2024-10-13
Le nomine di Giuli sono un caos senza fine
Rimosso Francesco Gilioli, capo di gabinetto scelto da Gennaro Sangiuliano (ma il caso Boccia non c’entrerebbe nulla). Valutazioni in corso su Francesco Spano per la vecchia vicenda dei club Lgbt finanziati con i soldi dello Stato. Pro vita attacca: «All’epoca pure Meloni chiese la sua testa».Si era capito dal primo momento che l’ingresso di Alessandro Giuli alla guida del ministero della Cultura avrebbe portato molti cambiamenti. Le nomine prima di tutto. Il nome di Francesco Spano in particolare ha provocato un dibattito accesissimo circa l’opportunità di nominare capo o vicecapo di gabinetto, l’ex direttore dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, l’Unar, che finanziò con 55.000 euro un’associazione Lgbtq che praticava prostituzione e scambismo. La nomina, difesa con caparbietà da Giuli, è arrivata dopo la rimozione di Francesco Gilioli, capo di gabinetto scelto dall’ex ministro Gennaro Sangiuliano. Rimozione che, secondo fonti autorevoli ascoltate dalla Verità, non c’entra nulla con il caso Boccia, si tratta piuttosto di una scelta autonoma del ministro. La novità è che domani al ministero arriverà un nuovo capo di gabinetto. Non sarà Spano, sul quale si starebbero facendo dei ragionamenti. Nel frattempo il mondo dei pro vita sta dando battaglia attorno al nome di Spano. Pro Vita & Famiglia Onlus ha lanciato ieri mattina una petizione popolare (che ha già raggiunto quasi 10.000 firme) per chiedere al ministro della Cultura di «revocare immediatamente la nomina a vice-capo di gabinetto di Francesco Spano». Pro Vita & Famiglia ricorda che «Spano è noto alle cronache per lo scandalo che lo travolse nel 2017, quando emerse che l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar), da lui diretto durante il governo Gentiloni, aveva finanziato con 55.000 euro un’associazione Lgbtq, di cui lui stesso sarebbe stato socio, accusata di praticare nei propri circoli prostituzione, scambismo e promiscuità sessuale di ogni genere, tra “dark room” e “glory hole”. La portata della polemica fu tale che nemmeno il governo di allora poté difendere Spano ed evitarne le dimissioni. Dopo sette anni, Spano rientra nella compagine del governo guidato da Giorgia Meloni, che all’epoca dei fatti non solo pretese le dimissioni di Spano, ma chiese giustamente la chiusura dello stesso Unar, un ente colonizzato dall’associazionismo Lgbtq». Il fatto però si concluse in un nulla di fatto perché la Corte dei Conti, dal punto di vista dei finanziamenti pubblici, non rilevò l’illecito. Resta comunque il dato politico. Ed è Antonio Brandi, il presidente di Pro Vita, a evidenziarne l’importanza andandoci giù pesante: «Riteniamo la nomina di Francesco Spano a vice-capo di gabinetto da parte del ministro della Cultura Alessandro Giuli politicamente molto più grave e imbarazzante del caso Boccia», attacca. «Se in quel caso si trattava di fatti privati, qui siamo di fronte alla deliberata promozione, da parte di un ministro di centrodestra, di un funzionario espressione di una visione e cultura politica che dovrebbe essere distante anni luce da quella del governo attuale. Sconcerta pensare che il centrodestra abbia bisogno di pescare la propria classe dirigente nel campo avverso, per di più proprio in ambito culturale, già storicamente colonizzato da ideologi di sinistra», conclude Brandi. «Abbiamo di meglio di uno cacciato dalla Boschi (su richiesta della Meloni) per esser socio di un club Lgbt finanziato dall’Unaar che presiedeva. Niente inferiorità culturale please», ha scritto su X l’ex parlamentare leghista Simone Pillon.Il ministro della Cultura Giuli, interpellato dalla Verità aveva risposto difendendo la scelta e aggiungendo: «Non mi interessa il confronto con chi ha pregiudizi fondati su fanatismi religiosi».In effetti però la questione è delicata perché ai tempi dello scandalo Giorgia Meloni presentò «un’interrogazione urgente al governo per chiedere la chiusura immediata dell’Unar e le dimissioni del suo direttore Spano». Il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri intervenne così: «Se fossero confermate le notizie di stampa in proposito sarebbe un fatto di una gravità assoluta oltre che di rilevanza penale. Vogliamo le dimissioni di chi è alla guida dell’Unar e la netta presa di distanza del presidente del Consiglio». Questo bastò per far dimettere Spano: «Ho deciso di rimettere il mio mandato», spiegò, «non perché ritenga di avere responsabilità, perché rivendico la piena correttezza del mio operato in questo anno, ma per rispetto al ruolo affidato all’ufficio che fino ad oggi ho avuto l’onore di guidare».Oggi la questione inoltre evidenzia la spaccatura interna al centrodestra e alla stessa Fratelli d’Italia. Una spaccatura che divide i pro vita da chi invece, come il ministro Giuli, assume posizioni più liberali e laiche. Alla Verità aveva infatti chiarito di cogliere nell’area dei cattolici pro vita «un certo fermento» aggiungendo: «Leggo articoli in cui mi si dà del neopagano che porta la lobby gay al ministero. Rispondo che per me vale la legge della laïcité: se qualche vedova inconsolabile del Papa re vuole rodersi il fegato, è libera di farlo».