2022-11-09
Le nuove norme Ue sul packaging mettono a rischio 7 milioni di posti di lavoro
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Ancora non è ufficiale, ma il regolamento Ue sugli imballaggi sta già creando preoccupazione tra gli addetti ai lavori. Si tratta di una norma che preme più l’acceleratore sul riciclo che non sulla produzione di nuovo materiale che protegge le merci in transito. Il problema è che livelli produttivi più bassi rischiano di avere un impatto importante sugli occupati del settore. Il numero uno di Confindustria Carlo Bonomi ha già espresso preoccupazione affermando che il nuovo regolamento potrebbe avere un effetto negativo su sette milioni di posti di lavoro. Il numero uno dell’associazione degli industriali ha già definito le norme Ue in arrivo molto ideologiche ed ha ricordato che che la sostenibilità non deve essere solo ambientale e sociale, ma anche economica.La speranza di Bruxelles, che presenterà una proposta in tema di imballaggi il 30 novembre, è quella arrivare a un regolamento che ne favorisca il riutilizzo (non quindi il riciclo e la trasformazione dei materiali) e che prevede una riduzione pro capite di nuovi involucri sul mercato del 5% entro il 2030, del 10% entro il 2035 e del 15% entro il 2040.Come spiega alla Verità, Andrea Mecarozzi, presidente dell’Associazione Italiana Scatolifici, «Non mi aspetto cambiamenti sostanziali che vadano a impattare sugli imballaggi in cartone ondulato, con solo l’eccezione del comparto delle cassette di cartone da ortofrutta, facilmente riciclabili ma difficilmente riutilizzabili. Una spinta verso il riutilizzo in questo comparto passerebbe necessariamente dalla transizione verso materiali meno green, con gravi ricadute a livello di impatto ambientale e con conseguenze sulle nostre aziende e sull’occupazione, data l’importanza dei volumi nel mercato degli imballaggi per l’ortofrutta», spiega l’esperto. «In termini generali, il riutilizzo può essere un importante strumento per contenere l’immissione di imballaggi sul mercato, ma si deve anche tenere conto della tipologia di prodotto e delle ripercussioni economiche sulle aziende. Mi auguro dunque che vengano seguite regole del buonsenso che non impattino sulle imprese e sui consumatori. Se venisse puntato tutto sul riutilizzo il 50% nella nostra industria crollerebbe».Le nuove norme in arrivo a fine mese fanno affidamento su un modello in arrivo dal Nordeuropa, dove c’è un sistema di incentivo che prevede il pagamento di una cauzione che viene restituita quando si riconsegna una bottiglia di vetro. Il fenomeno è così diffuso che non è raro in Germania vedere senza tetto che raccolgono le bottiglie per fare qualche soldo. Va detto che l’Italia è leader in Europa per circolarità ed efficienza d’uso delle risorse. È la prima tra i 27 Paesi dell’Unione nell’indice di circolarità costruito su 17 diversi indicatori, prima per consumo interno di materia pro-capite e percentuale di riciclo sul totale dei rifiuti.Secondo Conai, il consorzio nazionale imballaggi, se venisse confermata la strada del riutilizzo e non del riciclo ci sarebbero pesanti ripercussioni per circa 700.000 imprese italiane del settore. Persino di più, se si contano anche tutte le aziende che del riciclo dei materiali in arrivo dal settore agricolo, della logistica o dell’hotelleria e ristorazione. La stima di Conai sotto il profilo occupazionale non si discosta troppo da quella di Confindustria. In questo caso le nuove norme Ue avrebbero un impatto su 6,3 milioni di lavoratori. Il ministero della Transizione ecologica, guidato dal ministro Gilberto Picchetto nei giorni scorsi ha diffuso una nota in cui esprime grande preoccupazione per le norme che vuole proporre l’Ue. «La proposta di regolamento sugli imballaggi circolata nei giorni scorsi ci lascia perplessi, sia per il veicolo normativo scelto, un regolamento, che non lascia alcuna flessibilità di applicazione, sia per i contenuti. Le scelte devono essere supportate da valutazioni tecnico scientifiche che consentano, a parità di obiettivi ambientali, di perseguire i modelli che comportano i benefici maggiori sotto il profilo sociale ed economico», spiega la nota. Inoltre, se un modello nazionale funziona (ed è questo il caso del sistema di gestione degli imballaggi italiano, basato su raccolta differenziata integrata, ove necessario con raccolta selettiva) la normativa comunitaria deve supportarlo e non sostituirlo con un altro dall’efficacia incerta.Di certo, l’Italia del riciclo è un business importante: il settore secondo Conai vale 1850 miliardi di euro circa e nei primi mesi del 2022, secondo l’Osservatorio della filiera, si è registrato il segno più in diversi ambiti. L’industria degli imballaggi ha infatti recuperato perfettamente le perdite subite nel 2020. La produzione si ritiene quest’anno registrerà una crescita dell’1,5% che in termini di tonnellate significa superare le 16.800 tonnellate migliaia, raggiungendo i livelli pre-pandemia.In particolare, dall’export ci si attende un contributo importante, le proiezioni parlano di un +5,7%. Importanti anche le previsioni sull’import che si pensa possano registrare una crescita intorno al +21,9%.
Chiara Appendino (Imagoeconomica)