2025-10-28
Il «No» dell’Anm mina la fiducia nelle toghe
L’istituzione di un comitato per orientare il referendum sulla riforma Nordio erode la credibilità della magistratura come organo imparziale. È assurdo che l’«oggetto» di una revisione costituzionale adottata dal potere legittimo diventi «soggetto» politico.Già vicepresidente della Corte costituzionale L’Associazione nazionale magistrati ha costituito un proprio comitato e ha già iniziato la sua campagna referendaria per il No alla riforma della giustizia. Dobbiamo scandalizzarcene? In fondo, l’Anm è una libera associazione sindacale, e le spettano i diritti di partecipazione politica che valgono per qualunque altra associazione. Tutto bene e tutto normale, dunque? No, le cose sono un poco più complicate. Mettiamo in fila i problemi. È vero che l’associazione nazionale dei magistrati raggruppa dipendenti pubblici che godono degli stessi diritti di tutti gli altri cittadini. Ma i magistrati non sono proprio cittadini qualunque: e, come ha stabilito varie volte la Corte costituzionale, alcuni limiti all’esercizio dei loro diritti, specie quelli di partecipazione politica, sono giustificati dai principi costituzionali che caratterizzano le loro delicate funzioni: in primis indipendenza e imparzialità, ricordando soprattutto, in riferimento a quest’ultima, quanto conti, per non offuscare la fiducia di cui deve godere la magistratura nella società, il valore della stessa apparenza d’imparzialità. Chiediamoci, allora: quale immagine di imparzialità avranno, alla fine, questi magistrati dopo l’attiva partecipazione a una durissima campagna referendaria? Detto per inciso: foglia di fico davvero risibile è la proclamata esclusione dal comitato di chiunque sia «compromesso» con forze politiche. Come se questo lifting di facciata abbia significato, al cospetto del macroscopico dato politico costituito dalla stessa discesa del comitato in una campagna che sarà tra le più aspre e politicizzate della storia repubblicana…Inoltre, dal modo in cui si atteggia e presenta le proprie iniziative, il comitato per il No dell’Anm finisce per sembrare una organizzazione che «rappresenta» la totalità della magistratura italiana. Una magistratura schierata compattamente contro una revisione costituzionale adottata dal potere legittimo, quello di revisione previsto all’art. 138 della nostra Costituzione. Tutto viene infatti presentato come se l’ordine giudiziario, oggetto delle proposte di modifica di una parte significativa della Costituzione, voglia farsi soggetto politico che ostacola e si oppone a quelle modifiche. Se è lecito spingere il paradosso agli estremi, è come se a fronte di una proposta di modifica che tenda a limitare il bicameralismo perfetto, il Senato o la Camera (non alcuni partiti, ma proprio gli organi costituzionali della rappresentanza politica!) costituissero un comitato per opporsi alla limitazione dei propri poteri… Da tutto questo, come minimo, deriva all’osservatore una sensazione di disagio, la percezione che qualcosa di profondamente sbagliato è all’opera. Ci vorrebbero, ma ne ho finora sentiti davvero pochi, magistrati che facessero sentire una voce dissonante, non tanto sul «no» alla riforma, ma proprio su questa creazione di un comitato dell’Anm, che finisce per essere assimilato all’intero ordine giudiziario. Anche se mi rendo conto dell’ulteriore paradosso: magistrati che fanno della sacrosanta discrezione la cifra del proprio lavoro, come potrebbero sentirsi a proprio agio nel dover assumere pubblicamente posizioni di rottura con i propri colleghi? Oppure ci vorrebbe, in un mondo ideale e a stigma di questo ingresso dell’Anm in campagna referendaria, una presa di posizione del Csm: ma chi seriamente può pensare che ciò accada? Sappiamo bene, purtroppo, che la componente togata del Csm è, quasi del tutto (e in quel «quasi» si annida una timida speranza), la trasposizione dell’Anm in ambito istituzionale, e sappiamo anche che proprio questa è una delle ragioni che depongono a favore della riforma…La sensazione di disagio si aggrava alla luce di alcuni eventi ai quali abbiamo assistito nelle ultime settimane: palazzi di giustizia di varie città utilizzati come vere e proprie sedi di iniziative dirette a presentare ai cittadini il comitato per il No e i suoi argomenti, con il coinvolgimento di compagnie variegate di celebrities (cantanti, attori, scrittori: e però, queste adunate elettorali di ricchi e famosi non portano quasi mai bene…). Il culmine di questi eventi è stato l’utilizzo dell’aula magna della Corte di cassazione: qui il valore simbolico dell’iniziativa è stato spinto all’estremo e la questione si fa seria assai. I Palazzi di giustizia sono di tutti noi, non dell’Anm, e nemmeno dei soli magistrati. Sono il luogo in cui si amministra la giustizia, imparzialmente e per tutti. Per quanto le nostre società ostentino disprezzo per simbologie a torto considerate superate, non esistono luoghi di più alto e solenne valore, almeno nel campo della giustizia. E se la magistratura li utilizza per finalità di parte possono accadere due cose, di significato opposto, ma entrambe negative: da una parte, il messaggio divulgato da quelle sedi può acquistare, proprio perché da lì proviene, un indebito plusvalore di legittimità e verità, che in realtà inganna; ma, dall’altra, il messaggio finisce per coinvolgere nel gorgo della polemica e della parzialità gli stessi luoghi in cui si amministra la giustizia.Il peggio arriva quando il comitato per il No pone la propria posizione sotto l’egida della «Costituzione sotto attacco». E vediamo così, come per la verità tante altre volte abbiamo dovuto vedere in passato, magistrati in toga solenne che manifestano ad onor di telecamera brandendo a guisa d’arma una copia della carta fondamentale. Il messaggio è potente, ma, al contrario di quel che essi pensano, davvero fuorviante: perché respinge chi la pensa diversamente ai margini del consesso civile, negando legittimità non solo alle loro posizioni, ma alla loro stessa esistenza. È come se si dicesse: in quanto «fuori» dalla Costituzione, siete indegni e le vostre opinioni non meritano ascolto.Nessuno di noi conosce ovviamente l’esito del referendum. Io temo però che, per l’ordine giudiziario ostaggio di queste linee di comportamento dell’Anm, le cose finiranno male, qualunque esito ci sarà. Perché facendosi così palesemente soggetto politico di parte, la magistratura rischia di gettare alle ortiche quel che le resta della fiducia dei cittadini.
Beatrice Venezi (Imagoeconomica)
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