Le precipitazioni delle ultime settimane hanno permesso di gonfiare i grandi laghi assicurando una «scorta» per i periodi più critici. Però bisogna investire sul territorio: il cambiamento climatico non si combatte con il Green deal ma con invasi e opere antialluvioni.Piove, ma per una volta il governo non c’entra. Abbondanti precipitazioni sono cadute nella giornata di domenica su tutto il Nord-Ovest dell’Italia, mentre in montagna si sono registrati accumuli di neve come non si vedevano da tempo. Un picco che segue le ultime due settimane di maltempo diffuso su tutto il Nord Italia ma che ha anche interessato, pure se in maniera più sporadica, il resto della Penisola. Sulle Alpi piemontesi, domenica, è caduto oltre un metro di neve sopra i 2.000 metri, ma localmente è caduta anche a quote più basse, attorno ai 700 metri. Sulle Alpi Cozie e Graie un altro mezzo metro è arrivato nella notte di lunedì. Punte di 250 cm sopra i 2.500 metri di altezza. In Val d’Ossola, tre metri in Val Formazza e due metri e mezzo a Macugnaga. Una gradita sorpresa per il turismo montano invernale. Neve persino in Sardegna, attorno ai 900 metri di altitudine.Le abbondanti precipitazioni hanno fatto gonfiare fiumi e torrenti in tutto il bacino idrografico del Po, che alla stazione di Torino Murazzi ha raggiunto e superato la pre-soglia di allarme, a 2,8 metri di livello idrometrico. Il colmo di piena è transitato ieri in Piemonte senza grossi danni, tra oggi e domani si sposterà in Lombardia e in Emilia, restando nei limiti di una criticità ordinaria. Allerta in Veneto per i bacini Vene-B (Alto Brenta-Bacchiglione-Alpone) e Vene-E (Basso Brenta-Bacchiglione) fino a giovedì 7. Localmente si sono verificate valanghe in montagna, con 6.000 persone isolate in Val d’Aosta, mentre vi sono state due frane nel parmense. Qualche strada chiusa nell’alessandrino, frane si registrano anche in Liguria, dove i venti hanno raggiunto i 180 km/h.Il lago Maggiore è a un’altezza idrometrica di 135 cm, ai massimi dal 1942 e a più del doppio della media del periodo. Il lago di Como il 2 marzo scorso ha superato il massimo storico di altezza idrometrica a 81,2 cm (le registrazioni partono dal 1946). Il lago di Garda è anch’esso ai massimi storici a 136,6 cm (in questo caso le serie storiche partono dal 1950). Il minimo depressionario che si era puntato nel Golfo ligure si sta allontanando verso Sud, lasciando spazio a una breve tregua in attesa di una nuova perturbazione da Nord che però, secondo i meteorologi, dovrebbe essere più leggera. La situazione di allerta però resta in quindici Regioni. Dopo un inizio anno asciutto, ora tra pioggia e neve le riserve di acqua per la produzione idroelettrica si avviano a essere le più abbondanti degli ultimi anni, dopo un brutto 2022 e un 2023 in ripresa. Le precipitazioni cumulate per quest’anno sono salite leggermente sopra la media di lungo periodo. L’Italia dispone di circa 4.700 impianti di produzione idroelettrica, per una potenza complessiva di 21.800 megawatt, che nel 2023 hanno generato 38,2 miliardi di kilowattora, pari al 15% della produzione nazionale.Anche per l’agricoltura le abbondanti piogge sono un buon viatico in vista dell’estate, sia per le riserve d’acqua sia perché il clima freddo e umido blocca la ripopolazione degli insetti dannosi per le colture. Il clima e la sua evoluzione restano un’equazione assai difficile da risolvere, ma su ciò che si potrebbe fare per limitare i danni la discussione è viziata dal fanatismo climatico. L’enorme investimento sulle emissioni nette zero al 2050, imposto dal rutilante Green deal europeo a colpi di fonti rinnovabili e dipendenza dalla Cina, non fornisce alcuna risposta alle pressanti questioni che si pongono oggi e per i prossimi decenni.La cura del territorio dovrebbe essere una priorità di tutte le amministrazioni, da quelle locali a quelle nazionali. Per troppi anni, però, non si è investito per porre rimedio al dissesto idrogeologico. Eppure, una manutenzione costante del territorio, con piccole opere da curare localmente, avrebbe un impatto positivo su economia, conti pubblici, occupazione, sicurezza. Secondo il Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri servirebbero non meno di 27 miliardi di euro di investimenti per risolvere almeno la gran parte del problema del dissesto idrogeologico italiano. Si tratta di 7.811 interventi registrati sulla piattaforma Rendis (Repertorio nazionale degli interventi per la difesa del suolo), ma ne servirebbero molti altri. Poco meno di sette milioni di italiani vivono in aree a rischio alluvionale medio e 2,4 milioni vivono in zone alluvionali ad alto rischio.Ovviamente, l’agricoltura è un settore direttamente interessato dalla questione. Ieri il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, ha rivolto un appello al ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, chiedendo un incontro urgente per esaminare un piano che punta ad aumentare la raccolta di acqua piovana, oggi ferma all’11%, attraverso la realizzazione di invasi che garantiscano acqua per le colture anche durante i periodi non piovosi.«Sono i bacini di laminazione a Caldogno e Montebello, dove sono stati stoccati tre milioni di metri cubi d’acqua, ad avere salvato Vicenza da una nuova, disastrosa alluvione con picchi di pioggia paragonabili a quelli della tempesta Vaia», ha detto Francesco Vincenzi, Presidente Anbi (Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue, ndr), riferendosi alle piogge degli ultimi giorni in Veneto. Dimostrazione che, per evitare il peggio, occorre investire laddove serve con ciò che serve, senza per forza voler cambiare il mondo.
(IStock)
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