2021-09-08
Niente processo per il manager che denunciò le irregolarità Alitalia
Di Cicco era finito per un errore del gip nell'imputazione coatta di altri sei dirigenti.C'è un piccolo giallo (e soprattutto un errore) intorno all'ultima decisione del gip di Civitavecchia Giuseppe Coniglio, che due settimane fa ha chiesto l'imputazione coatta per sette manager di Alitalia. Tra gli ormai probabili rinvii a giudizio del 27 agosto - ora toccherà di nuovo ai pm inoltrare la richiesta con un ulteriore allungamento dei tempi - compariva anche Claudio Di Cicco, ex responsabile del settore amministrativo della compagnia aerea durante la gestione Etihad. Si trattava di uno sbaglio. Perché all'epoca Di Cicco fu uno dei pochi a mettere in guardia l'azienda sul rischio dell'operazione della cessione degli slot. Tanto che fu persino «costretto» alle dimissioni. Eppure il 27 agosto il gip lo aveva inserito lo stesso tra i destinatari dell'imputazione coatta. Gli altri oggetto del provvedimento erano Roberto Colaninno (ex capitano coraggioso del 2008 archiviato su altri reati), James Rigney (già numero uno di Etihad), poi Giovanni Bisignani (consigliere di amministrazione di Alitalia), Corrado Gatti e Alessandro Cortesi del collegio sindacale dell'azienda, e infine Silvano Cassano, già ad della compagnia aerea: questi sei rimangono. Dopo l'articolo della Verità del 31 agosto, il giorno seguente lo stesso gip Coniglio -a seguito di apposita istanza presentata dall'avvocato Ugo Biagianti (difensore di fiducia del Di Cicco) - ha emesso un provvedimento con cui «a rettifica e correzione dell'errore materiale della su estesa ordinanza dispone l'archiviazione per la posizione di Di Cicco Claudio anche per l'imputazione sub. 1.1 relativa all'avviso ex art.415 bis c.p.p». In pratica Di Cicco non c'entrava assolutamente nulla nel fallimento e nella bancarotta di Alitalia durante la gestione degli Emirati Arabi Uniti. Anzi la sua posizione era già stata chiarita dallo stesso gip nel provvedimento dove veniva evidenziato come «l'indagato Claudio Di Cicco ha più volte informato e messo in guardia i sindaci in ordine all'operazione illecita che si stava ponendo in essere, tanto da iscrivere lui stesso, inizialmente il valore degli slot a 60 milioni, così come stabilito dagli accordi Tia, quindi per un'insanabile divergenza di opinioni sul punto era costretto a dimettersi il 5.10.2015». In sostanza l'ex responsabile del settore amministrativo avrebbe cercato di convincere il management di Alitalia a contabilizzare correttamente l'operazione «informando anche il collegio sindacale e giungendo da ultimo a “dover" rassegnare le proprie dimissioni». Nelle carte di chiusura delle indagini, insieme con la relazione tecnica di Ignazio Arcuri e Stefano Martinazzo, era stato messo in risalto da parte dei pm il licenziamento del manager romano. Di Cicco infatti riportava direttamente all'ex ceo Duncan Naysmith su bilancio e contabilità fornitori, clienti e generale. I magistrati di Civitavecchia avevano dedicato diversi interrogatori a questo licenziamento. Tra questi c'era quello di Antonio Cuccuini, già direttore delle risorse umane di Alitalia. Cuccuini spiegò: «Mi fu rappresentato da Duncan Naysmith che non era particolarmente propenso all'innovazione ed era legato a modelli professionali obsoleti. Posso dire che Di Cicco era una persona molto puntigliosa e rigorosa e anche prima di Sai so che aveva respinto indicazioni di amministratori, minacciando di licenziarsi». In sostanza a processo rischiava di finire l'uomo che si era opposto alle operazioni che hanno portato Alitalia in bancarotta. Mentre Naysmith e l'ex commissario Enrico Laghi sono già usciti dal procedimento.