
Le esplosioni sono simili ad atti ostili contro la Germania: Jens Stoltenberg dovrebbe reagire. Così come gli Stati europei che finanziano un Paese che ha causato la crisi economica innescata dall’aumento del prezzo del gas.Già ai tempi della famosa frase di Mario Draghi («Preferiamo la pace o il condizionatore d’aria acceso?») ero convinto che l’appoggio dell’Europa all’Ucraina fosse una scelta masochistica. Chiunque avesse un po’ di conoscenza dei nostri rapporti con la Russia, ma soprattutto sapesse della dipendenza energetica da Mosca, era in grado di comprendere che avremmo pagato caro la decisione di sostenere Kiev. Tuttavia, ora ho la certezza che, oltre a essere un comportamento masochistico, quella dell’Unione è anche una strategia totalmente folle. Mi spiego. Come è a tutti noto, nel settembre del 2022, cioè a circa sei mesi dall’inizio del conflitto voluto da Putin, un attentato ha messo completamente fuori uso il gasdotto Nord Stream, ovvero l’infrastruttura che, bypassando l’Ucraina, riforniva la Germania, consentendo di alimentare le industrie del Vecchio continente con un’energia a basso prezzo. Quando le bombe fecero esplodere le condotte collocate sui fondali marini, nessuno rivendicò l’operazione. Si sospettò della Cia e dei servizi segreti inglesi, qualcuno ipotizzò che dietro ci fossero gli ucraini, ma la tesi fu subito accantonata perché si disse che non avrebbero mai avuto le capacità di organizzare una missione del genere nel mar Baltico. Alla fine, sfiorando il senso del ridicolo, si parlò di un auto attentato, ovvero di ordigni collocati dai russi per far dispetto ai tedeschi (chiudere il rubinetto in tal caso sarebbe stata la scelta più semplice, ma ai complottisti di casa nostra pareva troppo banale). Risultato, per quasi due anni l’attentato è rimasto senza colpevoli, con la sola conseguenza che la Germania ha dovuto rinunciare al gas a prezzo facile e la sua economia, insieme a quella dell’Europa a cui è agganciata, è andata in crisi e a tutt’oggi boccheggia.Ora però, grazie a un’inchiesta del Wall Street Journal, si è saputo che i giudici tedeschi hanno spiccato un mandato di cattura. I magistrati, infatti, avrebbero identificato alcuni membri del commando che ha aperto le falle nel gasdotto. Secondo la ricostruzione del quotidiano americano, a pianificare l’attentato sarebbe stato un gruppo di persone appartenenti ai servizi militari ucraini insieme con alcuni civili. Un’operazione autorizzata se non orchestrata dal numero uno delle forze armate di Kiev con la benedizione di Volodymyr Zelensky. La Cia avrebbe scoperto il piano e avrebbe cercato di fermarlo, al punto che il presidente ucraino avrebbe provato a sfilarsi, ma ormai il commando aveva già mollato gli ormeggi, silenziando le comunicazioni per evitare di essere intercettato. In pratica, con una barca a vela, un pugno di uomini ha raggiunto il Baltico e con sommozzatori esperti ha collocato l’esplosivo che ha distrutto il Nord Stream.Ovviamente, dopo le rivelazioni della stampa Usa, gli ucraini si sono affrettati a smentire, ma l’ordine di cattura emesso dalle autorità tedesche è confermato e l’intera storia appare fondata. Dunque, se si crede alla ricostruzione del quotidiano americano, Kiev ha organizzato un attentato con l’obiettivo di distruggere un gasdotto inaugurato da Angela Merkel e che serviva all’Europa, cioè a quegli stessi Paesi che hanno promesso di sostenere l’Ucraina contro l’aggressione russa. Le bombe hanno, cioè, interrotto il flusso dei rapporti commerciali ed energetici fra Russia e Ue che in quel momento, nonostante i venti di guerra e le dichiarazioni minacciose, procedevano senza interruzioni di sorta. In altre parole, appoggiando l’Ucraina, l’Europa ha appoggiato anche gli attentatori che hanno minato la sua economia, provocando tutto ciò che è venuto dopo, cioè l’aumento stratosferico dei prezzi del gas, con le conseguenze sull’inflazione e le difficoltà di esportazione. È da lì che è cominciata la crisi della Germania, che ancora oggi, a quasi due anni di distanza, fatica non solo a riprendersi, ma sta trascinando all’indietro tutta l’Unione, Italia compresa. Dite un po’ se questo non è masochismo. Altro che statisti. I leader europei somigliano a Tafazzi: bravissimi a martellarsi i cosiddetti. E pagano pure fior di miliardi, in armi e aiuti, per farsi martoriare.Ps. Gli esperti di cose militari osservano che un attentato contro l’infrastruttura strategica di un Paese è ritenuto un atto di guerra. Considerando che l’infrastruttura era sicuramente strategica per la Germania, aver distrutto il Nord Stream è un atto di guerra contro Berlino e come tale, siccome i tedeschi fanno parte della Nato, l’Alleanza atlantica dovrebbe reagire. Ma contro chi dovrebbe intervenire quel genio di Jens Stoltenberg? Contro gli ucraini, a cui invece la Nato fornisce assistenza e armi. Ecco perché penso che il comportamento dell’Europa non sia solo masochistico ma completamente folle.
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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