2018-06-12
Clint Eastwood di nuovo attore per recitare il funerale della retorica machista
True
Il premio Oscar torna al cinema da protagonista con il film The mule, la storia di un anziano che, rimasto vedovo e senza soldi, decide di diventare un corriere della droga. È il metodo con cui l'ex pistolero, (vedi il successo della pellicola Gran Torino) esorcizza la terza età.Ci sono cliché che l'età porta con sé, cadenzando la vita individuale di rigidi imperativi morali. È necessario, se bambini, far bella mostra della propria innocenza, trasformarla in maturità una volta adulti e lasciare che la vecchiaia la tramuti in un'empirica forma di saggezza. In un sapere accorto che, passati i bollori giovanili, dovrebbe suggerire agli ottuagenari di imbroccare la via del riposo. Della pensione, rifugio contro i mali del quotidiano al quale Clint Eastwood cerca, con successo, di sottrarsi. Sebbene, il 31 maggio scorso, abbia compiuto 88 anni e ottenuto con ciò il diritto (quasi, il dovere) di appendere al chiodo qualunque strumento possa identificarne la professione, Eastwood si è ben guardato dall'accogliere i diktat della società. E, come a volerli sbeffeggiare, ribadendo, qualora ancora ce ne fosse bisogno, la propria autonomia, se n'è volato nel New Mexico, dove, insieme a un cast stellare, ha battuto il primo ciak di The mule.Il film, del quale l'attore è regista, produttore e interprete, racconta una storia drammatica, di vecchiaia e ingenuità. Protagonista della pellicola, il cui titolo altro non significa se non «Il mulo», è un tale di nome Earl. Un ottantenne americano che, rimasto vedovo e senza più alcun soldo, si trova costretto a cercare un impiego. L'occasione, se tale può essere definita, gli si presenta per caso, quando gli viene offerto un lavoro semplice, il cui unico requisito sembra essere il possesso di una regolare patente di guida. Deve portare una macchina, Earl. E deve farlo bene. Il vecchio, che nel film è interpretato da Clint Eastwood, accetta. E, suo malgrado, diventa il corriere della droga di un cartello messicano.Le rughe in viso, i segni dell'età a colorargli le mani, i pochi capelli ormai bianchi. Nulla, nell'aspetto del vecchio Earl, lascerebbe intendere che questi possa essere un cinico criminale, al soldo di un ancor più cinica gang. Perciò, i boss messicani decidono di affidare all'ottantenne, mite e ligio, carichi crescenti, sui quali è chiamato a vegliare un assistente (Ignacio Serricchio).Serricchio, tuttavia, non è l'unico uomo ad aver accesso all'attività di Earl, della quale, presto, comincia a interessarsi Colin Bates (Bradley Cooper). L'agente della Dea, affiancato nel film da Michael Pena e Laurence Fishburne, è deputato a chiarire gli illeciti del vecchio, che la sopracitata saggezza spinge a domandarsi se esista un modo per riparare ai propri torti, sfuggendo, insieme, alle grinfie della polizia e del cartello messicano.The mule, del quale ancora non è dato conoscere una data di uscita, ancorché approssimativa, dovrebbe, dunque, indagare il calvario del vecchio. Consentendo a Clint Eastwood di portare a compimento il funerale della retorica machista, di pistolero aitante, avviato nel 2008, con la direzione registica di Gran Torino. Allora, Eastwood ha poggiato la prima pietra, scegliendo di esorcizzare la terza età in modo proprio. Al cinema, attraverso il racconto disincantato delle fragilità sopraggiunte. A Gran Torino, nonostante la promessa di ritirarsi, è seguito, nel 2012, Di nuovo in gioco. Poi, più nulla. Il premio Oscar si è dedicato, in via esclusiva, all'attività di regista. In dieci anni, ha firmato sette pellicole, tra le quali Invictus, J. Edgar, American Sniper e Sully. I media lo hanno celebrato, la critica lo ha portato in trionfo, il pubblico ne ha amato al punto la visione artistica da fare spallucce di fronte alle esternazione trumpiste, da repubblicano inviso alla Hollywood del politically correct.Eppure, qualcosa a Clint Eastwood doveva mancare. Perché, a 88 anni, in barba ai luoghi comuni che l'età porta con sé, ha deciso di tornare laddove aveva detto che mai più avrebbe messo piede: su un set, davanti alla macchina da presa, così da poter dire, una volta di più, quel che il filtro dell'arte gli consente.