2023-06-23
La Nato sogna la transizione verde militare
Mea culpa di Jens Stoltenberg: «Con bombardieri e tank emettiamo troppa CO2». Alla Consulta si discute dei diritti «green» delle future generazioni: quello alla pace non c’è? Intanto, i leader mondiali svelano chi guiderà le riforme ecologiche: i «filantropi», tipo Bill Gates.Quest’anno va di moda il verde. Anche il verde militare. Bastava ascoltare, mercoledì pomeriggio, il discorso di Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, al German Marshall fund (Gmf), in occasione di una tavola rotonda dal titolo che già diceva tutto: «Conversazione transatlantica: clima e sicurezza». L’Alleanza, secondo il funzionario norvegese, «non può restare basata sui combustibili fossili nell’epoca della transizione energetica». La guerra uccide, ma soprattutto inquina: «I bombardieri e i carri armati hanno un alto impatto ambientale, dobbiamo quindi investire di più in tecnologia e ci sono dei fondi di ricerca proprio in questo senso». Gli ordigni saranno sempre distruttivi, ma almeno avremo dei raid ecocompatibili. Per Stoltenberg, «dobbiamo ridurre anche le emissioni delle attività militari che si svolgono in tempo di pace». Difatti, in occasione dell’ultima maxi esercitazione aerea, «abbiamo emesso molta CO2». La sfida è essere al contempo «forti», ovvero, altrettanto potenti sul piano bellico, e rispettosi dell’ambiente. I missili rimarranno omicidi, beninteso; però non avremo mai più ecocidi. Rassicura sapere che, mentre Vladimir Putin agita di nuovo la minaccia atomica e si fa largo l’ipotesi che truppe del blocco occidentale, segnatamente quelle polacche, intervengano sul campo in Ucraina, rischiando di trascinarci nel baratro di uno scontro aperto con la Russia, il numero uno della Nato si preoccupa di dare un’altra mano di verde alle mimetiche del Patto atlantico. Evidentemente, tra i «diritti delle future generazioni», di cui oggi discuteranno a Roma, al Palazzo della Consulta, i giudici costituzionali di Italia, Spagna, Francia e Portogallo, c’è quello alla neutralità climatica, ma non quello di evitare l’inverno nucleare. Che volete: se a devastare gli ecosistemi ci devono pensare le radiazioni, meglio non peggiorare la situazione con l’anidride carbonica. Mad Max circolerà per lande desolate a bordo di un’auto elettrica. I leader mondiali, per la verità, sembrano ottimisti. Lo si evince dall’appello rilanciato ieri dalla Stampa e firmato da Emmanuel Macron, Mia Mottley, premier di Barbados, il brasiliano Lula, Ursula von der Leyen, Charles Michel, Olaf Scholz, il primo ministro giapponese, Fumio Kishida, nonché da Rishi Sunak, Joe Biden e dai presidenti di Kenya (William Ruto), Senegal (Macky Sall), Sudafrica (Cyril Ramaphosa) ed Emirati Arabi Uniti (Mohamed bin Zayed Al Nahyan). Tutti invitati al summit di Parigi per il «nuovo patto mondiale», che terminerà oggi (per l’Italia, è presente Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri).Il manifesto è zeppo di retorica sul climate change che «causerà disastri sempre più vasti e più frequenti», sulle opportunità per una «crescita sostenibile», da raggiungere attraverso «transizioni ecologiche giuste che non lascino nessuno indietro». Non è esattamente la strada che sta percorrendo l’Unione europea, dove il connubio tra interventi sulle case, bando dei motori a combustione, persecuzione degli allevatori e campagne per il cibo sintetico, minaccia di tradursi in un salasso per i cittadini, oltre che di rendere la loro vita deprimente. Con lo spettro del suicidio geopolitico, visto che la marcia a tappe forzate verso l’elettrificazione totale, a meno che non colmiamo in un batter d’occhio i ritardi accumulati, ci renderà dipendenti dalla Cina. L’abbiamo capita, la lezione del gas russo e della formidabile arma di ricatto consegnata negli anni al Cremlino... Ma ciò che più preoccupa, del melenso sproloquio vergato dai grandi del pianeta, è la loro idea che, negli enormi investimenti necessari alla transizione, debbano giocare un ruolo di primo piano i soggetti privati e i «filantropi». Nulla contro l’iniziativa economica individuale, per carità: siamo in Occidente e non in Unione sovietica. Ma di solito, chi mette sul piatto i suoi soldi non lo fa gratis et amore Dei. Si aspetta un tornaconto in termini di finanze e di potere. La qual cosa pone un problema di responsabilità democratica. Perché l’ultradirigismo di Stati e consorzi di Stati è dannoso, ma per mitigarne gli effetti collaterali, i cittadini hanno lo strumento del voto, benché limitato e fallibile. Per dire: nel 2024, potranno punire gli ecotalebani di Bruxelles, spedendo a casa il numero due della Commissione, Frans Timmermans. Diverso è il discorso dei fondi impiegati dai presunti benefattori. Chi controlla gente come Bill Gates, tanto per citare uno dei miliardari più attivi sul fronte della lotta al cambiamento climatico? A chi rispondono quelli come lui? Chi può cacciarli, se sbagliano? Forse, rendendosi conto della temerarietà di questa opzione, Macron e compagni ammettono che il loro progetto richiederà «il sostegno dell’opinione pubblica», da persuadere mediante «la condivisione di dati affidabili». Tutto dipende da come si costruirà tale consenso. Da chi deciderà cosa è «affidabile» e in base a quali criteri. Il precedente della pandemia, con la catena di trasmissione tra governi in piena sbornia autoritaria e piattaforme online, non è incoraggiante. Resta, infine, la piaga dell’ipocrisia che si nasconde dietro i lavacri verdi. È notizia recente che le grandi compagnie del tabacco stiano surclassando Tesla nei rating Esg. In pratica, la produzione di bionde sta guadagnando credito come una forma di investimento ecologico, persino più delle vetture elettriche di Elon Musk. E più delle ecig, che almeno aiutano a togliersi il viziaccio. Alcuni analisti attribuiscono la tendenza a un trucchetto: quelli di Big tobacco sarebbero diventati bravissimi a recitare il copione woke, a enfatizzare concetti come la «diversità», l’inclusione dei trans e delle persone Lgbt. Fuffa verde, fuffa arcobaleno. In fondo, chi meglio dei fabbricanti di sigarette sa maneggiare il fumo?
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)