2023-10-20
«Bene la manovra sugli stipendi ma occhio alle imprese in affanno»
Federico Iadicicco (Imagoeconomica)
Federico Iadicicco (Anpit): «Serve un supporto alle aziende che devono restituire gli aiuti Covid».La manovra è un primo passo positivo. Ora bisognerà trattare con Bruxelles anche la questione del patto di Stabilità. E affrontare il tema degli aiuti utilizzati durante il periodo del Covid. È l’appello al governo del presidente dell’Associazione nazionale per l’industria e il terziario (Anpit), Federico Iadicicco, che, se da un lato non nasconde preoccupazione per lo scenario incerto, dall’altro vede opportunità di cambiamento epocali. Dal punto di vista delle aziende che rappresenta c’è però ancora molto da fare per rilanciare il Paese in un contesto geopolitico in fermento. «La legge di bilancio, appena licenziata dal governo, mi sembra estremamente equilibrata», spiega, «dato per assodato il vincolo esterno con gli impegni presi nei confronti di Bruxelles e considerato il contesto particolarmente complicato e difficile, credo che destinare gran parte delle risorse alla riforma fiscale sia un atto politico importante. Si tratta di un primo significativo passaggio verso un cambiamento atteso da decenni con un impatto sulle aziende sia in linea diretta, via tassazione, che indiretta attraverso le misure a vantaggio dei redditi bassi con un’influenza sul reddito disponibile del ceto medio e quindi sui consumi». È positivo il giudizio anche sui sette miliardi stanziati per il rinnovo dei contratti della pubblica amministrazione che «va nella direzione di una maggiore equità nella distribuzione degli stipendi e del reddito disponibile per un’importante fetta dei lavoratori italiani che sono quelli del settore pubblico. Anche questo può essere uno strumento che può costituire una leva per un aumento dei consumi con un miglioramento delle condizioni economiche generali». Certo le imprese continuano ad andare avanti a fatica. Archiviato il rimbalzo post Covid, le aziende stanno metabolizzando i rialzi dei prezzi dovuti all’inflazione galoppante e cercano di contrastare gli aumenti degli oneri finanziari legati all’incremento dei tassi d’interesse. Non a caso Iadicicco ammette che non sono pochi i rischi per il tessuto produttivo italiano. A cominciare dalla recessione della Germania che mette in difficoltà il motore della produzione nel Nord-Est del Paese. «A questo si è ora aggiunta l’incognita rispetto al conflitto israelo-palestinese che rischia di riaccendere la spirale inflazionistica con i rincari nei costi delle materie prime e dell’energia. Speriamo che non vada così. Proprio nel momento in cui sembrava stabilizzarsi il quadro» , continua il presidente Anpit, «questa nuova tragedia, innanzitutto umanitaria, rischia di diventare anche una tragedia economica. Di certo il 2024 si aprirà all’insegna dell’incertezza con rischi di recessione abbastanza pressanti». Per fronteggiare le difficoltà non c’è una regola precisa. Ma di sicuro non aiuta la politica monetaria restrittiva della Bce, come pure i vincoli del patto di Stabilità e gli impegni stringenti sugli aiuti Covid. «Il governo», evidenzia Iadicicco, «dovrà ora giocare una nuova importante partita. Innanzitutto, sul tema della restituzione degli aiuti utilizzati per superare la pandemia. Tante aziende si sono indebitate e ora dovranno restituire il denaro con un fardello di oneri finanziari che nel frattempo si sono quintuplicati». Secondo Iadicicco la questione è di particolare rilievo perché c’è il rischio di default per le imprese più fragili con un impatto negativo sia sul sistema finanziario che sulla finanza pubblica visto che lo Stato ha offerto sue garanzie per far credito al sistema produttivo durante la pandemia. Al tempo stesso, il Paese dovrà contribuire a riscrivere le regole comunitarie «perché il patto di Stabilità, con la sua austerity, non funziona». Il numero uno dell’Anpit conclude immaginando un’Europa in cui popoli e imprese riacquistano centralità rispetto alla finanza. Per realizzare questo obiettivo è fondamentale l’appuntamento elettorale europeo. «Speriamo», sottolinea, «non diventi un promossi o bocciati per i governi nazionali come spesso accaduto in passato, ma sia piuttosto l’occasione per riflettere sul cambiamento strutturale dell’assetto istituzionale e quindi anche economico dell’Unione. Questo perché si può rinunciare ad un pezzo di sovranità nazionale in cambio di un aumento della sovranità popolare».