2022-10-12
La scelta dell’Opec sul taglio dei barili fa irritare Biden. Putin invece gongola
Mohammed bin Salman e Vladimir Putin (Ansa)
Il prezzo del petrolio si alzerà. E Mosca si avvicina all’Arabia Saudita, con cui il presidente Usa vuole «rivedere» le relazioni.«Dribblo le sanzioni, nulla di illegale». L’imprenditore trevigiano Sergio Bonesso che vende prodotti petroliferi russi ai Paesi che non impongono blocchi: «Politica e commercio devono viaggiare lungo strade diverse».Lo speciale contiene due articoli.Ieri il presidente russo Vladimir Putin ha difeso a spada tratta la scelta dell’Opec+ di dare un taglio da oltre due milioni di barili al giorno per tenere alti i prezzi del greggio. «La Russia e gli Emirati Arabi Uniti lavorano attivamente nell’Opec+ e le decisioni dell’organizzazione non sono dirette contro nessuno», ha detto ieri il numero uno del Cremlino. In effetti, però, la scelta avvicina (e non poco) Mosca all’Arabia Saudita, visto che l’aumento dei prezzi di fatto rappresenta un grande aiuto per la Russia, tra i maggiori esportatori di greggio al mondo. Il problema è che questa scelta rischia di mettere in crisi i rapporti con il G7 dopo che, proprio in queste settimane, il gruppo dei Sette è al lavoro per imporre un tetto al prezzo del greggio russo sul mercato globale. In effetti, la scelta dell’Opec+ non è stata per nulla gradita dal presidente americano Joe Biden che fatto notare di sentirsi tradito dal principale partner arabo. Come risposta alla scelta di Riad, il presidente americano ha reagito ordinando al dipartimento dell’Energia di mettere sul mercato a novembre 10 milioni di barili dalla Strategic petroleum reserve (Spr), la più grande riserva mondiale di greggio, nata nel 1975. In realtà, però, la scelta sta preoccupando gli esperti perché le riserve sono già oggi ai livelli più bassi dal 1984. Come ha fatto notare il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby, in un’intervista alla Cnn, a seguito delle decisioni sui tagli, Joe Biden ha intenzione di «rivedere» le relazioni con l’Arabia Saudita: «Il presidente è stato molto chiaro sul fatto che questo è un rapporto che dobbiamo continuare a rivedere, che dobbiamo essere disposti a ricalibrare», ha detto.D’altronde, per Biden questo rappresenta a tutti gli effetti uno sgambetto da parte dell’Arabia Saudita. Dopo il viaggio del presidente a Gedda tre mesi fa, la speranza era che vi fosse una riconciliazione con il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, accusato di aver architettato l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi e che questo portasse a un avvicinamento tra i due Paesi. Al contrario, i sauditi sembrano essersi ora schierati con Mosca. Stando ad alcune indiscrezioni, gli Stati Uniti avevano messo l’Opec+ davanti una scelta: o lo Zio Sam o Mosca. Per cercare di spingere l’Opec+ ad avvicinarsi a Washington il presidente Biden aveva spedito in Arabia Saudita Amos Hochstein, l’inviato speciale per l’Energia, e il funzionario della sicurezza nazionale Brett McGurk per discutere di questioni energetiche.Il ministro dell’energia di Riyadh, il principe Abdulaziz bin Salman, ha risposto senza mezzi termini. «Ci preoccupiamo prima di tutto degli interessi del regno dell’Arabia Saudita, quindi degli interessi dei Paesi membri dell’Opec e dell’alleanza Opec+», ha detto.Il vero problema, è che saremo noi occidentali a pagare le spese di questa scelta. «Il taglio di due milioni di barili al giorno dell’Opec+ ha esercitato maggiore pressione sulle infrastrutture energetiche già sotto stress negli Stati Uniti e in Europa», spiega alla Verità Will Rhind, amministratore delegato e fondatore di GraniteShares. «Nonostante i timori che l’economia globale stia entrando in recessione, il prezzo del petrolio è salito sulla scia dei tagli annunciati. È probabile che l’offerta di petrolio rimanga limitata poiché non ci sono Paesi con capacità inutilizzata in grado di compensare i tagli. Con l’Opec+ apparentemente disposto a difendere il prezzo del petrolio in un momento in cui l’economia globale ha più bisogno di approvvigionamento, è probabile che i prezzi rimarranno più alti e più a lungo e potrebbero superare di nuovo i 100 dollari al barile prima della fine dell’anno».«L’Opec in genere riesce a mantenere promesse solo nel breve periodo», aggiunge sempre alla Verità Massimo Siano, responsabile per il Sud Europa di 21Shares. «Ovviamente questa non è una buona notizia e potrebbe far salire il prezzo del Wti oltre i 100 dollari al barile. Ciò aumenterebbe ancor di più la spirale inflazionistica globale e costringerebbe le banche centrali a rivedere al rialzo i loro obiettivi sui tassi d’interesse. Il rialzo dei tassi è la soluzione più drastica per far scendere il prezzo dei combustibili fossili, ma qualora dovesse accadere il danno collaterale sarà il rallentamento della crescita».D’altronde, la speranza è proprio quello di un aumento delle entrate. Arabia Saudita e Mosca sperano entrambe che i tagli aumentino le entrate per questi due Paesi, soprattutto per la Russia, fiaccata da una guerra lunga e costosa. «Il rischio macroeconomico sta peggiorando. I sauditi sapevano che il taglio avrebbe irritato Washington ma stanno gestendo il mercato», ha spiegato alla Reuters Ben Cahill, ricercatore presso il Center for strategic and international studies. Senza contare che a Riad chiaramente non piace l’idea di un tetto al prezzo russo, fattore ritenuto un meccanismo di controllo non di mercato che potrebbe essere utilizzato da un cartello di consumatori contro i produttori.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/opec-taglio-barili-irritare-biden-2658426894.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="dribblo-le-sanzioni-nulla-di-illegale" data-post-id="2658426894" data-published-at="1665513196" data-use-pagination="False"> «Dribblo le sanzioni, nulla di illegale» Le sanzioni economiche che l’Occidente, dopo l’invasione dell’Ucraina, ha imposto alla Russia, con conseguente rincaro di gas e petrolio, pesano nelle tasche degli italiani, ma non di tutti. È il caso di Sergio Bonesso, 62 anni, ingegnere meccanico, un passato da manager in varie multinazionali, che malgrado la guerra continua a fare import-export con i prodotti petroliferi di Vladimir Putin. Tutto all’insegna di una convinzione: «Politica e commercio devono viaggiare lungo strade diverse», come ha dichiarato ai giornali veneti del gruppo Gedi. Il professionista trevigiano, infatti, è titolare di due società: la Fip con la quale fa arrivare il gasolio in Italia, la Azimut con la quale fa viaggiare i prodotti petroliferi dalla Russia e dall’Iran in Cina, in India, in Africa. La Azimut ha sede a Malta mentre a Montebelluna, in via Cavour, ha sede la Fip, la società di trading che ha stretto rapporti commerciali con la Gazprom e con la Rosneft, colossi russi dei prodotti energetici. Tutto possibile perché Bonesso nella sua lunga esperienza professionale ha lavorato anche in Russia dove ha stretto quei rapporti che ora gli consentono di far viaggiare i prodotti petroliferi di Putin da un capo all’altro del mondo. Ma anche perché come assistente per i rapporti con Russia e Romania, si avvale della collaborazione di Nicole Facchin, una russa sposata a un italiano. È inoltre tutto possibile malgrado le sanzioni, perché, come dice l’ingegnere, «io mi occupo di commercio e acquisto prodotti petroliferi dalla Russia e li rivendo in Paesi che non applicano blocchi economici nei suoi confronti. È tutto a posto». Tra questi Paesi c’è anche la Cina che malgrado i buoni rapporti con Mosca fa anche affari privati con Bonesso: «In Cina, sto concludendo un contratto per fornire 15 milioni di barili di greggio al mese per un giro d’affari di 5 miliardi di dollari all’anno. Le compagnie statali acquistano direttamente dalla Russia, ma ci sono anche raffinerie private, pur sotto il controllo statale, che si rivolgono a chi opera, come me, nel settore commerciale». Contratti simili la Azimut li sta stipulando anche in Kenya, dopo quelli con India e Libano. La Fip, invece, serve per commercializzare prodotti energetici anche in Italia: «In pratica acquisto il prodotto, noleggio la nave, lo faccio arrivare a Porto Marghera o a Vado Ligure e lì è l’acquirente che provvede alla sua nazionalizzazione. È il gasolio che poi va a finire nei serbatoi delle pompe bianche. La prima nave di 25.000 tonnellate di gasolio dovrebbe arrivare questo mese a Vado Ligure» spiega l’imprenditore del montebellunese che dribbla senza colpo ferire le sanzioni decise dall’Europa. Non basta. L’ingegnere è in trattative anche con Gazprom per acquistare quote del gas che arriva in Austria e poi rivenderlo: «Stiamo trattando col gruppo Hera, con una società di Roma, con la spagnola Iberdrola». Fiorente commercio di petrolio e gas ma non manca l’energia elettrica «diversificata». Sette mesi fa, Bonesso e soci hanno acquistato, con una spesa di 5,5 milioni di euro una tenuta di 523 ettari a Gubbio su cui sorge l’abbazia di Santa Maria d’Anfiolo. L’immobile sarà ristrutturato per ricavarvi appartamenti per gli ospiti che arriveranno dalla Russia o da altri Paesi. Nei 5 ettari a destinazione industriale sarà invece realizzato un impianto fotovoltaico in grado di dare elettricità a tutta Gubbio. A seguire il progetto della tenuta umbra di Castel D’Anfiolo sarà il socio Franco Binotto. A meno che la burocrazia non sia più forte delle sanzioni.