2023-02-06
Nuove carte contro Cospito. Oltre ai carcerati mafiosi fa squadra con br e jihadisti
I documenti sulla sua vita carceraria: disse all’onorevole Silvio Lai che anche gli islamisti sono con lui e che aveva bisogno di risonanza. «Il mio sciopero? Il più falso della storia». Con il suo digiuno per lo smantellamento del 41 bis e dell’ergastolo ostativo, l’anarco-insurrezionalista Alfredo Cospito sta realizzando una saldatura inquietante non solo con la criminalità organizzata, come denunciato dai politici di Fratelli d’Italia, ma anche con i residui delle vecchie Brigate rosse e persino con l’eversione jihadista. Il 29 dicembre scorso dal carcere di Terni è partito un telegramma che ha fatto sobbalzare la direzione della casa circondariale. Il destinatario era proprio Cospito e a inviarlo era niente di meno che Cesare Di Lenardo, l’irriducibile della colonna veneta delle Br condannato all’ergastolo per il sequestro del generale americano James Lee Dozier. Nel messaggio si leggeva: «Caro Alfredo. Un abbraccio forte. Cesare e compagni». Nella missiva non erano specificati i nomi degli altri terroristi solidali con l’insurrezionalista in sciopero della fame. Ma il collegamento è sicuramente preoccupante perché rende evidente come la battaglia di Cospito sia stata abbracciata anche dagli estremisti di matrice marxista-leninista. Non basta. In un colloquio riportato dagli uomini del Gom (Gruppo operativo mobile della Polizia penitenziaria), del 30 novembre scorso, Cospito avrebbe asserito che «alla protesta in corso aderiranno anche i detenuti “musulmani jihadisti”». Una convinzione che il detenuto avrebbe condiviso senza tradire alcun fastidio per tale appoggio.Timori per la piega che sta prendendo il digiuno del detenuto più celebre del momento sono espressi anche dagli uomini del Nucleo investigativo centrale che monitorano le numerose manifestazioni degli estremisti contro il 41 bis (200 solo nel 2022, quasi tutte organizzate dagli insurrezionalisti) e gli inviti alla rivolta sulla Rete. Per esempio c’è chi attacca i «lupi in toga e in uniforme» e chiama alle armi: «Per le anime ardenti: all’azione! […] Per i funzionari con l’auto di servizio: guai a voi!».Una teoria di minacce e proteste che ha portato gli uomini del Nic a mettere nero su bianco quanto segue: «Dal volantinaggio e dai documenti censiti sul Web nel mese di gennaio 2023 si registra che la portata e il livello di escalation della mobilizzazione, non solo afferente all’area anarchica, inducono a non escludere che nel prossimo periodo possano essere perpetrate azioni estemporanee, anche di tipo violento, nei confronti di target riconducibili all’amministrazione penitenziaria e/o al ministero della Giustizia. Per questi motivi sono state allertate tutte le strutture penitenziarie».Un clima effervescente che ha padri anche «nobili». Dall’appunto di 61 pagine stilato dal Nic su Cospito e da altri documenti che La Verità ha potuto esaminare, emerge con chiarezza come l’attività preparatoria del digiuno-show fosse mirata a coinvolgere sia il mondo politico che media nazionali. Una missione portata agevolmente a compimento grazie ai soliti salotti e al Partito democratico. Il direttore del gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria, i generale Mauro D’Amico ha scritto parole durissime il 30 gennaio 2023 al capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Russo a proposito di Cospito e del suo «digiuno ad oltranza»: «Si precisa che tale manifestazione di protesta è stata premeditata dal detenuto il quale l’aveva infatti preannunciata ai familiari nei colloqui di giugno, luglio e settembre; all’inizio della protesta pesava 115 Kg (attualmente pesa 75 Kg).Stando a quanto dichiarato ai congiunti, il detenuto Cospito aveva iniziato a mangiare molto di più per rinforzare il suo fisico e prendere peso in vista di una «dieta» che sarebbe iniziata nel mese di ottobre.La lettera del direttore prosegue: «Soprattutto inizialmente, (Cospito, ndr) temeva di non avere seguito e risonanza mediatica. Una volta appreso di avere un grande seguito e che i media hanno dato un grande risalto alla sua vicenda il detenuto ha assunto un atteggiamento quasi spavaldo, annunciando ai compagni di gruppo che non si fermerà fino a quando il regime differenziato non sarà abolito».Poi D’Amico specifica: «Le condizioni di salute del detenuto sono stabili, le pretestuose notizie che vengono fatte trapelare dai sanitari di fiducia e dai legali del detenuto che descrivono una persona in enorme difficoltà che è costretto a utilizzare una sedia a rotelle per deambulare non sono veritiere, tant'è che recentemente - in data 27 gennaio 2023 - l’ufficio di Sorveglianza di Sassari ha respinto l’istanza di differimento pena per il detenuto». Ma la parte più sconcertante della missiva è questa: «Nel colloquio tenutosi il 16 gennaio 2023 il detenuto ha definito il suo sciopero della fame come “il più falso della storia” e ha precisato di assumere una grande quantità di integratori e di stare fisicamente molto meglio; il detenuto ha affermato addirittura di aver notato un grande miglioramento dell’asma cronica che lo affliggeva». D’Amico alla fine della lettera riassume la situazione senza nascondere un giudizio del tutto negativo sulla gauche caviar schierata con il terrorista: «Il Cospito appare come un detenuto carismatico, astuto ed opportunista. Con il giusto megafono mediatico la sua vicenda ha generato una mobilitazione che appare in continua crescita, anche grazie alla pubblicità e al sostegno di professionisti, giornalisti e personaggi pubblici che, per motivi ideologici (e non) soffiano da anni su una fiamma accesa che vorrebbe eliminare il regime differenziato. Lo stesso detenuto se ne è reso conto, durante una visita medica ha affermato che la sua protesta sta venendo strumentalizzata ed è stata trasformata in una “macchietta” dagli “uomini della sinistra” che non conoscono la realtà del carcere e che starebbero strumentalizzando la sua figura».Il riferimento è probabilmente alla delegazione di parlamentari Pd che si è presentato al carcere di Bancali il 12 gennaio: l’ex Guardasigilli Andrea Orlando, il tesoriere del partito Walter Verini, la capogruppo della Camera Debora Serracchiani e l’esponente sardo Silvio Lai che, come vedremo, è l’ufficiale di collegamento tra dem e Cospito.Infatti il politico, prima della visita di gennaio, si era già presentato a Sassari il 26 novembre con un obiettivo mirato, «effettuare un colloquio» con il gambizzatore del manager Roberto Adinolfi. Un appunto del responsabile del Reparto operativo mobile, datato 30 novembre, svela i dettagli dell’incontro che invece di spaventare il dem, deve averlo incoraggiato a organizzare il tour di gruppo. Il colloquio si è svolto «di fronte al cancello della cella» ed è durato dalle ore 11:00 alle ore 11:20. Lai inizialmente si è sincerato «sullo stato di salute del detenuto» per poi chiedere lumi sulle «ragioni della sua protesta». Davanti al parlamentare il detenuto avrebbe «rimarcato l’insofferenza al regime detentivo per l’impossibilità di scrivere e pubblicare liberamente il proprio pensiero» e si sarebbe vantato di «far parte da sempre di un movimento anarchico contrapposto alle leggi e alle regole dello Stato», annunciando che «non sospenderà protesta dello sciopero della fame messa in atto, fino a quando non uscirà dal regime detentivo a cui è sottoposto». Il riassunto degli agenti non dà conto delle eventuali repliche di Lai. Riporta, invece, con dovizia di particolari, le intenzioni di Cospito: «Porterà avanti la protesta intrapresa, sebbene di carattere personale, anche in nome di tutti gli altri detenuti del 41 bis». A questo punto l’insurrezionalista avrebbe annunciato all’onorevole che, come anticipato, «alla protesta in corso aderiranno anche i detenuti “musulmani jihadisti”». Il cinquantacinquenne pescarese avrebbe denunciato un presunto utilizzo distorto del 41 bis «non tanto per impedire i collegamenti con le varie organizzazioni mafiose, ma piuttosto come bavaglio per i dissidenti di qualsiasi genere», vaticinando, con disappunto, che «tale sistema verrà presto esteso anche ad appartenenti al terrorismo di matrice islamica e a tutte le persone “indesiderate”». Mentre, per Cospito, non andrebbe applicato «nemmeno per i mafiosi che “ormai hanno smesso di uccidere”». A questo punto il terrorista avrebbe informato Lai della sua «volontà di fare tutto il possibile affinché vi sia risonanza, anche internazionale, sul regime differenziato, auspicando» come conseguenza della protesta «la sua definitiva eliminazione». Nonostante tale inquietante disegno, dopo appena 45 giorni, con le vacanze di Natale di mezzo, Lai ha scortato al cospetto dell’anarchico i big del suo partito e questi si sono immediatamente spesi a colpi di tweet per realizzare i desiderata del lottarmatista. Il quale, il 3 ottobre, aveva già chiesto alla sorella Claudia di far sapere all’esterno che «dopo la dieta» sicuramente lo toglieranno dal regime speciale di cui all’articolo 41 bis.In quel colloquio aveva informato la parente di aver scritto più volte a un’associazione, al ministro della Giustizia Marta Cartabia, al garante locale dei detenuti, al mediatore europeo Robert Schumann, alla Corte di giustizia e al Parlamento europei. Pensa in grande Cospito e puntualizza, diciassette giorni prima dell’inizio dello sciopero, che l’avvocato a giorni avrebbe fatto una conferenza stampa. Nonostante le sue buone intenzioni, in quel momento, però, non è ancora così convinto del successo dell’iniziativa. Anzi. Anche perché non gli arrivano lettere dall’esterno (in gran parte censurate): «Io spero che la gente venga [...] questa lotta che farò ha un senso se sono in compagnia, se sono da solo, nessuno se la fila, muoio in silenzio!». Cospito si dice «ottimista solamente nel caso in cui “se ne parla in giro” e non soltanto in ambienti anarchici». Al settimo giorno di sciopero della fame, davanti al magistrato di sorveglianza, lamenta di essere stato «completamente isolato da tutto» e fa capire di essere un possibile catalizzatore dell’opposizione al governo Meloni: «Il 41 bis viene utilizzato come strumento contro chi la pensa in modo diverso, poi con un governo di destra fascista figuriamoci» proclama. Il lamento di Cospito è indirizzato al di fuori del suo ghetto ideologico e forse anche per questo le manifestazioni degli anarchici partite con numeri interessanti (il 29 ottobre a Sassari hanno sfilato in 150-200 e si sono presentati davanti al carcere in 70/80), diventano poi una trita liturgia a cui prendono parte al massimo una decina di militanti. Tanto che, come annotano gli agenti, il detenuto, durante i comizietti tenuti nel piazzale davanti all’istituto non si alza quasi mai dalla branda da dove continua a guardare la tv. Il 12 gennaio (il giorno della visita dem) in un colloquio con il camorrista Francesco Di Maio, dà un giudizio tranciante sui vecchi compagni: «Questi vengono a rompere il cazzo, ma deve essere una lotta contro il regime 41 bis e contro l’ergastolo ostativo; non deve essere una lotta solo per me. Per me noi 41 bis siamo tutti uguali». Pochi giorni prima, il 28 dicembre, parlando con un killer di ’ndrangheta, Francesco Presta, aveva spiegato: «Io sto male fisicamente, ma psicologicamente sono contento di quello che sto facendo, gliela faccio pagare, anche perché se nella situazione che sono mi succede qualcosa, questi qualcosa dovranno pur pagare. Fuori non si stanno muovendo solo gli anarchici, ma anche altre associazioni. Adesso vediamo che succede a Roma tra qualche giorno. In televisione non ne stanno parlando ancora molto». Proprio la sera prima, il 27 dicembre, era iniziata una mobilitazione non violenta online organizzata dai Radicali e a cui hanno aderito, tra gli altri Luigi Manconi, lo scrittore Christian Raimo e l’ex campione di Mani pulite Gherardo Colombo. Un evento a cui segue, il 7 gennaio, l’appello del quotidiano comunista Il Manifesto, che raccoglie giuristi, intellettuali e clerici. Si affollano il solito Colombo, Massimo Cacciari, Don Luigi Ciotti, padre Alex Zanotelli, Moni Ovadia, Luigi Ferrajoli, Nello Rossi, Livio Pepino, Giovanni Maria Flick e Gian Domenico Caiazza. Il 12 la delegazione del Pd va a baciare l’anello all’insurrezionalista. Il progetto anarchico procede a gonfie vele.