
I pentastellati prima mollano la maggioranza, poi bocciano la mozione contro il dem.La poltrona di Michele Emiliano è salva, e con essa la giunta pugliese, ma i nodi politici restano tutti. Dopo la bufera giudiziaria che sta investendo più di un esponente del potere locale pugliese, sia sul versante comunale barese che in quello regionale, ieri il Consiglio ha respinto la mozione di sfiducia presentata del centrodestra locale nei confronti del governatore, presente in aula e intento, tra le altre cose, a giocare a Burraco e Tetris sullo smartphone. I numeri non lasciavano spazio a grandi speranze di successo per l’opposizione, col centrodestra che poteva contare al massimo su 19 voti, contro i 16 necessari per strappare la maggioranza e mandare a casa Emiliano. Il risultato, alla fine ha detto 31 voti contrari alla mozione (quelli del centrosinistra), 18 favorevoli (centrodestra) e due assenti. Una mozione depositata due settimane fa, dopo gli arresti per presunto voto di scambio che hanno indotto anche alle dimissioni dell’ex assessore ai Trasporti Anita Maurodinoia e gli esponenti del M5s che ricoprivano ruoli di governo o istituzionali.«In pochi mesi», hanno osservato i consiglieri di Forza Italia, «questa Giunta regionale è piombata in uno stallo tale non essere nelle condizioni di portare avanti un’azione di governo seria e concreta». Il capogruppo di Fdi Francesco Ventola, prendendo la parola, ha premesso che il suo partito è garantista e la mozione nasce per ragioni puramente politiche: «Emiliano», ha affermato, «ha dato avvio ad una consorteria di potere, rappresentata dal proliferare di agenzie, Cda, direttori generali, commissari e incarichi intuitu personae, ivi compresi i consiglieri del presidente, compreso il vicecapo di gabinetto, unica situazione in tutt’Italia, che ha fatto emergere una serie di criticità nel funzionamento e nella gestione di risorse pubbliche, oltre che gravare su tutti i pugliesi». Il governatore, ovviamente, è stato difeso dal suo partito, mentre Italia Viva (che poteva contare su un solo consigliere) aveva fatto già sapere, attraverso il leader nazionale Matteo Renzi, che avrebbe appoggiato la mozione assieme alla maggioranza. Quando è toccato parlare a lui, Emiliano ha rivendicato il fatto che «non ce n’è neanche una di indagine sulla Regione Puglia. Certo», ha aggiunto, «ci sono sicuramente delle indagini preliminari in corso, che riguardano dirigenti, altri soggetti, ma nulla che riguardi il livello politico. Hanno messo in evidenza fenomeni di mala politica, che però sono sub iudice, e che comunque hanno avuto un riflesso negativo anche sull’immagine della nostra amministrazione». «Come sia potuto accadere», ha concluso, «non lo so, non c’è una spiegazione razionale».Attesa era la posizione dei pentastellati, che dopo aver abbandonato la giunta avevano chiesto a Emiliano maggiore trasparenza e attenzione per la legalità e alla fine hanno votato assieme alò Pd e ad Azione. Alla fine, a dispetto della severità delle scorse settimane, dal M5s è arrivato il via libera: «Non presteremo il fianco», ha dichiarato il capogruppo Marco Galante, «a un’iniziativa chiaramente strumentale del centrodestra». «Da oggi», ha aggiunto, «faremo un’opposizione costruttiva votando quei provvedimenti che riteniamo utili per i cittadini e portando avanti le nostre battaglie». Emiliano, nell’occhio del ciclone anche per la vicenda delle dimissioni imposte all’ex commissario Arti Alfonsino Pisicchio, che poi ha rivelato di essere stato avvisato del suo imminente arresto dallo stesso governatore, era stato convocato per un’audizione dalla commissione Antimafia per lo scorso 2 maggio, ma si era rifiutato di andare opponendo un impegno in conferenza delle Regioni, sollevando ulteriori polemiche. Alla fine il giorno dell’audizione dovrebbe essere venerdì prossimo.
La poetessa russa Anna Achmatova. Nel riquadro il libro di Paolo Nori Non è colpa dello specchio se le facce sono storte (Getty Images)
Nel suo ultimo libro Paolo Nori, le cui lezioni su Dostoevskij furono oggetto di una grottesca polemica, esalta i grandi della letteratura: se hanno sconfitto la censura sovietica, figuriamoci i ridicoli epigoni di casa nostra.
Obbligazionario incerto a ottobre. La Fed taglia il costo del denaro ma congela il Quantitative Tightening. Offerta di debito e rendimenti reali elevati spingono gli operatori a privilegiare il medio e il breve termine.
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Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
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