2023-11-29
Nuova emergenza migranti in Africa mentre l’Ue si perde in chiacchiere
Cancellando una norma del 2015, il Niger ha ridato ai trafficanti campo libero lungo le rotte del Sahel. Ursula von der Leyen annuncia un tavolo per aggiornare le leggi anti scafisti. Però i tempi saranno lunghi.Segnali preoccupanti arrivano dal Sahel. Il Niger ha abrogato una legge del 2015 che considerava illegale il traffico di immigrati attraverso il proprio territorio. «Questa legge approvata nel 2015, sotto l’influenza di alcune potenze straniere, ha criminalizzato alcune attività di natura regolare come traffico illecito. È in flagrante contraddizione con le nostre regole comunitarie e non ha tenuto conto degli interessi del Niger e dei suoi cittadini», si legge in una nota stampa relativa a un’ordinanza firmata dal leader nigerino, Abdourahamane Tchiani, che ha anche aggiunto: «Le condanne pronunciate ai sensi di detta legge e i loro effetti saranno annullati». L’abrogazione di questa normativa ha due ragioni principali. Innanzitutto si registra una motivazione di ordine economico. “L’economia migratoria ha favorito l’economia della regione di Agadez. Dopo undici mesi dall’attuazione della legge anti migranti, secondo il consiglio regionale, l’economia della regione ha perso circa 65 miliardi di franchi Cfa», ha riportato la testata locale L’événement Niger. Reuters, dal canto suo, ha riferito che alcuni settori della società nigerina sono «contenti» dell’abrogazione di questa legge. «Andre Chani guadagnava migliaia di dollari al mese, guidando i migranti attraverso il deserto prima che la polizia sequestrasse i suoi camion nel 2016. Ha intenzione di riavviare la sua attività una volta che avrà i soldi», ha riferito l’agenzia di stampa. Tutto questo lascia intendere che il traffico di migranti fosse un’attività economicamente assai redditizia in Niger. E l’attuale governo locale ha tutta l’intenzione di ripristinarla. Secondo Deutsche Welle, i suoi vertici punterebbero infatti ad aumentare la propria base di sostegno interno. In secondo luogo, la mossa di Niamey va letta attraverso le lenti della geopolitica. Si tratta, in particolare, di uno schiaffo a Bruxelles. La legge sull’immigrazione era stata infatti approvata nel 2015 in collaborazione con l’Unione europea, per ridurre i flussi migratori provenienti dal Sahel. Tuttavia, i rapporti tra Niamey e Bruxelles sono peggiorati dopo il colpo di Stato nigerino dello scorso luglio, quando è salita al potere una giunta militare che ha deposto il presidente Mohamed Bazoum. A fine ottobre, i membri dell’Ue avevano trovato un accordo quadro per imporre delle sanzioni contro il Paese africano in reazione al golpe estivo. «L’Ue ha condannato fin dall’inizio il colpo di Stato in Niger con la massima fermezza», aveva affermato nell’occasione l’Alto rappresentante Ue per gli affari esteri, Josep Borrell. «Con la decisione odierna, l’Ue rafforza il proprio sostegno agli sforzi dell’Ecowas e invia un messaggio chiaro: i colpi di Stato militari hanno dei costi», aveva aggiunto. La mossa della giunta nigerina va quindi probabilmente letta (anche) come una ripicca nei confronti di Bruxelles, che – attraverso la commissaria per gli Affari interni Ylva Johansson – si è non a caso detta «molto preoccupata». Da luglio, Niamey si è decisamente allontanata dall’orbita occidentale, strizzando invece sempre più l’occhio alla Russia. A settembre, il Niger ha siglato un patto di sicurezza con Mali e Burkina Faso: due Paesi che, negli ultimi due anni, sono passati sotto l’egida di Mosca. Ebbene, proprio quel patto di sicurezza è da leggersi come una stoccata sia all’Ecowas sia alla Francia. Ricordiamo che, proprio a settembre, Parigi ha annunciato il ritiro del proprio personale militare e diplomatico dal Niger. Inoltre, appena pochi giorni fa, Tchiani ha avuto un incontro a Ouagadougou con il leader del Burkina Faso, Ibrahim Traore. La prospettiva è particolarmente preoccupante. La Russia ha mostrato in passato di essere in grado di usare i flussi migratori come strumento di pressione geopolitica (si pensi solo alla crisi migratoria orchestrata ai danni della frontiera polacca nel novembre 2021). Il rischio è che una dinamica simile possa essere messa in atto per esercitare pressione sull’Ue: una Ue che, tuttavia, non sembra ancora aver assunto un atteggiamento troppo concreto in tema migratorio. Certo: ieri si è tenuta la conferenza dell’Alleanza globale per contrastare il traffico migratorio e, nell’occasione, il capo della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha invocato una «più ampia cooperazione globale» volta ad affrontare la «natura internazionale delle organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di migranti e operano in modo transfrontaliero lungo tutte le rotte migratorie». «Stiamo lavorando a livello Ue per aggiornare la nostra legislazione anti traffico che è vecchia di venti anni», ha proseguito, per poi aggiungere: «Lo faremo con un aggiornamento della definizione di crimine di traffico di migranti, un rafforzamento delle sanzioni, un’estensione della giurisdizione, un miglioramento della cooperazione e con un centro europeo di coordinamento». Peccato però che di concreto, almeno nel breve termine, ci sia poco. La Von der Leyen ha annunciato l’avvio di un tavolo tecnico che dovrà produrre delle soluzioni prima di una nuova conferenza tra un anno. Tempi lunghi, insomma, che impediscono le risposte rapide di cui ci sarebbe bisogno. Nel frattempo, la Russia sta rafforzando i suoi legami con l’Est della Libia. Mosca sta collaborando con le autorità locali per creare un proprio corpo militare nell’area. Inoltre, a inizio novembre, Bloomberg News aveva riportato che il Cremlino sarebbe in trattative con il generale Khalifa Haftar per aprire una base russa nella Libia orientale e permettere alle navi militari di Mosca di attraccare al porto di Tobruk. È pur vero che tale circostanza era stata negata dalle forze di Haftar, ma resta da capire la sincerità di tale smentita. Ecco: davanti a questa situazione sarebbe forse il caso che l’Ue si muovesse con maggiore rapidità. E invece, come sovente accade, Bruxelles resta preda di divisioni interne e lungaggini, di cui poi i suoi avversari geopolitici puntualmente approfittano.
Il Gran Premio d'Italia di Formula 1 a Monza il 3 settembre 1950 (Getty Images)
Elbano De Nuccio, presidente dei commercialisti (Imagoeconomica)