2022-04-15
Napoletano si difende: «Non ho gonfiato le copie del Sole 24 Ore»
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Roberto Napoletano (Imagoeconomica)
L'ex direttore parla in udienza durante il processo dove rischia 4 anni di carcere. Smentisce il responsabile area vendite e se la prende con il suo predecessore, Gianni Riotta. «Questo giornale mi è stato consegnato sull'orlo del baratro».Roberto Napoletano si difende dalle accuse di aggiotaggio e false comunicazioni nel processo sulle cosiddette copie gonfiate del Sole 24 Ore. L’ex direttore lo ha fatto durante l’udienza di giovedì 14 aprile, parlando per 40 minuti di fila. L’attuale direttore del Quotidiano del Sud, che rischia 4 anni di carcere come richiesto dal pm Gaetano Ruta, ribadisce ancora una volta la sua estraneità alla gestione economica del quotidiano che in quegli anni aveva sede in viale Monterosa. «Non ero amministratore né di diritto, né di fatto di questa società. Partecipavo, ero invitato, ai consigli di amministrazione come tutti i miei predecessori: era una prassi societaria». Di fatto, quindi, addossa le responsabilità all’ex amministratore delegato Donatella Treu e all’ex presidente Benito Benedini, già usciti dal processo dopo un patteggiamento. Ma soprattutto smentisce anche un altro amministratore delegato come Gabriele Del Torchio che aveva spiegato ai magistrati, come «Napoletano» avesse assunto all’interno della società un ruolo «che travalicava la figura del direttore editoriale … condizionava l’andamento delle scelte gestionali e questo contraddiceva la separazione che avrebbe dovuto esservi tra l’attività gestionale in senso proprio e condizione editoriale della testata». Di fatto Napoletano smentisce anche le dichiarazioni il del responsabile dell’area vendite Alberto Biella e di Filippo Beltramini, dipendente della londinese Di Source che all’epoca si occupava della promozione e della vendita di abbonamenti digitali. Per l’ex direttore del Sole, invece, «di quella presunta strategia diretta a 'taroccare' i numeri diffusionali - ammesso e non concesso che esista davvero a parte l'evidentissima truffa di DiSource che ha ideatori e realizzatori con nomi precisi - io sono estraneo totalmente, anzi ne sono la prima delle vittime perché toccava ai revisori aprire gli occhi non certo a me». Poi tira una stilettata a chi lo aveva preceduto, ovvero Gianni Riotta. «Se mi si accusa di essermi dedicato con il massimo dell'impegno a questo giornale che mi è stato consegnato sull'orlo del baratro e averlo fatto crescere mentre il mercato andava giù a dirotto, se mi accusa di aver combattuto per evitare i licenziamenti di giornalisti, ebbene sì sono colpevole di aver combattuto come un leone, di essermi ridotto lo stipendio, di aver creato nuovi prodotti e un nuovo sistema editoriale sacrificando, e me ne sono pentito, la mia famiglia». Napoletano ha sottolineato poi come sia mai «mai entrato, su contenuti numerici e contabili» del gruppo. Alla fine ha lanciato anche un appello: «Spero che potrete aver compreso quanto la pena e la sofferenza generata da questa vicenda processuale abbiano inciso profondamente sulla mia persona e sulla mia vita e confido che potete porre fine, una volte per tutte, a questo capitolo oscuro». Per l’avvocato Guido Alleva, che assiste Napoletano, bisogna mettere fine a un processo in cui il suo cliente «è semmai parte offesa. Era il direttore editoriale di questo gruppo, lavorava con solerzia ma lavorava per il giornale non per mandarlo al macero». La prossima udienza è prevista per il 17 maggio, quando con tutta probabilità arriverà anche la sentenza.
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