2023-01-15
Nordio prova a tamponare lo sfascio Cartabia
Dopo giorni di allarmi, Carlo Nordio annuncia un primo provvedimento. Seguirà un disegno di legge. Gli interventi sul testo preteso dall’Ue non metteranno a rischio il Pnrr.Il Guardasigilli Carlo Nordio corre ai ripari e per decreto resetterà i passaggi della riforma di Marta Cartabia che hanno già mandato in tilt la giustizia, intervenendo in prima istanza sulle querele divenute obbligatorie per una ventina di reati considerati bagatellari, tra i quali, però, alcuni che spesso sono tipici delle organizzazioni mafiose. Tant’è che a Palermo un processo è già saltato nonostante i reati di lesioni e di sequestro di persona fossero aggravati dal metodo mafioso. Con la Procura è stata costretta a chiedere l’inefficacia della misura cautelare disposta. D’altra parte una delle caratteristiche principali delle organizzazioni criminali è la capacità di intimidazione, che spesso impedisce la querela alle parti offese. E con le Procure che non potevano più agire d’ufficio i mafiosi devono aver festeggiato per il campo libero creato dal cortocircuito spinto nel sistema giudiziario dal governo dei migliori di Super Mario Draghi. Ma, fanno sapere da Via Arenula, sarà necessario anche un secondo intervento, che invece seguirà la via ordinaria, ovvero il disegno di legge. In pressing su Nordio c’erano le Procure, soprattutto quelle più esposte con la mala, con Napoli e Palermo capofila. E il fior fiore di accademici e giuristi che negli ultimi mesi hanno affollato il dibattito sulla giustizia segnalando dubbi interpretativi e criticità a go go. Ma anche i partiti di maggioranza, come Fratelli d’Italia, con la valanga di dichiarazioni del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove, e la Lega, con la responsabile del dipartimento Giustizia Giulia Bongiorno. Qualche sollecitazione è arrivata anche dal Partito democratico. Che, però, era appiattito quando a Via Arenula c’era ancora la Cartabia. E sembra aver dimenticato che spingeva per l’approvazione della riforma. Mentre il Movimento 5 stelle ha tentato di fare il gioco delle tre carte scaricando sulla maggioranza la responsabilità delle scarcerazioni dei mafiosi. «Delmastro e Bongiorno sostengono che la norma va cambiata, passino dalle parole ai fatti», ha commentato il senatore grillino Roberto Scarpinato, ex magistrato antimafia, che ha cercato di spingere un suo disegno di legge che prevede, «nei casi in cui ricorrano le circostanze aggravanti della finalità terroristica e del metodo mafioso, che il delitto sia sempre procedibile d’ufficio». E, mettendo sotto il tappeto la massiccia presenza grillina nel governo dei migliori, ha affermato che «se non si cambia la norma si rischia di veicolare il messaggio culturale che il contrasto alla mafia non è più un compito prioritario dello Stato, ma è una questione privata».E infatti proprio Delmastro ieri si è rivolto «a questi Varenne della mistificazione», ricordando che «Fratelli d’Italia ha votato contro la loro riforma Cartabia. Il Movimento 5 stelle, invece, era al governo con ministri e sottosegretari mentre veniva prima varata e poi votata la riforma». Poi ha aggiunto: «È inutile che oggi i pentastellati tentino di ritrovare una sorta di verginità perduta in materia di sicurezza e contrasto alla criminalità organizzata, la verginità una volta perduta non torna più». Ora, con una nota ufficiale, il ministero della Giustizia rende noti gli «interventi urgenti, anche di carattere normativo, che la recentissima segnalazione di talune criticità sembra rendere senz’altro opportuni».La cronaca si è subito riempita di casi emblematici di procedimenti colpiti dalla riforma a vantaggio di indagati e imputati. Ma «sono in corso le valutazioni necessarie a riconsiderare alcune scelte», spiegano dal ministero, «di rendere procedibili a querela reati contro il patrimonio in contesti mafiosi e altre ipotesi di reato che, per il contesto in cui maturano, rendono indispensabili provvedimenti cautelari di urgenza». Parole che suonano come una sentenza inappellabile sulla riforma. Con il decreto, quindi, si interverrà anche sulla possibilità di procedere al fermo di un indagato. La querela potrà arrivare fino a 48 ore dopo, così da consentire la custodia cautelare. Che la Cartabia aveva disinnescato in nome di una accelerazione del corso della giustizia che si è trovata però a garantire agli autori dei reati un’aura di impunità (aspetto questo tra i più criticati da giuristi e magistrati).E siccome le criticità sono tante e non riguardano solo lo scivolone sulla mafia, «altri interventi», fanno sapere dal ministero, «saranno preordinati a rendere più scorrevole l’applicazione di norme processuali». Per esempio quelle «in materia di presentazione dell’appello, sgombrandole da qualsiasi dubbio interpretativo». I fondi del Pnrr, che la riforma Cartabia sembra aver inseguito a discapito della bontà di alcune norme introdotte, non sono comunque a rischio. Secondo Via Arenula, «non può essere dimenticato che le riforme processuali sono state oggetto di esame da parte della Commissione europea, e ritenute, allo stato, idonee a garantire all’Italia le risorse indispensabili per la ripartenza, con la conseguenza che ogni loro modifica non potrà non tenere conto di tale determinante percorso». Sarebbe stato lo stesso ex consigliere del ministro Cartabia, il giurista della Statale di Milano Gian Luigi Gatta, stando a quanto riporta Repubblica, a suggerire le due strade percorribili per correre ai ripari. Proprio ieri però il prof sui reati procedibili a querela era ancora sulle barricate e si esprimeva così: «Ci si preoccupa oggi di un problema che, se esiste, esiste da 30 anni, ben prima della riforma Cartabia». E invitava anche a «evitare allarmismi».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)