
I cittadini della Grande Mela potranno scegliere il sesso neutro sul certificato di nascita. Senza ricorrere al parere medico.Il «gender X» sbarca a New York: dal primo gennaio del 2019 i genitori «mentalmente aperti» della Grande Mela potranno identificare il loro neonato non come maschio, non come femmina, ma come una incognita: X. Il sindaco Bill De Blasio è soddisfatto del fatto che il City council abbia approvato a larga maggioranza questa fuga dell'anagrafe dalla biologia. E la comunità Lgbt parla addirittura di «decisione storica»: una dichiarazione un po' enfatica dal momento che stavolta in tema di «diritti civili» New York non si è posta come avanguardia, ma ha seguito in scia le riforme già varate in altre roccaforti dell'ideologia gender. La Germania ad esempio, già dal 2013 riconosce la possibilità giuridica dei «bambini senza sesso» o in attesa di sceglierne uno. Il promotore della normativa, il democratico Corey Johnson, ci tiene a sottolineare la specificità della formula newyorkese per il «gender X»: «I newyorkesi non avranno più bisogno della documentazione di un dottore per cambiare il proprio genere sul certificato di nascita e non saranno più trattati come se la loro identità fosse una questione medica», aggiunge Johnson. Non c'è bisogno del medico per sentirsi di un altro sesso o per imporre al proprio figlio una sospensione dell'identità sessuale: il che potrebbe anche dire che non vi è una reale ragione fisiologica o psicologica per questo gesto, ma solo il «feeling», il sentire soggettivo. Poteva mancare in questo giorno di festa una stoccata a Donald Trump, a colui che «trattiene» l'America dal percorrere fino in fondo i sentieri dell'arcobaleno? Assolutamente no, e così l'avvocato transgender Carrie Davis ha sottolineato come la legge newyorkese voglia rilanciare la lotta dei transgender contro il nuovo corso reazionario della Casa Bianca. Altri Stati dell'Unione come la California, il Montana e l'Oregon già consentono ai genitori di modificare a piacimento l'indicazione del sesso del figlio, anche senza prescrizione medica. E in Europa, dal primo novembre 2013, la Repubblica federale tedesca consente di registrare i figli sotto l'indicazione «sesso indeterminato»: a voler essere precisi, la cosa si riferisce a una situazione medica particolare, quella di bambini nati con i genitali di entrambi sessi e che in seguito vengono sottoposti a procedure chirurgiche. La legge tedesca nasceva appunto per tutelare la dignità di una categoria eccezionale di persone, gli «ermafroditi» alla nascita, che già nell'antichità suscitavano stupore e una forma di sacro rispetto. A pochi chilometri da New York, oltre il confine canadese, i concittadini di Justin Trudeau possono già dal novembre del 2016 lasciare nel limbo della indeterminazione i loro figli: qui li chiamano bambini di sesso U. Il diffondersi di queste formule creative ovviamente suscita reazioni anche negli Usa. L'associazione per la difesa della famiglia Family council si è opposta alla delibera della città di New York, così come si era opposta alla legge della California del gennaio scorso sostenendo che tutte queste innovazioni sono basate su un'idea menzognera, ovvero «che essere maschio o femmina o non appartenere a nessuno dei due sessi sia una scelta che ogni persona ha il diritto di fare». Quando non è un'assemblea nazionale o locale a imporre queste svolte se ne incaricano i giudici: è quello che è accaduto in Austria, dove è stata la Corte costituzionale a decretare la registrazione del terzo sesso sui documenti e i certificati ufficiali in nome del «diritto all'identità di genere individuale». E così mentre New York si accoda a decisioni già prese in Austria o nel Montana, si potrebbe considerare quantomeno «anticonformista» quella decisione assunta da un certo ministro dell'Interno, in un giorno d'estate, di cancellare con un tratto di penna i termini neutri di «genitore 1» e «genitore 2» dalle certificazioni ufficiali in Italia. Qualcuno, o forse anche più di qualcuno, si oppone al neutro che avanza.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





