2022-02-05
Open, Matteo rischia la sbarra. Archiviato Tiziano il «lobbista»
Pronta la richiesta di giudizio per l’ex premier. A Firenze invece prosciolto il babbo. Ma per il gip era un mediatore a pagamento.Da giorni gli avvocati degli indagati dell’inchiesta Open sono in attesa della notifica con la fissazione dell’udienza preliminare per il rinvio a giudizio di Matteo Renzi, accusato dalla Procura di Firenze di finanziamento illecito per il denaro raccolto dalla fondazione a lui riferibile. Sotto inchiesta gran parte del vecchio Giglio magico: Luca Lotti, Maria Elena Boschi, Marco Carrai e Alberto Bianchi.Il procuratore aggiunto di Firenze Luca Turco e il pm Antonino Nastasi con garbo istituzionale hanno evitato, come già vaticinato da questo giornale, di lanciare la richiesta di rinvio a giudizio tra le gambe del senatore nei giorni delle trattative per eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Un armistizio che verrà interrotto non appena arriverà la notifica dell’istanza e il senatore farà ripartire la sua contraerea mediatica.Non è chiaro se l’atto arriverà prima o dopo il 18 febbraio, quando la Cassazione si esprimerà per la terza volta sulla legittimità della motivazione alla base delle perquisizioni ordinate dalla Procura e cioè che Open sarebbe stata un’articolazione di partito.La Suprema corte, in due diverse sentenze, ha già fatto capire di non considerarla tale, ma, trattandosi di un pronunciamento su un sequestro e non su una sentenza, non mette in discussione l’inchiesta. La Procura per non andare allo scontro frontale potrebbe rimodulare il capo di imputazione, concentrandosi sul finanziamento al singolo politico, anziché alla fondazione, e limitandosi a considerare quest’ultima un artificio per schermare e rendere meno trasparenti le erogazioni.Gli inquirenti, per mettersi al riparo dalla eventuale contestazione di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, potrebbero anche stralciare dagli atti chat e mail risalenti all’epoca in cui l’ex premier sedeva già a Palazzo madama.Ma se Renzi rischia la sbarra, il babbo, già sottoposto ad altri tre processi (false fatture e concorso in bancarotta a Firenze e traffico di influenze a Roma), è riuscito a schivarne uno per presunte mediazioni irregolari. Nel mirino i 160.000 euro più Iva pagati dall’imprenditore pugliese Luigi Dagostino. Per quei bonifici Tiziano e la moglie Laura Bovoli sono già stati condannati in primo grado per emissione di false fatture. Adesso la pm Christine von Borries certifica che i soldi ai due genitori non sono arrivati per un progettino per un’area ristoro di un centro commerciale, bensì per l’attività di lobbista dello stesso Renzi senior.Il dispositivo Il giudice per le indagini preliminari Antonio Pezzuti ha accolto l’istanza di archiviazione della Procura perché a suo giudizio, anche se «sembra raggiunta la prova della mediazione svolta da Tiziano Renzi nei confronti di Luigi Dagostino verso Luca Lotti», le indagini non hanno evidenziato «l’illiceità della condotta». In particolare, come ha scritto il gip, citando la pm, «non è dimostrato un intento o scopo illecito dei terzi che grazie a Dagostino e alle intermediazioni di Tiziano Renzi riuscirono a incontrare il sottosegretario Lotti». Ma dalle 34 pagine di motivazione della richiesta di archiviazione emerge la frenetica attività di lobbista di Renzi senior intorno a Palazzo Chigi, mentre il figlio guidava il Paese. Mai nella storia repubblicana, a nostra memoria, il genitore di un presidente del Consiglio era entrato tante volte o aveva contattato con tanta insistenza l’«ufficio» del figlio per portare questo o quel soggetto a perorare la propria causa nei palazzi del potere. E lo avrebbe fatto a tariffe non certo popolari.In quei mesi Tiziano aveva piazzato il suo ufficio volante in Galleria Sordi, a pochi metri da Largo Chigi, e suo genero, Andrea Conticini, e un altro stretto collaboratore, Patrizio Donnini, avevano trovato un appoggio nella sede di una società di lobbying a pochi metri da Piazza del Popolo.Dai tabulati esaminati dalla Guardia di finanza si evince che Renzi senior, tra il 2015 e il 2016, ha contattato Lotti 344 volte («ricorrenze» le chiamano gli investigatori), solo 42 nei tre anni successivi, quando l’ex ministro dello Sport aveva lasciato Palazzo Chigi. Parliamo di chiamate sulla normale linea telefonica che non comprendono quelle su Whatsapp o su altre app di messaggistica criptate. Ma Tiziano non si rivolgeva solo all’ex sottosegretario, bensì anche la sua capo segretaria Eleonora Chierichetti, già collaboratrice di Renzi in Provincia a partire dal 2004: i contatti tra Tiziano e la donna sono stati 811 tra il 2015 e il 2017, 638 solo nei primi due anni.L’insistenza del babbo Il babbo era davvero pervicace, come ha ammesso la stessa Chierichetti con la pm: «Mi chiamava circa una volta ogni dieci giorni, mi chiedeva sempre un sacco di cose perché tra l’altro parla molto». La Chierichetti conosce Tiziano «da bambina», vivevano entrambi a Rignano sull’Arno e avevano i cellulari l’uno dell’altra: «Se mi chiese di fissare appuntamenti per i suoi conoscenti con Lotti? È capitato più volte e mi ha fatto molte richieste da rivolgere a Lotti e io le filtravo nel senso che non gliele riportavo tutte, ma solo una parte e ogni tanto Lotti, se valutava che la persona proposta da Renzi fosse seria, gli fissava». Come accadde con Dagostino. E anche con l’ex pm di Trani Antonio Savasta, che ha incontrato Lotti il 17 giugno del 2015. Nei mesi precedenti sul tavolo della toga era finito un fascicolo per reati fiscali che coinvolgeva società riconducibili a Dagostino. Scrive la pm: «Non c’è chi non veda che Dagostino in quel momento avrebbe già dovuto essere indagato dal magistrato Savasta come utilizzatore delle false fatture sulle quali stava indagando. E invece Savasta […] ottenne, proprio tramite l’imprenditore Dagostino e al fine di non indagarlo, l’appuntamento con Lotti».L’ex pm «in quel momento era indagato penalmente e aveva inoltre vari procedimenti disciplinari pendenti di fronte al Csm ed era quindi interessato ad ottenere un trasferimento a Roma». Ecco spiegato l’incontro che il Tribunale di Lecce ha contestato a Dagostino quando lo ha condannato in primo grado a 4 anni per corruzione in atti giudiziari. Savasta, invece, ha incassato 10 anni di reclusione per quello e altri episodi.Ma perché si configuri il reato di traffico di influenze illecite occorre che un pubblico ufficiale sia indotto a compiere un illecito. Nel caso di Lotti, questo non sarebbe successo, visto che, per esempio, Savasta non ha ottenuto l’auspicato trasferimento. L’ex sottosegretario è stato sentito tre volte dai pm, esibendo «una memoria lacunosa» sull’incontro con il magistrato pugliese, mentre è stato più prodigo di dettagli sul suo rapporto con il «lobbista» Tiziano. In particolare nel verbale dell’11 febbraio 2021. Per esempio ha raccontato le passeggiate che faceva con Tiziano da casa propria alla stazione per agevolare il «dialogo» tra il babbo e Matteo Renzi: «Mi accompagnava a piedi e così parlavamo anche di politica e a volte mi chiedeva di riferire il suo pensiero e le sue opinioni politiche a suo figlio. Ho visto qualche volta Tiziano Renzi anche a Roma, ma fuori dalle sedi istituzionali». Il racconto è continuato: «Mi ha chiesto spesso nella mia veste di sottosegretario degli appuntamenti per suoi conoscenti o terze persone da lui presentate. lo ho accolto alcune volte le sue richieste (potrei quantificarle in un 40% delle volte) e ne parlavo prima con Matteo Renzi quando erano richieste istituzionali. […] Ricordo di avere incontrato qualche imprenditore di Rignano sull’Arno o della Provincia di Firenze, alcuni dirigenti istituzionali delle Poste e dell’Enel che magari si erano rivolti a lui e molte persone interessate alla politica, anche perché Tiziano Renzi era molto attivo politicamente». Il 17 giugno 2015 oltre a Savasta, Dagostino portò a Palazzo Chigi un commercialista fiorentino «interessato a entrare nel giro delle nomine e degli incarichi delle partecipate» che «lasciò il suo curriculum». Anche magistrato pugliese avrebbe consegnato a Lotti il cv dicendosi «interessato ad avere eventuali incarichi extragiudiziari» affidati da Parlamento e governo alle toghe. Il kingmakerDalle carte sembra che pure l’avvocato barese Marco Lacarra, nel 2016, prima di essere candidato ed eletto con il Pd, si fosse rivolto a Tiziano per avere un incontro con Matteo Renzi. Il babbo lo avrebbe incontrato insieme con Dagostino, così come ha fatto con il senatore Nicola Latorre (entrambi i parlamentari non hanno avuto appuntamenti con Lotti). Un consigliere regionale pugliese del Pd, Filippo Caracciolo, ottenne di entrare a Palazzo Chigi il 27 settembre 2015. Il politico ha ammesso di aver incontrato varie volte sia Dagostino che Renzi senior. A Caracciolo il babbo avrebbe riferito che «Michele Emiliano non era un candidato gradito a Matteo Renzi» e avrebbe detto di avere «una rete di rapporti politici all’interno del Pd anche nazionale con esponenti più vicini alla linea di Matteo». Insomma il babbo si sarebbe proposto persino come kingmaker delle elezioni regionali in Puglia. E quando venne eletto Emiliano si sarebbe lamentato della composizione della giunta «con esponenti del Pd di area non vicina a Matteo». Nel novembre del 2015 Caracciolo incontrò a Roma anche Conticini: «Dagostino mi disse che il genero di Tiziano Renzi aveva un ufficio che comunicazioni/pubblicità e mi chiese se come consigliere regionale pugliese potessi essere interessato a conoscerlo per procurargli contatti di lavoro. Io accettai». Così si muovevano i parenti di Renzi con Matteo premier.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)