2020-08-07
Mps chiude il semestre in rosso e con richieste danni per 10 miliardi
La sede di Monte dei Paschi ( Michele Spatari/NurPhoto via Getty Images)
Persi 1,09 miliardi nei primi 6 mesi. Ai 5,2 miliardi di euro di cause avviate si aggiungono 1 miliardo per istanze stragiudiziali e i 3,8 miliardi reclamati dalla Fondazione. Previsti 357 milioni di accantonamenti al fondo rischi.Si complica la discesa del Tesoro dal Monte dei Paschi con l'arrivo di una fusione o di un nuovo partner privato. Si fa sempre più ingombrante, infatti, la «dote» di contenziosi legali: il totale delle richieste danni, giudiziali e stragiudiziali nei confronti di Mps, ammonta a 10 miliardi. Ai 5,2 miliardi di euro di cause legali avviate si aggiungono un miliardo di richieste stragiudiziali e la richiesta di 3,8 miliardi arrivata dalla Fondazione senese, un tempo azionista di controllo. Nel primo semestre dell'anno la banca ha previsto 357 milioni di euro di accantonamenti al fondo rischi e oneri, «riconducibili principalmente a rischi legali e ai rischi connessi ad accordi contrattuali» e rispetto all'iniziativa dell'ente di Palazzo Sansedoni «esprime opinioni critiche rispetto alle tesi sostenute. Gli argomenti a supporto di tale interpretazione verranno sviluppati compiutamente nella risposta che sarà inviata alla Fondazione» riservandosi «ogni azione a tutela del proprio patrimonio», si legge nella nota che ieri ha accompagnato la presentazione dei conti.Il primo giro di boa del 2020 è stato archiviato da Mps con una perdita di 1,09 miliardi, a fronte dell'utile di 93 milioni registrato nello stesso periodo del 2019. Il risultato sconta, in particolare, un secondo trimestre in rosso per 845 milioni appesantito soprattutto dalla svalutazione delle cosiddette Dta (attività fiscali differite) per 476 milioni dopo l'aggiornamento delle stime interne pluriennali (2020-2024) dei valori economici e patrimoniali per tenere conto dello scenario macro dopo la pandemia. La banca registra comunque un risultato operativo lordo trimestrale di 186 milioni in crescita rispetto al primo trimestre (+2,9%) e i coefficienti patrimoniali restano superiori ai requisiti richiesti.Sono ancora in corso i colloqui con la Bce per l'autorizzazione alla scissione parziale dei crediti deteriorati a favore di Amco ma «al momento non ci sono novità« ha indicato l'ad Guido Bastianini nel corso della conference call con gli analisti. L'operazione va comunque chiusa entro la fine dell'anno e passare al vaglio di un'assemblea straordinaria della banca che potrebbe essere convocata in autunno. Per far fronte agli impatti sul patrimonio della scissione di 8,1 miliardi di npl, il Monte sta esaminando un «piano sul capitale» con la «potenziale emissione di strumenti di debito subordinato nei prossimi anni». Nel frattempo, tra le componenti negative non operative spuntano circa 30 milioni di costi di ristrutturazione «principalmente per il potenziale contratto con Amco». Si tratta di un'operazione dove una voce di costo, salata, deriva dalle commissioni da pagare per il prestito (bridge loan) da 3,17 miliardi che Jp Morgan e Ubs si sono impegnate a sottoscrivere ed erogare a Siena prima delle assemblee straordinarie di Mps e Amco che dovranno deliberare la scissione. Il costo una tantum per i 500 esuberi annunciati dalla banca, che ammonta a circa 80 milioni, sarà invece contabilizzato nell'ultima parte dell'anno. Mps ha intanto firmato un accordo con le organizzazioni sindacali su 250 nuove assunzioni a fronte delle 500 uscite volontarie. «I primi ingressi dei nuovi dipendenti ci saranno entro gennaio 2021 e la maggior parte dei neoassunti sarà destinato al rafforzamento della rete commerciale», ha spiegato ieri la Fabi. In quattro anni il Monte ha perso 2 miliardi di ricavi su 5 miliardi del 2015 (-40% circa) e 25 miliardi di raccolta diretta (-21%). Con questo quadro sullo sfondo, il gruppo deve accelerare verso la fine del sentiero tracciato nel luglio 2017 dalle autorità europee in cambio del via libera al salvataggio pubblico. Sentiero che si fa sempre più stretto: oltre alla cessione dei crediti deteriorati, la Bce ora avrebbe chiesto un rafforzamento patrimoniale da 700 milioni, non facilmente digeribile dal Tesoro. Il Mef starebbe predisponendo un decreto per regolare l'uscita da Siena sperando anche di poter approfittare delle prossime mosse del consolidamento bancario innescato dall'operazione Intesa-Ubi.Proprio ieri, però, l'altra big Unicredit si è nuovamente sfilata dalla partita sul risiko dopo aver chiuso il secondo trimestre in utile per 420 milioni ma il semestre in rosso per 2,28 miliardi con accantonamenti per il Covid. L'ad Jean Pierre Mustier ha ribadito di non avere in programma fusioni o acquisizioni, «ci siamo impegnati a ripristinare la nostra politica di distribuzione del capitale» del piano industriale «nel 2021 a partire dall'anno 2020, inclusa la graduale restituzione del capitale in eccesso agli azionisti». Quanto alla fusione Intesa-Ubi, il banchiere francese si è limitato a sottolineare: «Forse sarebbe stato meglio avere tre grandi banche forti piuttosto che due».
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