2024-06-25
Occhio alle poltrone di Antitrust e green. Sono in pole position due nomi da incubo
Teresa Ribera Rodriguez (Ansa)
Alla transizione verde favorita la spagnola Teresa Ribera Rodriguez, che è in linea con Frans Timmermans. L’altro scranno è stato prenotato da Emmanuel Macron. Adesso che siamo arrivati a poche ore dal Consiglio europeo del 27 e 28 giugno, dall’appuntamento clou per decidere la composizione della prossima Commissione Ue, possiamo dircelo: buona parte dei nomi che circolano rappresenta una sorta di incubo per il centrodestra europeo e di governo. Parliamo di alcune delle poltrone che contano e che potrebbero disegnare la traiettoria politica ed economica del Vecchio Continente per i prossimi cinque anni. C’è un tris di nomi, o meglio, diverse fonti hanno parlato di due nomi e un Paese che starebbe spingendo per mettere la sua bandierina su una delle caselle che più ha potere di incidere negli equilibri continentali, che fa particolarmente paura. Alla transizione verde, e questa sarebbe forse la maggiore sorpresa visti i guai combinati da Frans Timmermans, potrebbe arrivare un altro socialista: la spagnola Teresa Ribera Rodriguez che ricopre il ruolo di ministro della Transizione ecologica e della sfida demografica del Regno di Spagna dal 2018. Ribattezzata anche con l’appellativo di ministra in bicicletta e fortemente sponsorizzata dal premier Pedro Sánchez. A questo proposito è rimasto negli annali il suo arrivo sulle due ruote alla conferenza sul clima di Valladolid circa un anno fa, accompagnata però da due auto che le facevano da scorta, una Ford Mondeo e una Opel Insignia, entrambe spinte da un motore termico. Marketing verde riuscito male, si potrebbe obiettare. Vero, ma se guardiamo ai contenuti è pure peggio. La Ribera Rodriguez è una fan incallita delle rinnovabili, ritiene che l’energia solare riuscirà a rivoluzionare il mondo e ovviamente non vede il nucleare. A inizio 2023, tanto per fare un esempio, si è battuta in sede Ue (insieme a Sanchez) contro l’idrogeno rosa, quello ricavato dall’elettricità di origine nucleare, mentre a Bruxelles ha criticato più volte alcuni passi indietro dei Popolari e della Germania sui dossier chiave del Green deal. Si potrebbe continuare, ma il senso è chiaro: il rischio concreto è di passare dalla folle ipocrisia green guidata dall’uomo che viene dal Nord Europa a quella stessa politica 2.0 portata avanti da una donna del Sud. Un maquillage. Per non cambiare nulla, eccetto forse qualche manovra più di copertura che di sostanza per venire incontro agli scompensi che si stanno già creando sul sociale. Sarebbe clamoroso, perché vorrebbe dire infischiarsene completamente del messaggio arrivato dagli elettori che hanno fortemente punito gli irrealistici provvedimenti ecologisti dell’ultima Commissione. Ma l’ipotesi è fortemente in campo. Così come è in campo la Francia sull’Antitrust. Quale Francia, verrebbe da dire, visto che rispetto a tutte queste prospettive resta forte l’incognita rappresentata dal prossimo voto del 30 giugno e 7 luglio, che potrebbe scombinare tutti i piani. Parigi però sul dossier concorrenza c’è. E se l’Antitrust va in mano agli uomini di Macron per l’Italia sarebbero guai. Un antipasto di quello che potrebbe succedere l’abbiamo gustato per circa un anno sulla partita Ita-Lufthansa. La Verità ha di recente fatto un conto dei danni provocati da un anno di immobilismo rispetto a un’operazione che si era chiusa a maggio del 2023 e che a dir la verità non è stata ancora liberata dalla Dgcomp di Margrethe Vestager: circa 300 milioni di euro, tra slot lasciati al mercato, mancata programmazione estiva e accordi saltati con le altre compagnie. Dietro alle continue richieste (soprattutto quelle sull’intercontinentale sono sembrate pretestuose) dell’Antitrust sembra ci fosse anche la volontà di Air France di far saltare l’affare. Ita-Lufthansa a parte, l’Antitrust è centrale, e quanto sia cruciale lo dimostra l’attesa spasmodica che ha accompagnato per esempio il sì alla separazione della rete Tim, arrivato solo dopo le rassicurazioni del fondo Kkr, o il placet all’uso delle risorse di Stato per l’ex Ilva che qualcuno in Europa considera aiuti di Stato. Infine, la prima ministra estone Kaja Kallas, il nome più chiacchierato: indicata come futuro Alto Rappresentante dell’Ue nel nuovo pacchetto di assegnazione dei vertici. Il problema è la sua posizione molto dura sulla Russia. E il fatto che l’Estonia sia uno dei maggiori donatori militari pro capite verso Kiev. Qui non si tratta di essere putiniani o strenui difensori dell’Ucraina. Le perplessità nascono dalla consapevolezza che il percorso che porta alla pace deve per forza di cose passare per il dialogo. Una nomina del genere facilita le trattative o accentua lo scontro?
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.