2019-09-25
Oggi la Consulta decide sul fine vita. Medici: «4.000 pronti all’obiezione»
Rinviato di 24 ore il pronunciamento sul caso Cappato. Opposizione e dottori cattolici chiedono ancora tempo. Possibile una sentenza «additiva» che escluderebbe alcuni casi dal reato di aiuto e istigazione al suicidio.Un'ulteriore pausa di riflessione. Se il Parlamento ha perso un anno, anche la Corte costituzionale ha pensato bene di prendersi altre 24 ore per decidere sulla legge che disciplina il fine vita. Era stata la stessa Consulta a rinviare di 12 mesi la decisione per dare modo alla politica di intervenire sul caso di Marco Cappato, che portò a morire in una clinica svizzera Fabiano Antoniani, in arte dj Fabo, paralizzato da un incidente.Altre 24 ore per stabilire se la vita rimane un bene da rispettare fino alla sua conclusione naturale, oppure se la legge può autorizzare a disporne. Decide la Corte costituzionale, e già questo pone enormi problemi. Il Parlamento è eletto dal popolo, la Corte no. Per questo al palazzo della Consulta un anno fa avevano preferito guadagnare tempo, regalandolo ai rappresentanti degli elettori. Il rinvio era stato accompagnato dall'indicazione dell'orientamento prevalente nella Corte, la quale aveva dichiarato «costituzionalmente incompatibile» l'articolo 580 del Codice penale, quello che punisce (reclusione da 5 a 12 anni) «chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione».L'incostituzionalità sarebbe la soluzione più devastante, un'apocalisse sotto l'aspetto etico e morale ma anche per il vuoto legislativo che aprirebbe. Cancellata la norma che vieta l'istigazione o l'aiuto al suicidio, tutto sarebbe possibile e nessuno sarebbe responsabile. Per evitare questa terra di nessuno il Parlamento era stato sollecitato a intervenire entro la giornata di ieri. Ma un anno alla politica non è bastato: probabilmente è pure poco. A ciò si è unito il fatto che la vecchia maggioranza gialloblù non ha mai affrontato temi etici, divisa com'era tra la sensibilità della Lega, più vicina ai valori contrari al suicidio assistito, e la posizione dei 5 stelle favorevole alla depenalizzazione.Dai «rumors» usciti dalla Consulta, l'orientamento di un anno fa sarebbe confermato. Oggi dunque potrebbe essere sancita la liceità del suicidio assistito in un totale caos normativo. Ma ci sono anche altre possibilità. Una di queste è che la Corte conceda altro tempo alle Camere per legiferare. Indiscrezioni di qualche giorno fa rivelavano che in questa direzione si fosse mosso lo stesso Sergio Mattarella, che era giudice costituzionale quando fu eletto capo dello Stato. Il Quirinale ha smentito. Una proroga, tuttavia, non è da escludere, come hanno chiesto anche i vescovi che sono tra i «grandi elettori» della nuova maggioranza M5s-Pd. Gli esiti del rinvio restano comunque imprevedibili. Sui temi etici i grillini hanno maggiore sintonia con il Pd che con la Lega, ed è probabile che proprio questa convergenza abbia contribuito a favorire la nuova coalizione di Palazzo Chigi. La Lega, disposta a ridurre le pene per Cappato & C ma non a cancellarle, ora si trova in minoranza. Ma è anche vero che, dopo la nascita del Conte 2, M5s e Pd non sono riusciti a inserire la discussione nel calendario parlamentare. Le Camere continuano a riflettere la vecchia diarchia. A Montecitorio, Roberto Fico chiuderebbe entrambi gli occhi davanti a un'accelerazione verso il suicidio assistito, mentre al Senato Elisabetta Casellati asseconderebbe la proroga. Due mozioni del centrodestra, una di Paola Binetti (Udc) e Maurizio Gasparri (Fi), l'altra di Fratelli d'Italia, chiedevano ancora tempo. Anche il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, aveva invocato «tempi supplementari». Nello stesso Pd non sono pochi i parlamentari che vorrebbero discutere con più profondità. Il fronte che preme per una dilazione, insomma, è ampio. Gli stessi camici bianchi chiedono scelte ponderate. «Almeno 4.000 medici cattolici sono pronti a fare obiezione di coscienza nel caso in cui il Parlamento legiferasse a favore del suicidio medicalmente assistito», ha detto ieri il presidente dell'Associazione medici cattolici, Giuseppe Battimelli, che garantisce: «La grande maggioranza dei medici italiani è sulla nostra posizione».C'è anche un terzo scenario possibile, una soluzione di compromesso. La Consulta potrebbe emettere una sentenza definita «additiva». Essa non abrogherebbe l'articolo 580, ma lo modificherebbe con alcune integrazioni. Sentenza «additiva» in quanto non cancella ma aggiunge. Sarebbe una scelta ardita, con la quale la Corte costituzionale si attribuirebbe un potere legislativo che non ha per colmare il vuoto lasciato dall'inerzia del Parlamento. Un modo per mettere la politica con le spalle al muro, ma che aprirebbe un capitolo totalmente nuovo nella giurisprudenza italiana. In questa ipotesi, a quanto si dice, il reato di istigazione al suicidio resterebbe in piedi con l'esclusione di una serie di cause di non punibilità. Queste circostanze sarebbero quattro: che il suicidio sia disposto nei confronti di una persona in condizioni di grave malattia psicofisica, che la patologia sia irreversibile, che il paziente sia sottoposto a trattamenti sulle funzioni esistenziali (cioè sia tenuto in vita dalle macchine) ma sia in grado di prendere decisioni coscienti. Anche se limitato, si tratterebbe comunque di un via libera al suicidio assistito, per di più deciso da una Corte che dovrebbe essere chiamata a valutare le leggi votate dal Parlamento, non a inventarne di nuove perché le Camere non intervengono. Ma una decisione simile è come la crepa che si apre in una diga: all'inizio è invisibile ma in breve tempo porta al disastro.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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