2020-03-27
Nuovo boom di casi con l’aumento dei test. Crematori milanesi chiusi ai non residenti
Lombardia, altri 2.500 infetti. Giulio Gallera: «Sono i poco sintomatici». L'allarme dell'Iss del 2 marzo: «Chiudere Bergamo e Brescia».In Lombardia i casi di coronavirus sono «purtroppo» sui 2.500 in più, ha dichiarato ieri a mezzogiorno il presidente della Regione, Attilio Fontana, che si è detto «preoccupato». Sono infatti aumentati di mille unità i nuovi positivi al test, rispetto ai 1.643 del giorno precedente. Una possibile spiegazione è arrivata in serata, alla luce di alcuni dati relativi ai 6.000 tamponi che, come, ha spiegato in conferenza stampa Giulio Gallera, assessore lombardo al Welfare, sono stati fatti in un giorno. Inoltre, ha detto, «non sono stati registrati aumenti agli accessi del pronto soccorso». Sarebbero quindi cresciuti sostanzialmente i positivi asintomatici o paucisintomatici, ma non i casi gravi. Nelle terapie intensive dove sono ricoverati 1.263 persone, ci sono stati 27 accessi in più, ma inferiori ai 42 di mercoledì. Complessivamente sono 35.889 i positivi lombardi, 4.861 i decessi e 10.681 i ricoveri in reparto. Nei numeri di ieri ci sono luci ed ombre. Sono cresciuti anche i decessi: 387 in più (erano 296). A causa dell'alto numero di vittime, dal 29 marzo, il Comune di Milano ha deciso di fermare la cremazione per coloro che sono deceduti in città, ma non sono residenti. «La bella notizia di oggi», ha osservato Gallera, «è nei dimessi: 1.501, mentre erano 990 il giorno prima». Il totale è di 7.839. A fronte dei numeri di Milano, dove i positivi hanno raggiunto quota 6.922, con un aumento più che raddoppiato in un solo giorno (+848 ieri contro +373), rallenta sostanzialmente l'andamento nella provincia più colpita: a Bergamo il totale dei casi è ora 7.458 (+386 contro +344). A Brescia, i casi sono 6.931 (+334 rispetto +299). A proposito di Bergamo, ieri il sito Tpi ha pubblicato un lungo reportage sul focoloaio più critico d'Italia dove si leggeva che «l'indicazione tecnico-scientifica di “chiudere" Alzano Lombardo e Nembro era stata messa per iscritto all'inizio di marzo». La raccomandazione era datata 2 marzo e proveniva dall'Istituto superiore di sanità, eppure nella Bergamasca la zona rossa non si è mai vista e «si è dovuto aspettare fino all'8 marzo per chiudere tutta la Lombardia e altre 14 province».Tornando ai numeri del contagio, anche a livello nazionale la tendenza non è in calo. Ieri, alla consueta conferenza stampa delle 18, non era presente Angelo Borrelli, capo della Protezione civile, che è influenzato, ma negativo al test del Covid-19. I dati presentati hanno mostrato un aumento di mille casi nei positivi, arrivati a quota 62.013, con 4.492 in più nelle ultime 24 ore (erano 3.491 l'altro ieri). Le persone in isolamento a casa risultano 33.648, mentre in terapia intensiva sono ricoverati 3.612 pazienti. I decessi sono arrivati a 8.215, con un +712 contro i 683 di mercoledì). Le persone guarite sono state 10.361, 999 ieri, in linea con i 1.036 del giorno prima. A fare la differenza, in questi ultimi dieci giorni sarebbe il numero dei tamponi effettuati. Se il 15 marzo erano stati fatti a livello nazionale 125.000 test Covid-19, oggi si è raggiunto il livello di 361.000. Come ha sintetizzato Gallera, «stiamo uscendo dal ghetto dei gravi e indagando sul territorio, e i positivi aumenteranno, non per nuove infezioni, ma perché becchiamo i paucisintomatici». Questa è la strategia applicata in primis dal Veneto che punta a fare 20.000 tamponi al giorno e va verso i 7.000 casi di coronavirus accertati, con 353 in più rispetto al giorno precedente, ma con 287 morti (+14). Le persone in isolamento, tra contagiati e loro contatti, sono 17.457. I ricoverati in area non critica sono 1.447 (+11), quelli in terapia intensiva 326 (+8), i dimessi 508. Rimane fermo il cluster di Vo' Euganeo. Preoccupa in Campania l'aumento dei positivi (+110), il dato più alto mai registrato finora. Superano 200 casi Napoli città, la provincia partenopea e quella di Salerno e sono vicine alla cifra Avellino e Caserta. Il governatore, Vincenzo De Luca, ha prorogato fino al 14 aprile 2020 su tutto il territorio regionale i divieti in corso per il contenimento. Cresce anche il numero di operatori sanitari contagiati: 6.205, più del 9% dei casi totali. Dei 39 camici bianchi morti a causa dell'epidemia, una ventina sono medici di medicina generale lasciati allo sbaraglio, senza protezione, come anche i farmacisti: uno è morto ieri. A tale proposito, ha fatto discutere la disposizione dell'Ausl di Bologna che al personale sanitario dei reparti Covid-19 ha detto di utilizzare, in mancanza di calzari, «i sacchi di plastica neri per la raccolta della spazzatura». Sulla questione il consigliere regionale della Lega, Daniele Marchetti, ha chiesto di fare luce.Intanto una strage si sta consumando nelle case di riposo (Rsa) di tutta Italia, dove vivono le persone più fragili e vulnerabili. Sono centinaia i decessi e migliaia i contagiati. Tra loro anche il personale sanitario sempre per la solita ragione: la mancanza di dispositivi di protezione. Ecco perché crea dissenso l'ipotesi di usare le case di riposo per ospitare chi viene dimesso dall'ospedale e non è del tutto guarito.
Antonio Tajani (Ansa)
Alla Triennale di Milano, Azione Contro la Fame ha presentato la Mappa delle emergenze alimentari del mondo, un report che fotografa le crisi più gravi del pianeta. Il ministro Tajani: «Italia in prima linea per garantire il diritto al cibo».
Durante le Giornate Contro la Fame, promosse da Azione Contro la Fame e inaugurate questa mattina alla Triennale di Milano, è stato presentato il report Mappa delle 10 (+3) principali emergenze alimentari globali, un documento che fotografa la drammatica realtà di milioni di persone colpite da fame e malnutrizione in tutto il mondo.
All’evento è intervenuto, con un messaggio, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha espresso «gratitudine per il lavoro prezioso svolto da Azione Contro la Fame nelle aree più colpite dalle emergenze alimentari». Il ministro ha ricordato come l’Italia sia «in prima linea nell’assistenza umanitaria», citando gli interventi a Gaza, dove dall’inizio del conflitto sono state inviate 2400 tonnellate di aiuti e trasferiti in Italia duecento bambini per ricevere cure mediche.
Tajani ha definito il messaggio «Fermare la fame è possibile» un obiettivo cruciale, sottolineando che l’insicurezza alimentare «ha raggiunto livelli senza precedenti a causa delle guerre, degli eventi meteorologici estremi, della desertificazione e dell’erosione del suolo». Ha inoltre ricordato che l’Italia è il primo Paese europeo ad aver avviato ricerche per creare piante più resistenti alla siccità e a sostenere progetti di rigenerazione agricola nei Paesi desertici. «Nessuna esitazione nello sforzo per costruire un futuro in cui il diritto al cibo sia garantito a tutti», ha concluso.
Il report elaborato da Azione Contro la Fame, che integra i dati dei rapporti SOFI 2025 e GRFC 2025, individua i dieci Paesi con il maggior numero di persone in condizione di insicurezza alimentare acuta: Nigeria, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Etiopia, Yemen, Afghanistan, Pakistan, Myanmar e Siria. In questi Paesi si concentra oltre il 65% della fame acuta globale, pari a 196 milioni di persone. A questi si aggiungono tre contesti considerati a rischio carestia – Gaza, Sud Sudan e Haiti – dove la situazione raggiunge i livelli massimi di gravità.
Dal documento emergono alcuni elementi comuni: la fame si concentra in un numero limitato di Paesi ma cresce in intensità; le cause principali restano i conflitti armati, le crisi climatiche, gli shock economici e la fragilità istituzionale. A complicare il quadro contribuiscono le difficoltà di accesso umanitario e gli attacchi agli operatori, che ostacolano la distribuzione di aiuti salvavita. Nei tredici contesti analizzati, quasi 30 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta, di cui 8,5 milioni in forma grave.
«Non è il momento di tagliare i finanziamenti: servono risorse e accesso umanitario per non interrompere gli interventi salvavita», ha dichiarato Simone Garroni, direttore di Azione Contro la Fame Italia.
Il report raccoglie anche storie dal campo, come quella di Zuwaira Shehu, madre nigeriana che ha perso cinque figli per mancanza di cibo e cure, o la testimonianza di un residente sfollato nel nord di Gaza, che racconta la perdita della propria casa e dei propri cari.
Nel mese di novembre 2025, alla Camera dei Deputati, sarà presentato l’Atlante della Fame in Italia, realizzato con Percorsi di Secondo Welfare e Istat, che analizzerà l’insicurezza alimentare nel nostro Paese: oltre 1,5 milioni di persone hanno vissuto momenti di scarsità di risorse e quasi 5 milioni non hanno accesso a un’alimentazione adeguata.
Dal 16 ottobre al 31 dicembre partirà infine una campagna nazionale con testimonial come Miriam Candurro, Germano Lanzoni e Giorgio Pasotti, diffusa sui principali media, per sensibilizzare l’opinione pubblica e sostenere la mobilitazione di aziende, fondazioni e cittadini contro la fame nel mondo.
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Giancarlo Giorgetti (Ansa)