2025-04-29
Oggi si incontrano Erdogan e Meloni. Alla firma nuove intese commerciali
Recep Tayyip Erdogan (Ansa)
Summit a Roma tra i due presidenti, dopo quello di Ankara nel 2022, per espandere le relazioni nei settori chiave. In contemporanea si terrà un forum imprenditoriale alla presenza di 500 aziende italiane e turche.Dazi, netto il segretario al Tesoro americano: «Tocca ai cinesi ridimensionare lo scontro in atto sulle tariffe». Washington e Delhi verso l’intesa. Xi nervoso, Ursula attendista.Lo speciale contiene due articoli.L’intensa attività diplomatica dell’esecutivo continua. Oggi è il giorno della Turchia: a Roma i due Paesi tornano a parlare di cooperazione in un nuovo vertice intergovernativo dopo quello che si è tenuto ad Ankara nel 2022. L’obiettivo è rafforzare la cooperazione e il partenariato strategico fra le due nazioni, confermando anche la solidità dei rapporti economici e commerciali.Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il capo dello Stato turco Recep Tayyip Erdogan guideranno le rispettive delegazioni di ministri per espandere la collaborazione in una serie di settori chiave, come industria, aviazione, sicurezza, informatica, tessile, energia e automotive. Due gli appuntamenti chiave. A Villa Doria Pamphili si terrà un bilaterale tra i due leder di governo al quale seguirà la sessione plenaria di lavoro con le rispettive delegazioni ufficiali. Successivamente, si svolgerà la cerimonia di scambio degli accordi, l’adozione di una dichiarazione congiunta, e dichiarazioni alla stampa. La delegazione italiana sarà composta dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, dal ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, dal ministro della Cultura Alessandro Giuli, dal ministro dello Sport Andrea Abodi e dal ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli. Con loro anche i viceministri Edmondo Cirielli (Affari esteri e Cooperazione internazionale), Edoardo Rixi (Trasporti e Infrastrutture) e i sottosegretari Isabella Rauti (Difesa) e Claudio Barbaro (Ambiente e Sicurezza energetica). Da quanto si apprende da fonti italiane, le intese punteranno a valorizzare la collaborazione in ambito energetico, sul fronte delle interconnessioni e nell’industria della difesa. Interesseranno, inoltre, lo sviluppo delle infrastrutture e dei trasporti, la cooperazione nel campo delle attività spaziali, la valorizzazione del patrimonio archeologico e il contrasto al traffico illecito dei beni culturali, e progetti comuni nel campo del sociale. Tra le aree di collaborazione anche lo sport: Italia e Turchia si occuperanno, infatti, dell’organizzazione congiunta degli Europei di calcio del 2032. Tra i temi che verranno affrontati anche quello della cooperazione nell’ambito migratorio, che già vede Italia e Turchia collaborare in modo efficace. Attività che ha consentito di ridurre drasticamente negli ultimi anni i flussi migratori irregolari. Ci sarà occasione di parlare anche della crisi in Medio Oriente e in Ucraina, proprio perché è interesse di Roma come di Ankara la stabilizzazione regionale di quei territori. Contemporaneamente all’ hotel Parco dei Principi si terrà un forum imprenditoriale organizzato dal ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale in collaborazione con i ministeri del Commercio e degli Esteri della Turchia, nonché con Ice Agenzia e l’omologa associazione turca Deik.Ampio spazio anche ai legami economici. Il volume degli scambi commerciali tra i due Paesi ha raggiunto 32,2 miliardi di dollari nel 2024 quando nel 2022 ci si era posto l’obiettivo di raggiungere i 30 miliardi. Lo scorso anno, la Turchia ha esportato merci in Italia per un valore di 12,9 miliardi di dollari, mentre le importazioni dall’Italia hanno raggiunto i 19,3 miliardi di dollari. In Turchia oggi hanno sede 1.500 aziende italiane. Turchia e Italia ormai da anni collaborano in settori come la produzione di automobili, acciaio, ma anche tessile e farmaceutico, che per anni hanno costituito l’asse portante dell’interscambio tra i due Paesi. Negli ultimi anni la collaborazione è stata estesa anche ad ambiti come l’Intelligenza Artificiale, la cyber-security e, soprattutto, la già citata difesa. Proprio per incrementare i legami economici, parallelamente al vertice si terrà il Forum imprenditoriale Italia Turchia al quale è prevista la presenza di oltre 500 aziende italiane e turche, oltre 150 gli incontri business-to-business già fissati. Durante i lavori verranno conclusi accordi e intese commerciali che interesseranno, per l’Italia, tra gli altri Leonardo, Sparkle, Confindutria Assafrica & Mediterraneo, Sace, Cdp e Simest. Italia e Turchia condividono già una solida base di cooperazione economica e industriale in settori fondamentali come la meccanica, la chimica, la manifattura, le infrastrutture. In Turchia operano oltre 400 imprese italiane, per un fatturato di 18,5 miliardi di euro. Anche gli investimenti turchi in Italia sono in aumento, grazie alla comune volontà di sviluppare la cooperazione anche in altri ambiti strategici, partendo dalle materie prime critiche, dall’innovazione digitale e transizione energetica.Alla sessione di alto livello, intorno alle 15, parteciperanno sia Meloni che Erdogǧan. Il Forum, suddiviso in tavoli settoriali, prevede la partecipazione di numerosi ospiti fra rappresentati del mondo imprenditoriale, delle principali istituzioni finanziare e delle associazioni di categoria di entrambi i Paesi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/oggi-si-incontrano-erdogan-meloni-2671859134.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sui-dazi-palla-in-mano-a-pechino" data-post-id="2671859134" data-published-at="1745921331" data-use-pagination="False"> «Sui dazi, palla in mano a Pechino» Il giallo muove e... perde in quattro mosse. Almeno è quello che credono alla Casa Bianca dove sanno benissimo che quella dei dazi è una partita a scacchi mondiale che ha un avversario principale: la Cina. Donald Trump sa che non può dare il «matto» a Xi Jinping; gli basta sgretolare la globalizzazione, ridurre l’aggressività di Pechino e riequilibrare la bilancia commerciale. Il segretario di Stato al Tesoro Scott Bessent è stato chiaro: «Tocca ai cinesi ridimensionare lo scontro sui dazi, anche se il rapporto con loro è molto complicato». Quasi a dire che il resto del mondo non ragiona come Pechino, il ministro economico americano ha sottolineato che «molti Stati ci hanno fatto delle proposte assai positive, ci sono in corso trattative interessanti, uno dei primi accordi che firmeremo sarà molto probabilmente con l’India». Questo dalle parti di Pechino non deve far fare salti di gioia. Perché nonostante la narrazione anti-trumpiana presenti la mossa del presidente americano come folle, chi sta cominciando a pagare conseguenze sono proprio i cinesi. Che continuano a negare qualsiasi telefonata tra Trump e Xi Jinping e rimarcano: «Noi siamo dalla parte giusta della storia, se pensate - ha detto Zhao Chenxin, si occupa dei piani economici - di stare contro il mondo finirete per isolarvi, solo viaggiando con il mondo possiamo conquistare il futuro». Se Bessent glissa sui rapporti tra il presidente Usa e il dittatore comunista di Pechino, che però definisce ottimi anche se non sa se c’è stata la famosa telefonata, a escludere i contatti ci pensa il portavoce del ministero degli Esteri cinese Guo Jiakun: «Cina e Usa non stanno conducendo consultazioni o negoziati sulle tariffe». Ma a Pechino dove si moltiplicano i segnali di nervosismo ci pensano perché l’effetto dazi comincia a essere molto visibile: ci sarebbe già stato un crollo del 60% delle merci spedite in Usa e l’annunciato accordo con l’India potrebbe portare a una (parziale) sostituzione dei prodotti cinesi importati in America. Il Financial Times ha stimato che nel solo porto di Los Angeles (è il principale scalo di approdo cinese) nella prossima settimana ci sarà un terzo degli sbarchi in meno. Trump, per ridurre la Cina alla trattativa, ha bloccato l’esportazione dei cosiddetti chip H20 indispensabili per i computer che servono all’Intelligenza artificiale e che Pechino non ha. L’offensiva tecnologica è oggi la prima arma in possesso degli Usa che hanno già costretto - a quanto trapela - Xi Jinping a mettere mano a un piano di aiuti per le imprese atteso che - come ha stimato Ubs - il Pil potrebbe ridimensionarsi al 3,4% di crescita quest’anno, con un impatto negativo dei dazi per almeno 20 milioni di posti di lavoro in meno in Cina. Xi insiste con la banca centrale cinese per aumentare gli stimoli monetari e tentare di sostenere una domanda interna particolarmente asfittica e un’economia fiaccata da un debito privato, che ha superato ormai il 196% del Pil. In Usa c’è pero chi dice che l’embargo alla merce cinese - a quel livello i dazi sono di fatto un embargo - potrebbe portare carenze sugli scaffali paragonabili a quelle dell’epoca Covid. Si rischia che manchino quaderni o palle di Natale, ma pare un po’ poco per convincere Donald Trump che - malgrado la moratoria di 90 giorni per tutti gli altri - mantiene il 145% di dazi con Pechino che risponde con una controtariffa del 125%. Sul versante europeo l’incontro Trump-Ursula von der Leyen non è stato ancora fissato - lo conferma la portavoce della Commissione Paula Pinho - anche se gli sherpa sono al lavoro per preparare un’intesa. Auspicata dal nostro ministro degli esteri Antonio Tajani, che ha ribadito: «Sui dazi voglio essere ottimista. Già la sospensione di tre mesi è positiva, ora si dialoghi. Ho fiducia nel commissario Maros Sefcovic e credo che l’Italia possa avere un ruolo di facilitatore. Ci siamo mossi in perfetta sintonia con l’Ue, come dimostrano i colloqui prima e dopo la visita a Washington del presidente del Consiglio Giorgia Meloni».
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
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