2020-08-21
Nel piano rientra anche il Quirinale
Senza le Regionali, resterebbe invariata la distribuzione dei delegati che concorrono a eleggere il presidente. Votando, potrebbe diventare più favorevole al centrodestra. Meglio rimandare che rischiare brutte sorprese, soprattutto se si pensa alla elezione del successore di Sergio Mattarella al Quirinale. Il Colle è infatti il centro di tutto ciò che accade in politica in Italia, e non è un caso se, al momento della formazione del governo giallorosso, nel settembre del 2019, in molti tra i protagonisti di quell'acrobazia politica che portò all'unione di fatto tra Pd e M5s dissero chiaro e tondo che era necessario scongiurare elezioni anticipate, per evitare che il Parlamento - nel gennaio 2022, quando si voterà per l'elezione del capo dello Stato - fosse a maggioranza di centrodestra.Il caso ha voluto che fino ad ora una congiuntura del genere non sia mai accaduta: i periodi nei quali la coalizione dei moderati guidata da Silvio Berlusconi ha avuto la maggioranza in Parlamento, non sono mai coincisi con l'elezione del presidente della Repubblica. Che c'entrano le regionali con l'elezione dell'inquilino del Quirinale? C'entrano eccome: i grandi elettori che parteciperanno, nel gennaio del 2022, all'elezione del successore di Mattarella (o alla riconferma dello stesso Mattarella, che come La Verità ha rivelato diversi mesi fa ha ottime chance di ottenere un mandato-bis), sono 1.009: 630 deputati, 321 senatori (315 eletti e 6 a vita) e 58 delegati regionali. Questi ultimi sono tre per ogni regione italiana (uno solo per la Valle d'Aosta) e vengono eletti dai rispettivi consigli regionali prima dell'elezione del capo dello Stato, in maniera tale da garantire la rappresentanza delle minoranze. In sostanza, ogni regione invia a Roma a partecipare all'elezione del presidente della Repubblica il governatore in carica e il presidente del consiglio regionale (quindi due esponenti della maggioranza) e un rappresentante dell'opposizione (di consueto il capogruppo del primo partito di minoranza).Se si andasse al voto per il Colle con il quadro attuale i numeri sarebbero questi: mettendo da parte la Valle d'Aosta, che ha una guida autonomista, considerato che il centrodestra governa 13 regioni contro le 6 del centrosinistra, Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia manderebbero a Roma 32 delegati regionali, contro i 25 del centrosinistra. Se le regionali di settembre, come indicano i sondaggi, vedranno cambiare questa geografia, con il centrodestra destinato a prevalere in Puglia e marche, attualmente governate dal Pd, i numeri cambierebbero ancora a vantaggio del centrodestra, che passerebbe a 15 regioni governate contro 4. I delegati di centrodestra sarebbero quindi 34, quelli di centrosinistra 23.Dunque, il piano è ben congegnato: niente elezioni regionali, niente referendum sul taglio dei parlamentari, niente aumento dei delegati regionali di centrodestra. In questo modo, nel gennaio 2022, quando si andrà ad eleggere il nuovo capo dello Stato, i delegati regionali resterebbero 32 di centrodestra e 25 di centrosinistra, invece di 34 e 23. Vi sembra una differenza di poco conto? Non lo è, proprio per niente. I giallorossi alla Camera, per fare un esempio recente, lo scorso 29 luglio hanno approvato lo scostamento di bilancio con 326 voti favorevoli su 630 deputati complessivi: appena 10 voti in più della maggioranza assoluta, che è a quota 316. Al Senato, come tutti sanno, la maggioranza è risicatissima, e i due schieramenti sostanzialmente si equivalgono. L'elezione del capo dello Stato, a scrutinio segreto, è tradizionalmente caratterizzata da trame trasversali, franchi tiratori, agguati parlamentari, trabocchetti, tradimenti e inconfessabili trattative: in una situazione così equilibrata, anche un solo voto in più o in meno può essere decisivo. Ecco perché, rinviando le elezioni regionali e il referendum sul taglio dei parlamentari, i giallorossi conserverebbero quei delegati regionali che, se si andasse al voto, perderebbero a favore del centrodestra. Delegati che potrebbero risultare decisivi nell'elezione del prossimo presidente della Repubblica.