2018-12-14
Moscovici abbaia però i mercati non mordono
Il mastino Pierre Moscovici lancia la bordata: «Sulla manovra non ci siete ancora». Solo che i mercati credono più al negoziatore Giuseppe Conte che a lui e infatti lo spread cala. Ignorato pure dal governo, in serata si ritira: «Vostri sforzi consistenti» Nemmeno un saltellino dello spread. Nemmeno un sussulto della Borsa. Nemmeno una reazione piccata dall'Italia. Che ne so?, un tweet di Matteo Salvini, ovviamente dopo quello assai più rilevante con la tazza di caffè. Niente. Nemmeno un post su Facebook di Luigi Di Maio, dopo quello per denunciare furbetti con la targa straniera. Niente di niente. Le parole mattutine di Pierre Moscovici contro l'Italia sono cadute nel vuoto come un pensiero dentro la testa di Cicciolina. Il governo Conte non le ha commentate. I suoi colleghi della Commissione europea non le hanno prese in considerazione. E così alla fine della giornata non resta che il ricordo di un attacco andato clamorosamente a vuoto, come accade a certi bomber ormai bolsi quando provano a tirare la palla in porta. E invece la spediscono alle stelle. E dire che il bomber bolso Moscovici ce l'aveva messa tutta per cercare di far male all'Italia. Appena visto che le cose fra Giuseppe Conte e Jean Claude Juncker si erano messe per il meglio e che l'accordo fra Italia e Ue attorno alla nuova soglia del 2,04 sembrava vicino, se n'è uscito con una delle migliori interpretazioni da cowboy cattivo: «Il 2,04 per cento non basta, ancora non ci siamo», ha tuonato ieri di prima mattina. Aggiungendo poi, subito dopo, che invece la Francia può sforare tranquillamente il 3 per cento perché lo sforamento sarà «limitato» e «temporaneo». Parole studiate apposta per solleticare una doppia reazione: quella dei mercati e quella di chi è stanco di farsi prendere per i fondelli in nome dell'Europa. Epperò Monsieur Deficit ha fatto male i suoi conti. Non è la prima volta che gli capita del resto. Facendo male i conti quand'era ministro, infatti, ha portato la Francia quasi sull'orlo del fallimento. Ora, allo stesso modo, sta cercando di far fallire anche l'Europa. Ma ha sbagliato un'altra volta: non ha considerato infatti che la sua credibilità internazionale, negli ultimi mesi, è crollata assai più delle quotazioni delle Borse. Infatti i mercati finanziari hanno reagito alla sua uscita con una salomonica alzata di spalle (lo spread continua a scendere, ieri è arrivato a 267, la Borsa ha chiuso con segno positivo). E dall'Italia non è arrivata nemmeno una replica. Nemmeno una, così, tanto per dargli una soddisfazione, un contentino dopo tanto sforzo di cattiveria. Niente. Silenzio assoluto. E dire che ci sarebbero state molte cose da replicare a Moscovici. Come fa, infatti, il commissario dalla fronte inutilmente spaziosa a definire «temporaneo e limitato» lo sforamento al 3,4-3,5 per cento della Francia? Sono dieci anni, ormai, che la Francia sfora il rapporto deficit Pil. E quasi sempre è andata oltre il 3 per cento fissato da Maastricht. Come fa ad essere uno «sforamento temporaneo»? Come fa questo parametro a essere considerato accettabile? Come fa, soprattutto se allo stesso tempo non viene considerato accettabile il 2,04 dell'Italia? Si dice è colpa del debito: ma con le ultime misure annunciate da Emmanuel Macron il rapporto debito/Pil della Francia sfiorerà la soglia del 100 per cento, in termini assoluti diventerà il più alto d'Europa: possibile che Moscovici non se ne sia accorto? Strano, perché un pezzo di quel debito l'ha creato proprio lui… Su queste basi, in effetti, replicare a Moscovici sarebbe stato fin troppo facile. Quasi un invito a nozze. Ci si poteva immaginare un fuoco di fila di reazioni. E invece: niente. Quando ieri pomeriggio i giornalisti hanno fatto la domanda al premier Conte, a margine del nuovo round di incontri a Bruxelles, quest'ultimo ha fatto finta di non sentire. Salvini, nel frattempo, parlava dei Casamonica. Di Maio dello Spazzacorrotti Day. I sottosegretari? Tutti indaffarati in altro. I parlamentari di maggioranza? Distratti. Quelli di minoranza? Disinteressati. Così le parole di Moscovici hanno galleggiato tutto il giorno a mezz'aria senza nessuno che le prendesse davvero sul serio. Neppure i colleghi della Commissione europea, pare: infatti sono andati avanti dritti per la strada dell'accordo come se il commissario francese fosse come quello zio un po' suonato che scoreggia e rutta sempre fuori luogo. «La prossima volta non lo invitiamo più alla festa di compleanno». Ecco: la prossima volta credo che Moscovici non lo inviteranno più. Non c'è spettacolo più triste, infatti, di un cattivo che fa la figura del fesso. Uno che si arma, digrigna i denti e minaccia gli altri senza rendersi conto di avere in mano una pistola ad acqua. Povero Pierre: ha passato gli ultimi anni a costruirsi la fama di duro, non ha perso occasione per attaccare l'Italia, ne ha dette e fatte di tutti i colori per farci arrabbiare, e adesso fa quasi tristezza vederlo lì, che arranca nel nulla, come un criceto dentro la ruota, nella speranza vana di creare qualche danno in giro. Ieri è stato il suo fallimento. Non c'è riuscito per tutto il giorno. E così a sera quando qualcuno gliel'avrà fatto notare, quando pure lui si sarà mestamente accorto che tutte i suoi tentativi erano falliti, che i mercati gli avevano girato le spalle, gli italiani pure e i colleghi della Commissione non gli avevano dato corda per un piffero, è stato costretto a innestare la retro-marche come un Macron qualsiasi: «L'Italia ha fatto uno sforzo consistente», ha dichiarato infatti a mercati ormai chiusi. E le dichiarazioni del mattino? «Quando ho detto che non ci siamo ancora intendevo dire che non abbiamo ancora concluso la discussione». Sì, come no? Lui intendeva dire quello. E poi la Bella Addormentata si sveglia e il ranocchio diventa principe. In fondo, che c'è di male? Alle favole si può credere. È credere a Moscovici che è un po' più difficile ormai…
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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