2020-04-20
Il rigore lo vogliono soltanto per noi. I casi di Olanda e Germania
Fisco favorevole e agevolazioni per gli azionisti Amsterdam coltiva privilegi per attirare capitaliCommissione Ue, Banca degli investimenti e Mes. Berlino si tiene gli organi che distribuiscono soldiLo speciale contiene due articoli«Le azioni si pesano e non si contano», era solito dire Enrico Cuccia, patron di Mediobanca e custode dei salotti buoni della finanza italiana. Un efficace aforisma per sottolineare come un Gianni Agnelli qualunque dovrebbe comandare più di un Silvio Berlusconi qualsiasi pur avendo entrambi lo stesso numero di azioni in una società. E di questa lezione hanno fatto tesoro gli olandesi codificando in norma di diritto la saggezza del banchiere siciliano.Il motivo per cui infatti tanti campionissimi del made in Italy trasferiscono la sede legale del loro business nei Paesi Passi è soprattutto questo. Fca ha sede legale ad Amsterdam dal 2014 quando Fiat si è fusa con Chrysler. Li si è trasferita Mediaset così come la Cementir dei Caltagirone, e poi Exor, Ferrero, Prysmian,, Illy e Luxottica. Così come Ebay, Uber, Tesla, Google, Unilever e Ikea. Il maggior vantaggio del trasferimento attiene quindi alle peculiarità del diritto commerciale; figlio a sua volta del Dna mercantile dei Paesi Bassi. In sintesi, vige una sorta di sistema maggioritario ben collaudato che moltiplica i diritti di voto degli azionisti più rilevanti che però non sono così ricchi da avere la totalità del capitale. Chi arriva al 20-25% possiede in genere azioni che hanno diritto di voto plurimo e maggior valore nominale rispetto alle altre così garantendogli il ruolo di azionista il controllo al momento della nomina dei componenti del Consiglio di amministrazione. Certo anche le basse tasse hanno il loro fascino: i dividendi e i capital gain che affluiscono dalle controllate estere non concorrono all'imponibile, così interessi e royalty che le multinazionali del franchising applicano ai loro affiliati in tutto il mondo. «L'Olanda non esporta tulipani ma importa holding. Fatto niente affatto marginale nel momento in cui si negozia con loro ai tavoli europei»: così Giulio Tremonti sbertuccia sarcastico l'ex premier Romano Prodi che si lagnava di come gli olandesi non volessero l'emissione di debito comune sotto forma di coronabond. E perché mai dovrebbero volerlo? Il macroeconomista François Geerolf ha messo in fila i dati pubblicati dal Fondo monetario internazionale dal 1995 al 2019 scoprendo che in questi 25 anni l'Italia ha registrato un avanzo primario medio del 2,6% rispetto al Pil. In pratica, tutte le tasse pagate degli italiani hanno superato la spesa pubblica (al netto degli oneri sul debito pubblico) di una percentuale mostruosamente alta non registrata da nessun altro Paese al mondo. La «virtuosa Olanda», per intendersi, non arriva allo 0,4%. Se in tutti questi anni avessimo avuto un bilancio fotocopia rispetto ad Amsterdam, gli italiani avrebbero risparmiato circa 35 miliardi di tasse ogni anno. Per arrivare alla mostruosa cifra di quasi 900 miliardi in 25 anni. E invece l'Olanda ha un debito pubblico addirittura inferiore al 60% del Pil pur essendosi in tutti questi anni potuta permettere politiche fiscali non restrittive come le nostre. Dove starebbe quindi il segreto di questa fantastica ricetta magica? Semplicemente in ciò che uno studente di economia impara sui libri di testo nel primo anno di università. I saldi settoriali. Il risparmio di famiglie e imprese - nel loro complesso - è uguale alla somma del deficit statale e del saldo della bilancia commerciale. Puoi quindi avere tanto risparmio privato pur con uno Stato non troppo spendaccione se riesci ad attrarre tanti soldi dall'estero esportando più di quanto importi. Un'identità matematica che da sola spiega che cosa accade in Olanda da anni. Un Paese solo apparentemente euroscettico, che invece succhia il sangue dell'Unione come una zecca attaccata al cane. L'Italia aveva (prima del coronavirus) un Pil di oltre 2.000 miliardi di dollari contro i pochi meno di 1.000 dell'Olanda. Per non parlare degli abitanti: 60 milioni contro i 17 degli Orange. Ma appena si esaminano i dati Eurostat sulla bilancia commerciale scopriamo che l'Olanda ha registrato nel 2019 un avanzo di 66 miliardi contro i nostri 53. Fenomeni loro? Brocchi noi? Andando più a fondo nell'analisi e scomponendo il dato scopriamo qualcosa di sconcertante. L'Olanda ha un surplus commerciale nei confronti dell'Unione Europea di circa 184 miliardi e un deficit con il resto del mondo di 118. La spiegazione è semplice. I sofficini o i bastoncini arrivano nel nostro piatto da una società olandese che li vende in Italia pur se prodotti altrove. In altri termini, se l'Unione europea affondasse di colpo sotto uno tsunami questi persiani d'Europa andrebbero incontro alla più devastante crisi valutaria del pianeta. La tanto bistrattata Italietta invece se la gioca benone nel resto del mondo. Superato lo stretto di Gibilterra siamo ancora più forti visto che facciamo oltre il 98% del nostro avanzo commerciale fuori dall'Ue. L'Europa rimane quindi un affare d'oro per il Paese dei tulipani, delle holding, delle canne libere e delle donnine allegre in vetrina. Rutte libero ha di che festeggiare e prenderci pure in giro.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/olanda-2645756402.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="commissione-ue-banca-degli-investimenti-e-mes-berlino-si-tiene-gli-organi-che-distribuiscono-soldi" data-post-id="2645756402" data-published-at="1587318134" data-use-pagination="False"> Commissione Ue, Banca degli investimenti e Mes. Berlino si tiene gli organi che distribuiscono soldi «Una mattina mi son svegliato e ho trovato l'invasor»: quella mattina è oggi. Gli antifascisti senza fascisti da combattere ancora non ci sono arrivati. Ma il patriottico inno dei partigiani era rivolto contro quei tedeschi che di nuovo hanno invaso le istituzioni europee. Ma gli antifa intendono gioiosamente prostrarsi ai tedeschi cantando a sproposito Bella ciao proprio contro chi l'invasore tedesco oggi lo combatte. Gli inutili negoziati europei intanto si susseguono. L'Italia più di ogni altro Paese ha bisogno di soldi. Il Fmi prevede per il 2020 un -9%. Mai così male dal 1861 a oggi se solo si escludono gli ultimi tre anni del secondo conflitto bellico. Le previsioni per la Germania si attestano invece a un -7% e sono state messe in campo da quest'ultima misure di stimolo fiscale (più spesa e meno tasse) unite a misure di sostegno al credito pari complessivamente al 4% del Pil. Secondo il Financial Times, quasi quattro volte quanto prefigurato da Palazzo Chigi. Il confronto Italia-Germania non ha mai fine. La tristemente famosa «logica di pacchetto» continuamente evocata da Giuseppi per dissimulare la confusione e la sciatteria con cui si sta muovendo ai tavoli europei ha prodotto tre risultati: primo, c'è il Sure che potrà concedere prestiti ai 27 Stati Ue fino a 100 miliardi in tutto facendo leva su un patrimonio di 25 miliardi. Lo strumento è governato dalla Commissione Ue. E chi dirige la baracca? Ursula von Der Leyen, nazionalità tedesca. Secondo, c'è poi la Banca europea degli investimenti (Bei) che concede prestiti alle imprese ed è la banca dell'Ue. Con l'emergenza coronavirus le verrà conferito uno stanziamento di 25 miliardi a garanzia di prestiti per 200. Chi la presiede? Werner Hoyer, nazionalità ovviamente tedesca. Dulcis in fundo, il Mes creditore privilegiato che presta i soldi, in verità pochi (non oltre il 2% del Pil), un po' anche nostri (per il 18%) e dietro «rigorose condizionalità». E chi dirige il Mes? Klaus Regling, nazionalità manco a dirlo tedesca. Intanto Giuseppi straparla di «solidarietà», di «pagine di storia da scrivere» e di «cambio di passo». Immagina gli eurobond. Un debito di cui nessuno stato europeo possa rispondere. Ma i tedeschi in materia hanno le idee fin troppo chiare. Sarebbero «il primo passo nell'Unione dei trasferimenti», secondo l'economista Marcel Fratzscher. E l'intenzione dei tedeschi non è mai stata quella di sussidiare qualcun altro, men che meno l'Italia. «Le regole dei trattati sono chiare. La comunità europea non sarà responsabile dei debiti degli Stati membri e quindi non ci saranno ulteriori trasferimenti finanziari», ribadiva Helmut Kohl al momento della nascita dell'Ue. Mentre invece l'Italia è stata fatta scodinzolare giuliva dal presidente Mario Monti nel 2012 affinché quasi 60 dei nostri miliardi finissero ai vari fondi salva stati. Bisognava sgravare i bilanci delle banche commerciali francesi e tedesche dai troppi crediti a rischio verso la Grecia. «Consiglio cautela», professava alcune settimane fa il ministro tedesco Peter Altmaier: «Vengono presentati concetti apparentemente nuovi e geniali come i coronabond. Ma spesso sono solo una rivisitazione di concetti a lungo respinti». Già, perché gli eurobond altro non sono che titoli emessi congiuntamente da tutti i Paesi dell'Ue attraverso un organismo comune. Qualche euroinomane di casa nostra sogna (anzi fogna) che siano garantiti individualmente e in solido da ogni Paese: se l'Italia non pagasse la propria parte, ogni altro Paese potrebbe essere chiamato a pagare per noi. In pratica la Germania dovrebbe garantire per l'Italia. Qualcuno più realista immagina invece una garanzia pro quota. Ma perché allora ogni Stato non dovrebbe emettere un suo debito come ora, invece di prefigurare questa continentale supercazzola? Perché il tasso di interesse degli eurobond sarebbe un po' più basso dei Btp e un po' più alto dei Bund. Quindi ancora una volta ci guadagnerebbe l'Italia a scapito della Germania. Come sognano gli europeisti di casa nostra. Intanto l'eurozona rischia seriamente di saltare e sempre per mano di Berlino. Anzi di Kalsruhe. La Corte costituzionale tedesca è infatti chiamata a esprimersi sulla conformità del «quantitative easing» alla Carta nazionale. Saranno quindi indirettamente giudicate le ultime mosse della Bce in materia di acquisti di titoli pubblici. Oltretutto il Pepp - il programma di acquisti deliberato da Francoforte per fronteggiare la pandemia - deroga anche alla regola del «capital key». La Bce può ad esempio, come peraltro ha già iniziato a fare, acquistare Btp in proporzione superiore rispetto al capitale detenuto da Bankitalia nella Bce. Una monetizzazione del debito che nella testa dei tedeschi somiglia tanto a un trasferimento di ricchezza. La fine dell'eurozona potrebbe quindi uscire da quella sentenza messa in calendario proprio il 5 maggio. Quando i grandi della storia muoiono.
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)
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Pier Luigi Lopalco (Imagoeconomica)