2025-09-03
Mossa disperata di Macron: va a caccia di «responsabili» pur di salvare il governo
L’Eliseo prova ad allargare la maggioranza pescando tra i partitini. Le Pen e Bardella chiedono «lo scioglimento ultrarapido» del Parlamento. E i sondaggi li premiano. Col suo iperattivismo, il presidente prova (inutilmente) a nascondere la sua debolezza.Lo speciale contiene due articoli.Il governo di François Bayrou non è ancora caduto, eppure al di là delle Alpi, il premier e il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, hanno già avviato delle consultazioni. Formalmente, non si tratta di incontri come quelli che si tengono nella fase formativa di un governo, ma poco ci manca. Il capo dello Stato e quello del governo si sono, per così dire, spartiti i ruoli. Il primo ha ricevuto ieri all’Eliseo i leader dei partiti che sostengono l’esecutivo: il macronista Garbiel Attal (Renaissance), l’ex premier Edouard Philippe (Horizons) e il capo dei Républicains (Lr) nonché ministro dell’Interno, Bruno Retailleau. Secondo «fonti concordanti» citate da Le Figaro, Macron avrebbe messo i capi dei partiti di maggioranza davanti alle loro «responsabilità». Parrebbe anche che il capo dello Stato non abbia escluso un tentativo di allargamento della maggioranza all’Assemblea nazionale. Per farlo dovrebbe riuscire ad ottenere delle aperture da qualche deputato del Partito socialista (Ps) e del gruppo misto Liot (Liberali, indipendenti, Oltremare e Territori). Insomma qualcosa che ricorderebbe tanto quei governi e governicchi italiani, tenuti in piedi da qualche «responsabile» o da leader di partiti che rappresentavano percentuali di voti infinitesimali. Bayrou è contrario a tale ipotesi ma, si sa, quando Macron vuole qualcosa, non guarda in faccia a nessuno. Tanto è vero che, ieri a fine pomeriggio, l’agenzia France Presse ha scritto che l’inquilino dell’Eliseo avrebbe «ingiunto» ai leader della maggioranza «di lavorare con i socialisti» ed altri partiti tranne il Rassemblement national (Rn) e l’estrema sinistra de La France Insoumise.Tornando agli incontri di ieri, oltre ai leader della maggioranza, il premier ha ricevuto anche quelli delle opposizioni. Ad aprire le danze ci hanno pensato Raphaël Glucksmann, numero uno di Place publique, un cespuglio apparentato al Ps che, all’uscita da palazzo Matignon ha dichiarato: «Non firmeremo alcun assegno in bianco» anche perché «l’annuncio del voto (di fiducia, ndr) dell’8 settembre ha rotto la possibilità» di condurre un negoziato. In mattinata poi, Bayrou ha ricevuto Marine Le Pen e Jordan Bardella del Rn. Alla fine della riunione, Bardella ha dichiarato che «non c’è stato un miracolo» e che «l’incontro non farà cambiare idea all’Rn». Il collega di Le Pen ha sottolineato che, nella proposta di bilancio lacrime e sangue fatta dal premier «non è stata trattata la cattiva spesa pubblica» ovvero «il costo esorbitante dell’immigrazione, l’aumento del contributo della Francia al bilancio dell’Unione europea» e «non è stata condotta la lotta alle frodi fiscali e sociali», ovvero quelle che riguardano i numerosi sussidi pubblici distribuiti a pioggia da anni anche a chi non lavora o non ha mai contribuito alla spesa sociale. Marine Le Pen ha invece ribadito l’auspicio del suo partito: quello di uno scioglimento «ultrarapido» dell’Assemblea nazionale. Nel pomeriggio, Bayrou ha incontrato i vertici Lr. Tra questi, Bruno Retailleau ha dichiarato di voler «evitare il caos», il prossimo 8 settembre.Lo scenario dello scioglimento è quello auspicato anche dall’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, in una lunga intervista concessa a Le Figaro. Secondo lui «non ci sarà altra soluzione alternativa allo scioglimento» anche se Macron, con «la sua naturale inclinazione a prendere tempo», potrebbe «tentare ancora una volta di trovare un primo ministro» ma «questo non può funzionare». Per Sarkozy, il risultato di nuove elezioni legislative anticipate non sarebbe uguale a quello dell’anno scorso. «Sono convinto che la strategia del “fronte repubblicano” (le alleanze di vari partiti tra il primo e il secondo turno delle elezioni, per escludere l’Rn dai ballottaggi, ndr) non funzionerà una seconda volta» ha detto l’ex capo dello Stato. In ogni caso, se anche le sinistre, la destra moderata dei Républicains, i macronisti e i loro alleati dovessero accordarsi tra i due turni, secondo Sarkozy «i francesi non seguiranno coloro che proporranno» queste intese. Secondo un sondaggio Ifop-Le Figaro, se si andasse al voto Rn otterrebbe al primo turno il 32-33%, le sinistre il 25% e i macronisti il 14-15%, in calo di 4-5 punti percentuali. Nel dibattito sulla crisi politico-istituzionale francese, provocata dallo scioglimento anticipato dell’Assemblea nazionale da Macron, offeso per aver perso le Europee del 2024, è intervenuto anche un altro ex presidente: il socialista François Hollande. Sebbene già alla fine del suo mandato la Francia non se la passasse molto bene, Hollande non perde occasione per discettare sul futuro del Paese e dare consigli. Ieri, ad esempio, l’ex leader socialista si è stupito di come Macron «abbia potuto lasciar prendere a Bayrou una tale iniziativa», quella del voto di fiducia.E mentre Macron, Bayrou e i loro alleati si dimenano per cercare di evitare un aggravamento della crisi che sta attraversando la Francia, dai mercati, ieri è arrivata una nuova batosta. Per la prima volta dal 2011, ieri mattina, il tasso di interesse sul debito francese a 30 anni ha superato il 4,50%.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/mossa-disperata-di-macron-2673950129.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ma-intanto-si-prepara-la-via-duscita-nel-mirino-la-poltrona-di-ursula" data-post-id="2673950129" data-published-at="1756841730" data-use-pagination="False"> Ma intanto si prepara la via d’uscita. Nel mirino la poltrona di Ursula? Molti osservatori si stanno interrogando in merito alle ragioni della iperattività del presidente francese Macron sulla scena europea e internazionale. Per inquadrare lo scenario, basta ricordare il discorso pronunciato da Charles De Gaulle nel 1966, quando il primo presidente della Quinta Repubblica annunciò il ritiro della Francia dal comando unico integrato della Nato. «La volontà della Francia di disporre di sé stessa», affermò De Gaulle, «è incompatibile con una organizzazione di difesa dove il nostro Paese si ritrova in una posizione subordinata». Da quella data Parigi decise di iniziare un proprio programma di difesa, ivi compreso lo sviluppo dell’opzione nucleare, per affermare la propria sovranità.Sulla stessa falsariga, Macron oggi definisce la Nato come una organizzazione in pieno stato di morte celebrale - peraltro non senza qualche ragione - al di là dell’elettroshock di protagonismo dovuto alla vicenda ucraina. Sicuramente le prese di posizione del presidente Trump che chiede all’Europa di destinare più risorse alle spese militari prefigurano uno scenario futuro in cui i Paesi europei si trovino privi di efficaci strumenti di difesa e sicurezza. Ora, dato che la «grandeur» francese è una caratteristica che periodicamente riaffiora, eccola declinata oggi nell’idea che la Francia possa proporsi come perno di una architettura difensiva europea post americana. Per realizzare questo obiettivo Macron ha l’esigenza di individuare un nemico comune per provare a compattare il fronte europeo. Sono da leggere in questo senso le sue forti prese di posizione che indicano la Russia come minaccia esistenziale, la richiesta ad altri partner europei di inviare truppe in Ucraina e infine lo stesso accordo con Kiev per l’insediamento di imprese militari francesi in Ucraina. Va rilevato che questo sentimento anti russo francese ha trovato un seppur cauto favore in diversi Paesi dell’Europa centro orientale, come dimostra il recente trattato firmato tra Parigi e Varsavia che prevede un piano di cooperazione e di mutua difesa, oltre che la facilitazione del transito di truppe sul territorio polacco. Chi guarda con ottimismo questo progetto pensa che questa potrebbe essere la strada per dare finalmente una dimensione all’Europa togliendola dall’irrilevanza attuale. Chi invece non ripone fiducia nell’attivismo macroniano pensa che ciò serva solo a Parigi per ripristinare il rango internazionale della Francia e che «l’uso» dell’Europa sia strumentale, per dirla ancora con De Gaulle, «a riportare la Francia a prima di Waterloo, cioè quando era una potenza mondiale». Il percorso ovviamente non è privo di ostacoli, sia a livello europeo che interno alla politica francese. Il primo è rappresentato dal fatto che, mentre invoca una autonomia strategica e una difesa comune per l’Europa, Macron incappa in una lampante contraddizione perché tale autonomia presuppone avere un soggetto statuale unico, cosa che oggi l’Ue non è, fornito di una politica estera comune, cosa che oggi l’Europa non ha. Gli ostacoli interni vengono invece dalla una situazione economica e sociale francese davvero grave, tanto che il primo ministro ha proposto un «anno bianco» che peserà sui salari dei dipendenti pubblici e sulle pensioni. Di fronte a questo quadro la Francia è in subbuglio e il 18 settembre è stato previsto uno sciopero generale che probabilmente paralizzerà il Paese. Il debole governo Bayrou cerca di giocare d’anticipo, chiedendo la fiducia in Parlamento il prossimo 8 settembre, ma molti prevedono che la possibile caduta del governo avrà molte conseguenze imprevedibili ma una certa: le pesanti ricadute sul ruolo e l’immagine di Macron. L’impressione infatti è che a questa grandezza francese immaginata da Macron non credano più gli stessi francesi.Da qui una ipotesi che in alcuni ambienti parigini comincia a farsi largo, sostenuta da persone vicine al presidente, che gli consigliano il gesto eclatante delle dimissioni. Macron ha sempre categoricamente smentito questa eventualità, ma è difficile dire oggi cosa potrà succedere. Anche perché qualche osservatore malizioso ha cominciato ad avanzare un’altra ipotesi legata a ciò che potrà succedere in Europa nel 2027. In quell’anno si eleggerà in Germania il nuovo presidente della Repubblica federale, posto oggi occupato dal socialdemocratico Steinmeier. Il cancelliere Merz ha ipotizzato che a quella carica potrebbe essere candidata l’attuale presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.Nel 2027 terminerà anche il mandato di Macron: in politica non sempre uno più uno fa due, ma ipotizzare una sua possibile nomina alla carica lasciata da Ursula, con l’avallo tedesco e polacco, non sembra essere fantascienza.
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.