2020-03-17
Un decretino contro il virus
La misura attesa da giorni si rivela quello che temevamo: una specie di «milleproroghe» che distribuisce soldi anche ad Alitalia e Rai. Per la maggior parte delle aziende pagamento Iva rinviato di... quattro giorni. Poca chiarezza sui provvedimenti per la sanità.L'hanno chiamato «Cura Italia», ma con la scusa di difendere gli italiani dal coronavirus, il decreto varato ieri dal governo cura gli interessi dei soliti noti, che con la salute hanno ben poco a che fare. Che cosa c'entrano infatti i 600 milioni stanziati per l'Alitalia con l'epidemia Covid-19? La compagnia aerea stava già male di suo, prima che esplodesse l'epidemia, e per mesi l'esecutivo ha cercato di darla in dote prima alle Ferrovie dello Stato e poi ai tedeschi di Lufthansa, ma senza successo. Forse qualcuno penserà che 600 milioni su 25 miliardi messi a disposizione dal decreto in fondo siano poca cosa. Ma se li si confronta a quanto è stato deciso di destinare per rafforzare il Fondo sanitario nazionale, cioè 1 miliardo, si capisce che anche quelle di Alitalia non sono noccioline. Alla compagnia aerea va una cifra che è più della metà di quello che è stato messo a disposizione della Protezione civile, quella stessa Protezione che fa fatica a trovare le mascherine sanitarie per medici e infermieri. Per capire ancor meglio, 600 milioni sono le risorse liberate a favore degli enti locali, cioè di Comuni e Province che devono finanziare le spese correnti connesse all'epidemia. Ma attenzione, i soldi gentilmente donati alla compagnia di bandiera sono solo un antipasto. Perché mentre non ci sono quattrini per comprare o costruire i macchinari per la respirazione artificiale che tutti gli ospedali chiedono a gran voce, il governo autorizza con il decreto la nazionalizzazione di Alitalia, consentendo al ministero delle Finanze e dell'economia di costituire una società ad hoc controllata dallo Stato.Il maxi regalo alla compagnia di bandiera non è però il solo che balza all'occhio scorrendo le indiscrezioni (perché fino a ieri sera il testo ufficiale non era noto) sulle misure d'emergenza decise dal governo di Giuseppe Conte. Nelle centinaia di pagine di un decreto che avrebbe dovuto semplificare i provvedimenti d'emergenza a favore della salute e dell'economia, si inciampa in una manciata di milioni messi a disposizione della Rai. D'accordo che quello della tv di Stato, a torto o a ragione non tocca a noi dirlo, è ritenuto un servizio pubblico, ma che senso ha staccare un assegno milionario all'emittente pubblica quando non ci sono i soldi per pagare il personale sanitario che lotta contro il virus? I dottori che oggi lavorano senza tregua per salvare dalla morte migliaia di pazienti quanto riceveranno come compenso per il lavoro straordinario di queste e delle prossime settimane? E soprattutto quando incasseranno questi soldi? Nel decreto si dice che i medici saranno pagati, il che sembra degno di monsieur de La Palisse, ma come si legge nelle chat ospedaliere si tratta di capire come e in quale anno. Tutti infatti conoscono la celerità della pubblica amministrazione quando deve incassare, ma nessuno sa mai quando la tesoreria dello Stato deciderà invece di onorare i proprio debiti.«Cura Italia» promette poi di assumere ben 40 medici da schierare al ministero, insieme a 8 veterinari e 29 tecnici. Il loro compito? «Rafforzare i controlli antivirus in porti e aeroporti». Ma bastano 40 medici per un Paese che solo di aeroporti, tra piccoli e grandi, ne ha 126? Probabilmente no, ma la cura Conte prevede un contentino. Non si poteva rafforzare ciò che era indispensabile? No, perché il decreto «milleproroghe», come di solito vengono chiamati i decreti omnibus in cui si infila un po' di tutto, doveva costituire l'ennesima agenzia per promuovere il Gruppo di supporto digitale alla presidenza del Consiglio, cioè un nuovo dipartimento della burocrazia di Palazzo Chigi. Ma non c'era già l'Agid, cioè l'Agenzia per l'Italia digitale, il cui direttore generale è stato nominato a gennaio? Sì, c'era. Tuttavia, per combattere il virus si sentiva un gran bisogno di un'iniezione di burocrati.E le tasse e i contributi che avrebbero dovuto essere sospesi, anzi, forse annullati, per consentire alle aziende piegate dalla crisi dell'epidemia di tirare il fiato? Beh, la moratoria riguarda solo le imprese sotto i 2 milioni di fatturato, mentre tutti gli altri dovranno pagare fra qualche giorno, nonostante le rassicurazioni dell'ultimo minuto. Forse al governo sono convinti che il Covid-19 colpisca solo le imprese sotto una certa soglia, lasciando indenni le altre. E le cartelle esattoriali e i controlli fiscali contro cui gli imprenditori devono combattere ogni giorno insieme alle sciagure quotidiane? «Cura Italia» ha la soluzione pure per questo: tutto bloccato e rinviato. Ma solo fino a giugno. Poi il fisco ricomincerà a batter cassa, come sempre, e per di più all'Agenzia delle entrate sarà concesso più tempo per bastonare i contribuenti. Perché il virus fa secchi gli italiani, ma non la macchina delle tasse. Quella non c'è epidemia che tenga, non la ferma nessuno.