Si comincia a fare la conta dei decessi non per il virus ma per la sua errata gestione: ritardi nelle cure e nelle visite, interventi chirurgici rimandati, carenza di risorse. Un problema a livello europeo. Che si è ripresentato, nelle fasce più giovani, dopo i vaccini.
Si comincia a fare la conta dei decessi non per il virus ma per la sua errata gestione: ritardi nelle cure e nelle visite, interventi chirurgici rimandati, carenza di risorse. Un problema a livello europeo. Che si è ripresentato, nelle fasce più giovani, dopo i vaccini.Piano piano, col senno del poi è sempre facile, qualche tabù viene sdoganato. In piena pandemia non era possibile dire che il lockdown stesse facendo più danni che benefici. Chi lo diceva veniva accusato di essere un negazionista. Nulla di più falso. Oggi, a quasi tre anni dall’inizio della diffusione del Covid-19, si fa la conta dei danni e in questo caso dei morti che, non solo il virus, ma anche la sua errata gestione si è portato dietro. Le chiamano extramortalità: decessi dovuti agli effetti diretti e indiretti della pandemia. A farne uno studio è l’Ats di Milano. Tra il capoluogo lombardo e Lodi, nel 2020 (quindi durante la prima ondata) i decessi sono stati 44.757, e cioè 11.780 in più rispetto alla media dei cinque anni precedenti. «La mortalità specifica per Covid-19 consente però soltanto una visione parziale dell’impatto dell’epidemia». Il quadro generale: «Le principali cause di decesso nel 2020 sono state le malattie dell’apparato cardiocircolatorio, seguite dalle neoplasie; le malattie infettive (compreso il Covid) rappresentano la terza causa. Negli anni precedenti, invece, le neoplasie rappresentavano la prima causa di decesso, seguite delle cause cardiocircolatorie, mentre il contributo delle malattie infettive era al 3 per cento». Insomma secondo i dati forniti ed elaborati da Ats ci sono stati 3.625 morti in più non determinati dal virus: da attribuire dunque agli effetti indiretti della pandemia. Le polmoniti sono aumentate del 30%, le malattie del sistema respiratorio del 24%, le malattie ipertensive del 21% e del 17% quelle endocrine. E ancora le malattie del sistema nervoso: i decessi collegati al Parkinson sono stati il 15 per cento in più. La salute dei milanesi è peggiorata in generale, si deduce dallo studio quindi. Secondo il report le cause di questo fenomeno sono da attribuire all’intasamento negli ospedali dovuto al Covid, alle visite di controllo e agli interventi chirurgici rimandati, alla carenza di risorse, dirottate nei reparti di malattie infettive, alla carenza di medici e operatori sanitari a causa delle quarantene e delle infezioni, ai medici di base che si rifiutavano di visitare, alla ritrosia delle persone nel farsi esaminare e infine alla difficoltà di spostamento. Dire che La Verità lo aveva scritto è troppo facile, ci sono edizioni su edizioni che lo possono provare. Questo studio però, porta a una riflessione in più, perché gli effetti della gestione pandemica si sono fatti sentire non solo durante la prima ondata, quando era facile e forse anche legittimo sbagliare, ma sono continuati anche dopo. Anche qui, alcuni numeri possono dimostrarlo. Our world in data, con un grafico, mostra come anche nel luglio del 2022 in Italia, ci siano stati il 36% dei decessi in più rispetto agli anni precedenti. Il 45% in Spagna, il 20% in Germania e il 19% in Francia. Paragonare i Paesi tra loro negli stessi periodi serve però fino a un certo punto, perché le ondate sono arrivate in momenti diversi e soprattutto ogni Stato ha adottato misure di contenimento diverse, alcuni ad esempio non ne hanno avute affatto e in alcuni casi, per assurdo, hanno avuto anche meno morti. Il dato complessivo lo fornisce l’Organizzazione mondiale della sanità che ha rilasciato delle stime dell’eccesso di mortalità negli anni della pandemia (2020/21) calcolando quasi 15 milioni di decessi in più in tutto il mondo. I morti di Covid totali invece, secondo Our world in data, sono stati sei milioni. Lo scarto con l’eccesso di decessi quindi è di almeno 9 milioni di morti. Sono molti gli Stati che cominciano a interrogarsi sugli effetti a lungo termine del lockdown e delle restrizioni dovute al Covid-19. Il Telegraph, quotidiano del Regno Unito, di recente ha pubblicato un articolo intitolato: «True impact of Covid on cancer patients revealed as excess deaths soar» (Il vero impatto del Covid sui malati di cancro si rivela con l’eccesso di mortalità). Anche qui, si dà la colpa alle mancate cure, ai mancati screening, alle diagnosi ritardate, i cui veri effetti, secondo gli esperti, li avremo solo tra qualche anno. Insomma non sarebbe finita qui, il peggio, sotto questo punto di vista deve ancora arrivare. Altro tema ancora, che varrebbe la pena di valutare, è quello dell’incremento delle morti tra i giovani nella seconda e terza fase della pandemia. A livello europeo per le fasce più giovani, l’eccesso di mortalità per gli anni 2021 e 2022 è stato molto più accentuato e irregolare rispetto al 2020. Colpiscono soprattutto le morti improvvise per problemi cardiaci o pressori. Allo stesso tempo, un ampio studio sulle miocarditi post vaccinazione anti-Covid a mRna ha concluso che l’infiammazione del muscolo cardiaco resta rara, ma più frequente nei giovani maschi, specie dopo la seconda dose di vaccino Moderna. Secondo gli autori del lavoro, pubblicato sul Cmaj (Canadian medical Association Journal), la tipologia di vaccino, l’età e il sesso dovrebbero quindi essere fattori da considerare. I ricercatori ci tengono a ribadire quanto il rapporto rischi-benefici del vaccino anti-Covid penda a favore dei benefici, tuttavia il tema non è stato mai davvero indagato a fondo. Forse è ora di farlo, se non altro per escludere che il vaccino c’entri qualcosa.
Andy Mann for Stefano Ricci
Così la famiglia Ricci difende le proprie creazioni della linea Sr Explorer, presentata al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, concepita in Patagonia. «Più preserveremo le nostre radici, meglio costruiremo un futuro luminoso».
Il viaggio come identità, la natura come maestra, Firenze come luogo d’origine e di ritorno. È attorno a queste coordinate che si sviluppa il nuovo capitolo di Sr Explorer, il progetto firmato da Stefano Ricci. Questa volta, l’ottava, è stato presentato al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, nata tra la Patagonia e la Terra del Fuoco, terre estreme che hanno guidato una riflessione sull’uomo, sulla natura e sul suo fragile equilibrio. «Guardo al futuro e vedo nuovi orizzonti da esplorare, nuovi territori e un grande desiderio di vivere circondato dalla bellezza», afferma Ricci, introducendo il progetto. «Oggi non vi parlo nel mio ruolo di designer, ma con lo spirito di un esploratore. Come un grande viaggiatore che ha raggiunto luoghi remoti del Pianeta, semplicemente perché i miei obiettivi iniziavano dove altri vedevano dei limiti».
Aimo Moroni e Massimiliano Alajmo
Ultima puntata sulla vita del grande chef, toscano di nascita ma milanese d’adozione. Frequentando i mercati generali impara a distinguere a occhio e tatto gli ingredienti di qualità. E trova l’amore con una partita a carte.
Riprendiamo con la seconda e conclusiva puntata sulla vita di Aimo Moroni. Cesare era un cuoco di origine napoletana che aveva vissuto per alcuni anni all’estero. Si era presentato alla cucina del Carminati con una valigia che, all’interno, aveva ben allineati i ferri del mestiere, coltelli e lame.
Davanti agli occhi curiosi dei due ragazzini l’esordio senza discussioni: «Guai a voi se me li toccate». In realtà una ruvidezza solo di apparenza, in breve capì che Aimo e Gialindo avevano solo il desiderio di apprendere da lui la professione con cui volevano realizzare i propri sogni. Casa sua divenne il laboratorio dove insegnò loro i piccoli segreti di una vita, mettendoli poi alla prova nel realizzare i piatti con la promozione o bocciatura conseguente.
Alessandra Coppola ripercorre la scia di sangue della banda neonazi Ludwig: fanatismo, esoterismo, violenza e una rete oscura che il suo libro Il fuoco nero porta finalmente alla luce.
La premier nipponica vara una manovra da 135 miliardi di dollari Rendimenti sui bond al top da 20 anni: rischio calo della liquidità.
Big in Japan, cantavano gli Alphaville nel 1984. Anni ruggenti per l’ex impero del Sol Levante. Il boom economico nipponico aveva conquistato il mondo con le sue esportazioni e la sua tecnologia. I giapponesi, sconfitti dall’atomica americana, si erano presi la rivincita ed erano arrivati a comprare i grattacieli di Manhattan. Nel 1990 ci fu il top dell’indice Nikkei: da lì in poi è iniziata la «Tokyo decadence». La globalizzazione stava favorendo la Cina, per cui la nuova arma giapponese non era più l’industria ma la finanza. Basso costo del denaro e tanto debito, con una banca centrale sovranista e amica dei governi, hanno spinto i samurai e non solo a comprarsi il mondo.





