2023-03-18
Nardella si fa lo spot da sceriffo: placca il writer e ripulisce il muro
Ci sono i fotografi e il sindaco di Firenze insegue gli ecovandali di Palazzo Vecchio.Non c’è dubbio: l’eroe mediatico della giornata di ieri è stato il sindaco di Firenze Dario Nardella. La veemenza con cui ha contribuito a fermare uno degli sconsiderati che stavano imbrattando Palazzo Vecchio, e poi la nettezza con cui ha condannato gesti del genere ci fanno ben volentieri – per una volta – rivolgere un plauso all’esponente del Pd.Certo, qualche malizioso fa notare che forse il sindaco – chissà – poteva essere stato informato sulle cattive intenzioni degli ecozozzoni, visto che si trovava già pronto e sul posto, quasi preparato all’intervento in posa plastica con giubbotto alla Fonzie. Qualcuno, ancora più malizioso, evoca il posizionamento perfetto di telecamere e fotografi, un po’ come quel paparazzo che «catturò», a suo tempo, l’immagine del neopresidente della Camera Roberto Fico a bordo di un autobus. Coincidenze? Qualcun altro ancora insiste sottolineando la propensione un po’ operaia e un po’ propagandistica (neanche Gianni Morandi a Sanremo dopo gli eccessi di Blanco…) con cui Nardella è rimasto a contribuire alla ripulitura. Immagini che indubbiamente torneranno utili per le prossime campagne elettorali. Ma noi – credenti nella buona fede di tutti, anzi praticamente creduloni… – non vogliamo prestare orecchio a queste obiezioni, almeno per oggi.Tuttavia, resta un problema tutt’altro che marginale. Personalmente ho partecipato negli ultimi tre-quattro mesi ad almeno dieci tra trasmissioni radiofoniche, programmi televisivi e pubbliche conferenze in cui il tema in discussione era proprio il comportamento dei cosiddetti ecoattivisti, sia (prima fase) quando bloccavano le strade, sia (seconda fase) quando hanno cominciato a sparare vernice su statue, palazzi o direttamente contro quadri variamente protetti all’interno dei musei.E ogni volta che questi imbrattatori venivano qualificati come «ecovandali» o «ecoteppisti», regolarmente interveniva a sostenere la loro posizione un esponente della sinistra politica e culturale, infervorandosi a sostegno dei «ragazzi».Gli argomenti «da sinistra e de’ sinistra» a supporto dei giovinastri erano riconducibili a tre categorie. Primo, gli «apocalittici», cioè quelli, più o meno fulminati come gli imbrattatori, che dicevano: «Ma cosa volete che sia un po’ di vernice rispetto alla prossima estinzione del pianeta?». E via con considerazioni sulla fine del mondo ormai imminente preconizzata da Greta come giustificazione di ogni atto di protesta.Secondo, gli «empatici», cioè i sessantottini di andata o di ritorno ben lieti di solidarizzare con un po’ di estremismo giovanile: «Che bello quando i ragazzi si mobilitano…», o, peggio ancora, «Ci sarebbe da preoccuparsi se i giovani fossero apatici», e altre assurdità simili, come se l’unico modo per essere attivi fosse sfregiare qualcosa.La terza categoria è quella che definirei da «impresa di pulizie», con politici o commentatori progressisti che indugiavano sulle caratteristiche «lavabili» e «cancellabili» delle vernici scaraventate contro palazzi, statue, quadri. Con una implicita giustificazione dell’atto violento semplicemente sulla base di una presunta «ripulibilità» di macchie, sgorbi e scritte.Ora, caro Nardella, gli ecostronzetti (scusi l’espressione oxfordiana) che lei ha fermato ieri sono anche figli di tutte queste giustificazioni, e sono stati incoraggiati-coccolati-vezzeggiati per mesi da una certa politica e da una certa cultura. E sarebbe il caso – una volta per tutte – di rivolgere qualche parola chiara non solo all’imbrattatore svalvolatodi turno, ma soprattutto a chi, per mesi, gli ha prestato pensieri e parole, nonché offerto copertura e legittimazione «culturale».Non sappiamo se la mamma dell’ecozozzone sia sempre incinta, ma sospettiamo che i padrini e le madrine politiche abbiano avuto e continueranno ad avere un ruolo decisivo nella mala educazione della «creatura».
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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