
Le multinazionali fanno terra bruciata attorno al presidente uscente: gli istituti di credito gli chiudono i conti. Intanto Airbnb cancella le prenotazioni degli alloggi ai suoi militanti e Paypal blocca le loro raccolte fondi.La censura delle big tech a Donald Trump si allarga dai social network ai servizi online e alla finanza. Dopo i fatti di Capitol Hill e il blocco di Twitter, Facebook, Youtube e Instagram agli account del presidente uscente, anche Airbnb e Paypal prendono le distanze dalla destra americana e staccano la spina. Il colosso degli alloggi ha annunciato ieri che sta cancellando le prenotazioni di «violenti, terroristi e facinorosi» a Washington Dc, in vista dell'evento di insediamento del presidente eletto Joe Biden. E Paypal ha deciso di bloccare il crowdfunding di un sito, GiveSendGo, che ha aiutato a raccogliere fondi delle persone che hanno partecipato alla manifestazione sfociata nell'attacco al Campidoglio. Il gigante dei pagamenti digitali ha inoltre confermato all'agenzia Reuters di aver chiuso un conto ad Ali Alexander, uno degli organizzatori del raduno. A «togliere l'amicizia» a Trump sono anche le banche. Chiudendo i rubinetti non solo per quanto riguarda le donazioni. Secondo il New York Times, Deutsche Bank avrebbe deciso di interrompere i rapporti con Trump: la Trump Organization dovrebbe così restituire circa 340 milioni di dollari ottenuti in prestito dalla banca tedesca e al momento non è chiaro se la rottura riguardi anche i rapporti con gli altri componenti della famiglia. Anche la banca di New York, Signature Bank, ha comunicato la chiusura dei due account personali del presidente uscente dove sono custoditi circa 5,3 milioni di dollari e gli ha pure chiesto di dimettersi «nell'interesse della nostra nazione e degli americani». Altre big del credito come Jp Morgan e Citigroup hanno deciso di sospendere o rivedere le loro donazioni ai Comitati di azione politica (Pac) repubblicani e democratici dei prossimi mesi. Il Wall Street Journal ha riferito la scorsa settimana che alcuni amministratori delegati, sia repubblicani che democratici, stavano valutando la possibilità di mettere in pausa le loro donazioni ai legislatori che si frappongono alla transizione pacifica del potere. Tra queste, il colosso assicurativo Blue Cross Blue Shield, il gruppo alberghiero Marriott International, il produttore di dispositivi medici Boston Scientific e la holding bancaria Commerce Bancshares. E anche Stripe - società di tecnologia finanziaria che gestisce i pagamenti con carta per milioni di aziende online e piattaforme di e-commerce - ha bloccato le sue attività di elaborazione di pagamenti per il sito web del comitato elettorale trumpiano. La «ban-mania», insomma, sta diventando contagiosa. Ed evoca le domande che Shoshana Zuboff, docente della Harvard Business School che ha dedicato buona parte della vita intellettuale allo studio delle economie digitali, si pone in un capitolo del suo libro, The Age of Surveillance Capitalism (Il capitalismo della sorveglianza). Il compendio della Zuboff è dedicato proprio all'esplorazione di cosa sia, come funzioni, quali effetti abbia il dominio di Google e Facebook, cioè i due giganti che, per estensione e fatturati, meglio incarnano la natura nella «nuova frontiera del potere», come la chiama l'autrice. Che parte da una tesi: il capitalismo di sorveglianza come il sistema che considera l'esperienza umana come materia prima grezza da convertire in dati comportamentali digitalizzati. Identità, spostamenti, acquisti, stati d'animo, rilievi biometrici, preferenze, stili di guida, affetti. Alcuni di questi dati sono dedicati ai servizi offerti agli utenti, ma la totalità di essi diventa «surplus comportamentale» (di cui Facebook & C sono proprietari) che - immesso nei sistemi di rielaborazione - diventa un insieme di previsioni di comportamento che vengono vendute sul mercato. Detto in altri termini, è il proprietario di casa che blocca da remoto la serratura all'inquilino dal cui conto online non può attingere l'affitto; è la clinica che stoppa l'erogazione automatizzata di medicinali a chi non ha una carta valida, è lo Stato che - in un futuro non impossibile - nega diritto di voto a chi non è in regola con questa o quella disposizione. La nuova frontiera è quindi rappresentata dalla possibilità non solo di monitorare ma di predire le azioni degli utenti, portando la sfera virtuale a influenzare quella reale. Per poi arrivare addirittura a influenzare le stesse azioni. Magari sventolando la bandiera dei difensori della democrazia, in una sorta di minority report del politicamente corretto . Non si dimentichi, in questa chiave, il precedente di Pornhub: lo scorso 10 gennaio Mastercard e Visa hanno deciso di proibire l'uso delle loro carte di credito sul sito per adulti dopo l'inchiesta del New York Times da cui è emerso come sulla piattaforma del colosso del porno online siano reperibili video di stupri e sesso con minori. Accuse terribili, ma non validate dal alcun tribunale. A prescindere dal merito, il caso è istruttivo: senza alcun processo o condanna, Visa e Mastercard decidono di boicottare il sito più visto al mondo, che è costretto a cambiare totalmente politica. L'impatto è ancor più forte del blocco degli account social. Non si controllano solo le opinioni, ma anche gli investimenti.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





