2021-10-21
Non sono untori e s’ammalano di rado. Perciò non serve vaccinare i bambini
Gli under 12 contribuiscono poco a diffondere l'epidemia. Meglio convincere gli adulti a fare la puntura: così schermano i figli.Nonostante i dati della sperimentazione del vaccino contro il Covid sui bambini dai 5 agli 11 anni siano stati presentati da Pfizer e Biontech all'Agenzia europea del farmaco meno di una settimana fa, nel nostro Paese c'è già chi punta la siringa all'indirizzo dei più piccoli. Ormai da tempo, come documentato su queste stesse pagine, i vertici della Società italiana di pediatria spingono per estendere le somministrazioni anche agli under 12. Era ancora metà agosto quando la presidente Annamaria Staiano chiedeva che i vaccini fossero approvati «subito» per la fascia 5-11 anni. Emergenza pediatrica o, più banalmente, necessità di «fare cassa»? Fatto sta che una ventina di giorni dopo, complice il diffondersi della variante Delta, in un'intervista rilasciata ad Avvenire la Staiano brandiva lo spauracchio di «rischio aumentato per i minori», per poi ammettere candidamente che senza coinvolgere i più piccoli nella campagna di vaccinazione «non raggiungeremo mai l'immunità di popolazione». Stessa motivazione addotta a fine settembre all'Adnkronos dal professor Massimo Andreoni, primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma: «Senza la fascia under 12 è difficile raggiungere l'obiettivo dell'immunità del 95% delle popolazione». Salvo poi aggiungere che «non è completamente vero che i bambini non si infettano o non hanno conseguenze gravi, in Italia sono morti 14 bambini per Covid».Toni apocalittici in grado di ingenerare ansia nei papà e nelle mamme dei 3,8 milioni di bambini italiani di età compresa tra i 5 e gli 11 anni. Senza la pretesa di fornire risposte definitive sull'argomento, ci siamo posti due semplici domande. Primo: qual è la reale situazione dal punto di vista epidemiologico e clinico tra i giovanissimi? Secondo: che differenze ci sono (se ci sono) nella diffusione del virus all'interno di fasce vaccinabili e non vaccinabili? Snoccioliamo qualche cifra per provare a rispondere al primo quesito. I bambini della fascia 0-9 anni rappresentano l'8,2% della popolazione, ma hanno contribuito ad appena il 5,8% dei casi (272.423 su un totale di 4,7 milioni), e allo 0,01% dei decessi (15 su 130.800). L'incidenza di casi di positività nella fascia 0-9 anni (5.568 ogni 100.000 della stessa età) risulta la più bassa tra tutte. Sul piano dei ricoveri, l'incidenza non hai superato i 0,45 bambini ospedalizzati ogni 100.000, un valore dalle 8 alle 15 volte minore rispetto alle fasce d'età dai 50 anni in su. Insomma, siamo ben lontani dall'ecatombe descritta dai profeti di sventura che trovano spesso largo spazio sui media mainstream. Numeri alla mano possiamo dunque tranquillamente affermare che, in relazione alla pandemia di Covid, nel nostro Paese non è mai esistito alcun «allarme bambini». Passando al secondo interrogativo, si dirà che a seguito dell'apertura delle aule gli under 12 rappresentano un pericoloso serbatoio per il virus. Le cifre anche in questo caso sembrano suggerire una situazione diversa. Prendiamo gli ultimi dati forniti dall'Ats Milano in relazione ai casi di positività e isolamento nelle scuole. Tra il 4 e il 10 ottobre, sono stati segnalati 130 casi (stabili rispetto settimana precedente), di cui 107 alunni e 23 operatori: 3 del nido, 24 dell'infanzia, 51 della scuola primaria, 24 della secondaria di primo grado e 28 di quella di secondo grado. Sorvolando sul fatto che si tratta di quantità assai contenute, salta all'occhio l'assenza di differenze marchiane tra i contagi degli studenti vaccinabili (medie e superiori) e di quelli non vaccinabili (nido, infanzia e primaria). Se allarghiamo il campo all'intero Paese, si scopre che dai primi di settembre in poi le curve dei contagi della fascia d'età 0-9 anni e 10-19 anni - l'80% degli appartenenti sono vaccinabili - sono in costante discesa con una pendenza pressoché identica. C'è di più, perché il picco di casi verificatosi quest'estate (con punte di 25 casi al giorno ogni 100.000 persone nella fascia d'età) ha riguardato gli adolescenti e va ricondotto con tutta probabilità alle vacanze e all'intensificarsi - vivaddio - degli scambi sociali tra i ragazzi. Assai più graduale e contenuto, invece, l'incremento estivo verificatosi tra i bambini. Va registrato poi un fatto alquanto singolare: l'andamento di casi e ricoveri è stato più lineare nella fascia tra i 10 e i 19 anni, mentre nella fascia 0-9 anni i ricoveri sono diminuiti più drasticamente del previsto in relazione ai casi giornalieri. E, si badi bene, con tutto il rispetto per i malcapitati parliamo sempre di numeri decisamente bassi, tra 0,25 e 0,35 ricoveri al giorno ogni 100.000 appartenenti alla fascia d'età.Nessuna statistica, dunque, sembra deporre a favore dell'estensione della campagna vaccinale ai minori di 12 anni. Anzi, la protezione naturale dei più piccoli dalla forma grave della malattia sembra trarre ulteriore vantaggio dalle somministrazioni alle fasce d'età adulte. Uno studio condotto in Svezia su 800.000 famiglie (1,8 milioni di persone) e pubblicato una decina di giorni fa sulla rivista Jama Internal Medicine ha rivelato che, in presenza di componenti già immunizzati, i membri del nucleo familiare non vaccinati hanno una probabilità inferiore di contrarre il Covid tra il 45% e il 97%. Si tratta a tutti gli effetti di un vero e proprio «scudo» che difende anche chi non può (o non vuole) immunizzarsi. Non per niente, martedì il virologo Andrea Crisanti ha dichiarato che sono «più utili le terze dosi rispetto a immunizzare i bambini». Forse in materia vaccinazione agli under 12 conviene, a conti fatti, sospendere il giudizio. E magari provare, nel contempo, servendosi una volta tanto di una comunicazione efficace, a massimizzare le percentuali nelle fasce d'età più alte che traggono dal vaccino maggiore giovamento.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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