosa accoglienza dei militanti di Citizengo, organizzazione pro-life aderente al Family day. Presente anche Filippo Savarese, direttore delle campagne per l'Italia di Citizengo, che ha coordinato la raccolta di quasi 300.000 firme per sostenere la richiesta di trasferimento della piccola Tafida. Il lieto fine di questa vicenda fotografa uno spaccato dell'Italia migliore, che lancia grandi segnali di speranza. Emblematico l'episodio condiviso in conferenza stampa da Paolo Petralia, direttore generale dell'Ospedale Gaslini. Una poliziotta che scortava l'ambulanza con la piccola paziente ha consegnato a Petralia una rosa e dicendogli: «Questa è per Tafida», con le lacrime agli occhi. «Mi ha colpito la tenerezza, la delicatezza e soprattutto la partecipazione di una persona che aveva svolto il suo lavoro ma che ha voluto aggiungere qualcosa in più, un pezzettino di umanità in più».
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