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2024-11-07
Niki de Saint Phalle: la sua arte in mostra al MUDEC di Milano
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Le famose Nanas di Niki de Saint Phalle in una sala del MUDEC @CarlottaCoppo
«Donna e artista», come lei stessa amava definirsi. Camaleontica, eccentrica, chic, glamour, pittrice, scultrice, ma anche regista, attrice, modella, Niki-de-Saint-Phalle (pseudonimo di Catherine-Marie-Agnès Fal de Saint Phalle, padre francese e madre americana), unica donna fra gli esponenti del gruppo dei Nouveaux Réalistes e fra le protagoniste assolute della scena artistica d’avanguardia degli anni Sessanta e Settanta in Europa e negli Stati Uniti, nel nostra Paese non ha ancora raggiunto quella notorietà che merita. La si conosce soprattutto per le sue variopinte Nanas (gigantesche figure femminili dalle dimensioni enormi, alcune perfino abitabili) o per il Giardino dei Tarocchi ( un parco con 22 sculture monumentali e colorate, realizzato a Capalbio insieme al marito, il noto scultore svizzero Jean Tinguely), ma il resto della sua arte e della sua tormentata vita è sconosciuto ai più: la straordinaria mostra allestita al MUDEC , la prima retrospettiva in un museo civico italiano dedicata alla de-Saint-Phalle, è l’occasione giusta per entrare nell’intimità di una donna di grande umanità e sensibiltà, una delle artiste che maggiormente ha sfidato gli stereotipi di genere attraverso l’arte e che nell’arte ha trovato la pace e la salvezza dai suoi demoni: il peggiore, l’incesto paterno, subito a soli 11 anni e che la segnò per tutta la vita. «Niki de Saint Phalle è oggi considerata come una delle artiste più importanti del XX secolo – ha spiegato la curatrice della mostra Lucia Pesapane - Ha saputo, come pochi artisti prima, utilizzare lo schermo ed i media per promuovere la sua arte e il suo impegno sociale nei confronti delle minorità e dei più fragili, malati, bambini e animali. Questa responsabilità si è tradotta in un'arte gioiosa, inclusiva, in grado di veicolare attraverso opere comprensibili e amate da tutte le generazioni un discorso attento alle diversità, non-eurocentrico e non-gerarchico. L’artista fa breccia perché la sua opera parla di libertà e di diritti e ci dimostra che ribellarsi è sano, necessario, indispensabile. La sua arte ci offre un rimedio possibile contro l'ingiustizia, un conforto, è un accesso alla bellezza»
La Mostra
Visitare quest’esposizione, così allegra e colorata, è una gioia per gli occhi e per lo spirito. E’ entrare in contatto diretto con il mondo variopinto, polimorfo, tondeggiante e materno delle Nanas (e non solo), un mondo così fantasioso e fantastico che, a stento, si crede possa nascondere una vita fatta anche di dolori, violenze e nevrosi. Eppure è così. Ed è anche questo che rende così particolare il linguaggio artistico di Niki de Saint Phalle, un linguaggio che l’esposizione milanese racconta e abbraccia in tutta la sua varietà, ampiezza e profondità, dagli esordi (gli anni passati fra Europa, Stati Uniti e Italia, ma anche Creta, Egitto, India, Messico) fino agli ultimi lavori degli anni ’90, fra cui spiccano - accanto a quelli dedicati all’ambiente, agli animali e ai diritti delle donne (criticò apertamente la linea politica di George W. Bush ) - le opere della serie dei Teschi, tema che simboleggia il suo modo di affrontare l'avanzare dell'età. «Come sempre l’artista affronta le difficoltà cercando di apportare gioia e consolazione attraverso l'arte. Ed ecco che i suoi teschi brillano, luccicano, scintillano. Come i popoli mesoamericani, l'artista considera la morte come un momento da festeggiare piuttosto che da temere, perché La Mort n'existe pas, Life is eternal, come scrive su una delle ultime opere che ci lascia. ». (L. Pesapane).
Cittadina del mondo, femminista ante litteram già negli anni ’50, star mediatica perfettamente consapevole della forza della sua immagine, Niki de Saint Phalle espresse il suo dissenso verso i mali della società (dalla violenza di genere alla Guerra Fredda) anche attraverso numerose performance: famosissimi, per esempio, i sui Tirs (Spari), quando, tra il 1960 e il 1961, di fronte a un pubblico di amici, servendosi di una carabina, l’artista sparava facendo esplodere sacchetti di pittura sulla tela, liberando, in questo processo creativo e catartico, le proprie emozioni. Spari scandalosi e liberatori, esplosi contro la società, contro la violenza subita, contro la rigida educazione ricevuta e anche contro le difficoltà di emancipazione per una giovane donna e artista negli anni Sessanta. A ricordare questo periodo, in mostra nella prima sezione del percorso espositivo, alcuni Spari della serie delle Cattedrali e degliAltari, simboli di un radicato anticlericalismo ma anche di una profonda fascinazione dell’artista verso le cattedrali, viste come opere collettive, realizzate grazie allo sforzo condiviso di migliaia di persone.
Particolarmente attenta, come abbiamo visto, alle discriminazioni e alle violenze rivolte contro l’Universo Femminile (tema, purtroppo, di straordinaria attualità) Niki-de-Saint-Phalle, tra il 1963 ed il 1965, crea degli assemblaggi di oggetti in plastica e tessuto che riproducono le fattezze di donne partorienti, di spose cadaveri e di corpi femminili mutilati di gambe o braccia: tra le opere di questo periodo, in mostra (nella seconda sezione) La Mariée à cheval, The Lady Sings the Blues (1965), omaggio alla lady del jazz Billie Holiday, pioniera per la difesa dei diritti civili degli afroamericani. Il suo corpo, nero e mutilato, appartiene alla serie delle Crocefissioni o delle Prostitute, dei messia declinati al femminile» immolati per la salvezza dei diritti dell'umanità.
Ma dopo tante «negatività », ecco finalmente esplodere la gioia e il colore: è il momento delle Nanas che, come spiega la curatrice, «sono la versione pop della Grande Madre dei miti arcaici, moderne Veneri di Willendorf dal corpo abbondante che si espande in una gravidanza cosmica». Policrome, gioiose e potenti, sexy, rotonde e sportive, libere dagli stereotipi imposti dalla moda, le Nanas sono il simbolo (e la speranza) di una società nuova e matriarcale, dove le donne hanno il potere e si amano profondamente, anche nei loro corpi enormi: tra le numerose Nanas, particolarissima la serie delle Nanas nere (in mostra Nana Chocolat del 1968) e quella delle Nanas danzanti.
E dalle famosissime Nanas all’altrettanto famoso Giardino dei Tarocchi il passo è breve... A ricordare questa straordinaria opera pubblica (realizzata, come ho già ricordato, insieme al secondo marito, lo scultore svizzero Jean Tinguely ), un luogo magico e surreale in cui il visitatore penetra letteralmente in un mondo fatto di draghi, principesse, oracoli, profeti e strane creature, l'opera La Stella, eccezionalmente prestata dalla Collezione Fondazione Giardino dei Tarocchi, creazione che dialoga con altre opere, come La Temperanza e La Morte, tutte provenienti da collezioni private.
E a proposito di Jean Tinguely, quasi a confermare l’indissolubile e profondo legame che lo legava alla moglie («La storia d'amore con Jean Tinguely - ha dichiarato Lucia Pesapane - fu intensa, passionale, esplosiva. Uno lo Yin et l'altro lo Yang, Venere e Vulcano, furono i Bonny e Clyde dell'arte »), mentre il MUDEC dedica questa straordinaria mostra a Niki-de-Saint-Phalle, l’Hangar Bicocca (dal 10 ottobre al 2 febbraio 2025) dedica a lui un’importante retrospettiva. Entrambe assolutamente da non perdere...
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E’ il Museo delle culture di Milano ad ospitare - sino al 16 febbraio 2025 - una grande retrospettiva dedicata a Niki de Saint Phalle (1930-2002), l’artista franco-americana famosa soprattutto per le sue coloratissime e gigantesche Nanas : esposte ben 110 opere, oltre a creazioni su carta, foto, video e a una selezione di abiti della Maison Dior che ne ricordano anche il suo passato di modella. «Donna e artista», come lei stessa amava definirsi. Camaleontica, eccentrica, chic, glamour, pittrice, scultrice, ma anche regista, attrice, modella, Niki-de-Saint-Phalle (pseudonimo di Catherine-Marie-Agnès Fal de Saint Phalle, padre francese e madre americana), unica donna fra gli esponenti del gruppo dei Nouveaux Réalistes e fra le protagoniste assolute della scena artistica d’avanguardia degli anni Sessanta e Settanta in Europa e negli Stati Uniti, nel nostra Paese non ha ancora raggiunto quella notorietà che merita. La si conosce soprattutto per le sue variopinte Nanas (gigantesche figure femminili dalle dimensioni enormi, alcune perfino abitabili) o per il Giardino dei Tarocchi ( un parco con 22 sculture monumentali e colorate, realizzato a Capalbio insieme al marito, il noto scultore svizzero Jean Tinguely), ma il resto della sua arte e della sua tormentata vita è sconosciuto ai più: la straordinaria mostra allestita al MUDEC , la prima retrospettiva in un museo civico italiano dedicata alla de-Saint-Phalle, è l’occasione giusta per entrare nell’intimità di una donna di grande umanità e sensibiltà, una delle artiste che maggiormente ha sfidato gli stereotipi di genere attraverso l’arte e che nell’arte ha trovato la pace e la salvezza dai suoi demoni: il peggiore, l’incesto paterno, subito a soli 11 anni e che la segnò per tutta la vita. «Niki de Saint Phalle è oggi considerata come una delle artiste più importanti del XX secolo – ha spiegato la curatrice della mostra Lucia Pesapane - Ha saputo, come pochi artisti prima, utilizzare lo schermo ed i media per promuovere la sua arte e il suo impegno sociale nei confronti delle minorità e dei più fragili, malati, bambini e animali. Questa responsabilità si è tradotta in un'arte gioiosa, inclusiva, in grado di veicolare attraverso opere comprensibili e amate da tutte le generazioni un discorso attento alle diversità, non-eurocentrico e non-gerarchico. L’artista fa breccia perché la sua opera parla di libertà e di diritti e ci dimostra che ribellarsi è sano, necessario, indispensabile. La sua arte ci offre un rimedio possibile contro l'ingiustizia, un conforto, è un accesso alla bellezza»La MostraVisitare quest’esposizione, così allegra e colorata, è una gioia per gli occhi e per lo spirito. E’ entrare in contatto diretto con il mondo variopinto, polimorfo, tondeggiante e materno delle Nanas (e non solo), un mondo così fantasioso e fantastico che, a stento, si crede possa nascondere una vita fatta anche di dolori, violenze e nevrosi. Eppure è così. Ed è anche questo che rende così particolare il linguaggio artistico di Niki de Saint Phalle, un linguaggio che l’esposizione milanese racconta e abbraccia in tutta la sua varietà, ampiezza e profondità, dagli esordi (gli anni passati fra Europa, Stati Uniti e Italia, ma anche Creta, Egitto, India, Messico) fino agli ultimi lavori degli anni ’90, fra cui spiccano - accanto a quelli dedicati all’ambiente, agli animali e ai diritti delle donne (criticò apertamente la linea politica di George W. Bush ) - le opere della serie dei Teschi, tema che simboleggia il suo modo di affrontare l'avanzare dell'età. «Come sempre l’artista affronta le difficoltà cercando di apportare gioia e consolazione attraverso l'arte. Ed ecco che i suoi teschi brillano, luccicano, scintillano. Come i popoli mesoamericani, l'artista considera la morte come un momento da festeggiare piuttosto che da temere, perché La Mort n'existe pas, Life is eternal, come scrive su una delle ultime opere che ci lascia. ». (L. Pesapane).Cittadina del mondo, femminista ante litteram già negli anni ’50, star mediatica perfettamente consapevole della forza della sua immagine, Niki de Saint Phalle espresse il suo dissenso verso i mali della società (dalla violenza di genere alla Guerra Fredda) anche attraverso numerose performance: famosissimi, per esempio, i sui Tirs (Spari), quando, tra il 1960 e il 1961, di fronte a un pubblico di amici, servendosi di una carabina, l’artista sparava facendo esplodere sacchetti di pittura sulla tela, liberando, in questo processo creativo e catartico, le proprie emozioni. Spari scandalosi e liberatori, esplosi contro la società, contro la violenza subita, contro la rigida educazione ricevuta e anche contro le difficoltà di emancipazione per una giovane donna e artista negli anni Sessanta. A ricordare questo periodo, in mostra nella prima sezione del percorso espositivo, alcuni Spari della serie delle Cattedrali e degliAltari, simboli di un radicato anticlericalismo ma anche di una profonda fascinazione dell’artista verso le cattedrali, viste come opere collettive, realizzate grazie allo sforzo condiviso di migliaia di persone.Particolarmente attenta, come abbiamo visto, alle discriminazioni e alle violenze rivolte contro l’Universo Femminile (tema, purtroppo, di straordinaria attualità) Niki-de-Saint-Phalle, tra il 1963 ed il 1965, crea degli assemblaggi di oggetti in plastica e tessuto che riproducono le fattezze di donne partorienti, di spose cadaveri e di corpi femminili mutilati di gambe o braccia: tra le opere di questo periodo, in mostra (nella seconda sezione) La Mariée à cheval, The Lady Sings the Blues (1965), omaggio alla lady del jazz Billie Holiday, pioniera per la difesa dei diritti civili degli afroamericani. Il suo corpo, nero e mutilato, appartiene alla serie delle Crocefissioni o delle Prostitute, dei messia declinati al femminile» immolati per la salvezza dei diritti dell'umanità. Ma dopo tante «negatività », ecco finalmente esplodere la gioia e il colore: è il momento delle Nanas che, come spiega la curatrice, «sono la versione pop della Grande Madre dei miti arcaici, moderne Veneri di Willendorf dal corpo abbondante che si espande in una gravidanza cosmica». Policrome, gioiose e potenti, sexy, rotonde e sportive, libere dagli stereotipi imposti dalla moda, le Nanas sono il simbolo (e la speranza) di una società nuova e matriarcale, dove le donne hanno il potere e si amano profondamente, anche nei loro corpi enormi: tra le numerose Nanas, particolarissima la serie delle Nanas nere (in mostra Nana Chocolat del 1968) e quella delle Nanas danzanti.E dalle famosissime Nanas all’altrettanto famoso Giardino dei Tarocchi il passo è breve... A ricordare questa straordinaria opera pubblica (realizzata, come ho già ricordato, insieme al secondo marito, lo scultore svizzero Jean Tinguely ), un luogo magico e surreale in cui il visitatore penetra letteralmente in un mondo fatto di draghi, principesse, oracoli, profeti e strane creature, l'opera La Stella, eccezionalmente prestata dalla Collezione Fondazione Giardino dei Tarocchi, creazione che dialoga con altre opere, come La Temperanza e La Morte, tutte provenienti da collezioni private. E a proposito di Jean Tinguely, quasi a confermare l’indissolubile e profondo legame che lo legava alla moglie («La storia d'amore con Jean Tinguely - ha dichiarato Lucia Pesapane - fu intensa, passionale, esplosiva. Uno lo Yin et l'altro lo Yang, Venere e Vulcano, furono i Bonny e Clyde dell'arte »), mentre il MUDEC dedica questa straordinaria mostra a Niki-de-Saint-Phalle, l’Hangar Bicocca (dal 10 ottobre al 2 febbraio 2025) dedica a lui un’importante retrospettiva. Entrambe assolutamente da non perdere...
Il meccanismo si applica guardando non a quando è stato pagato il riscatto, ma a quando si maturano i requisiti per l’uscita anticipata: nel 2031 non concorrono 6 mesi tra quelli riscattati; nel 2032 diventano 12; poi 18 nel 2033, 24 nel 2034, fino ad arrivare a 30 mesi nel 2035. La platea indicata è quella del riscatto della «laurea breve», richiamata anche come diplomi universitari della legge 341/1990. La conseguenza pratica è che il riscatto continua a «esistere» come contribuzione accreditata, ma diventa progressivamente molto meno efficace come acceleratore del requisito contributivo. Con una triennale piena (36 mesi) il taglio a regime dal 2035 (30 mesi) lascia, per l’anticipo del diritto, un vantaggio residuo di appena 6 mesi; nel 2031, invece, la sterilizzazione è limitata a 6 mesi e, quindi, restano utilizzabili 30 mesi su 36 per raggiungere prima la soglia. Il punto che rende la stretta economicamente esplosiva è che il costo del riscatto non viene rimodulato. Nel 2025, per il riscatto a costo agevolato, l’Inps indica come base il reddito minimo annuo di 18.555 euro e l’aliquota del 33%, da cui deriva un onere pari a 6.123,15 euro per ogni anno di corso riscattato (per le domande presentate nel 2025).
In altri termini: si continua a pagare secondo i parametri ordinari dell’istituto, ma una fetta crescente di quel «tempo comprato» smette di essere spendibile per andare prima in pensione con l’anticipata. La contestazione più immediata riguarda l’effetto «a scadenza»: chi ha già riscattato oggi, ma maturerà i requisiti dopo il 2030, potrebbe scoprire che una parte dei mesi riscattati non vale più come si aspettava per centrare prima l’uscita dalla vita lavorativa.
La norma, in realtà, è destinata a creare dibattito politico. «Non c’è nessunissima intenzione di alzare l’età pensionabile», ha detto il senatore della Lega. Claudio Borghi, «e meno che mai di scippare il riscatto della laurea. Le voci scritte in legge di bilancio sono semplici clausole di salvaguardia che qualche tecnico troppo zelante ha inserito per compensare un possibile futuro aumento dei pensionamenti anticipati, che la norma incentiva sfruttando la possibilità data dal sistema 64 anni più 25 di contributi inclusa la previdenza complementare. Quello che succederà in futuro verrà monitorato di anno in anno ma posso dire con assoluta certezza che non ci sarà mai alcun aumento delle finestre di uscita o alcuno scippo dei riscatti della laurea a seguito di questa norma». «In assenza di intervento immediato del governo, noi sicuramente presenteremo emendamenti», conclude il leghista. A spazzare via ogni dubbio ci ha pensato il premier, Giorgia Meloni: «Nessuno che abbia riscattato la laurea vedra’ cambiata la sua situazione, la modifica varra’ per il futuro, in questo senso l’emendamento deve essere corretto» a detto in Senato.
Dal canto suo, il segretario del Pd, Elly Schlein, alla Camera, ha subito dichiarato la sua contrarietà all’emendamento. «Ieri (due giorni fa, ndr) avete riscritto la manovra e con una sola mossa fate una stangata sulle pensioni che è un furto sia ai giovani che agli anziani. È una vergogna prendervi i soldi di chi ha già pagato per riscattare la laurea: è un’altra manovra di promesse tradite. Dovevate abolire la Fornero e invece allungate l’età pensionabile a tutti. Non ci provate, non ve lo permetteremo».
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