2018-11-10
        Mortadella fa il leader dei migranti. A Modena il festival degli sbarchi
    
 
Non bastava la manifestazione afro di Cécile Kyenge. Anche Romano Prodi ha la sua kermesse emiliana: tre giorni di tavole rotonde per teorizzare che chi si oppone al «viaggio» non è umano al 100 per cento.No, a Modena evidentemente non bastava la kermesse di Cécile Kyenge per l'Afroitalian power initiative. Roba da dilettanti: serviva di più, un evento da professionisti. E allora ecco in programma (ieri, oggi e domani, quindi siete tutti in tempo per accorrere…) nientemeno che il Festival della migrazione. Obiettivo? «Restituire al migrante la dignità di essere umano, senza la quale nessuna delle sfide che ci attendono potrà trovare una giusta soluzione». Intanto però, a meno di nostri errori, non ci pare che si sia trovata una «giusta soluzione», nemmeno per coordinare o unificare i due eventi. L'ipotetico migrante in vena di convegni dove deve andare? Dalla Kyenge o al Festival concomitante? Sono interrogativi brucianti. Occhio a voi, però, che migranti non siete: siccome il titolo recita «Umani 100%», se per caso non andate gli (umanissimi) organizzatori potrebbero dirvi che siete umani solo al 50%, e se poi siete addirittura in dissenso dall'iniziativa, potreste perfino beccarvi una patente di disumanità. Chi organizza questo Festival? Magna pars è la Fondazione Migrantes, cioè l'organismo della Conferenza episcopale italiana che si occupa dei migranti, e in particolare della loro accoglienza: è una delle più poderose e capillari reti pro immigrazione. Coorganizzatrici sono l'Associazione Porta aperta e Integriamo. Ma non manca il patrocinio della Regione Emilia Romagna e del Comune di Modena, e il sostegno della Fondazione Cassa di risparmio di Modena. Tra chi contribuisce sono pure citate Conad, Coop Alleanza 3.0, Banca Bper, e la Fondazione Unipolis. Tra i media partner spicca Radio 3 Rai (immaginiamo l'entusiasmo di chi paga il canone, ma non condivide questo festival).Attenzione al Comitato scientifico, con la presidenza d'onore dell'ex premier Romano Prodi, che dunque svetta come «dominus» (politico e civile, si capisce) dell'operazione. Sterminato l'elenco dei soggetti aderenti: tutto l'associazionismo cattoimmigrazionista, ben in armonia con Arci, Cgil, Cisl, Uil, più Cna e Legacoop. Insomma, una bella «unione» (termine prodiano per antonomasia) di volontariato cattolico e laico (interessatissimo all'accoglienza), con corredo di sindacati e reti di sinistra. Andiamo a vedere alcuni di quelli che il sito definisce i «protagonisti». Ecco il dream team: don Erio Castellucci (arcivescovo di Modena), Vito D'Ettorre (inviato della tivù dei vescovi: il programma precisa che «è stato a bordo della nave umanitaria Aquarius»), don Giovanni De Robertis (direttore generale della Fondazione Migrantes), il suo predecessore Gian Carlo Perego (arcivescovo di Ferrara), l'inevitabile Ilvo Diamanti, l'assessore milanese Pierfrancesco Majorino, Edoardo Patriarca (storico portavoce del Forum del terzo settore), l'ex pluridirettore Rai e direttore della tivù dei vescovi Paolo Ruffini, l'onnipresente Carlotta Sami (portavoce dell'Agenzia Onu per i rifugiati), il direttore dell'Espresso, Marco Damilano, più una spolverata di ex uomini McKinsey e molti altri. Non va dimenticata la presenza (ad esempio, è menzionata tra i «protagonisti» l'avvocato Nazzarena Zorzella, tra i soci fondatori dell'organizzazione che stiamo per citare), l'Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione), protagonista di una fitta serie di ricorsi e azioni legali sui temi dell'immigrazione. Attenzione a ciò che si legge sul sito dell'associazione: «Le attività e i servizi di Asgi nel settore del diritto antidiscriminatorio sono finanziati dalla Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne onlus, dalla Tavola valdese e da Open society foundations». Avete riconosciuto l'ultima sigla? Ma sì, è la rete di fondazioni che fanno capo a George Soros. Non manca proprio nessuno all'appello, direttamente o indirettamente. E pure il programma non dimentica nulla. A parte le tavole rotonde dal titolo più ideologico (imperdibile quella sulla «criminalizzazione del viaggio e del migrante»: quindi, intuiamo, il problema non è lo scafista criminale, ma la criminalizzazione delle traversate), i lavori avvolgono tutti i settori sociali, per raccomandar loro come comportarsi: l'incontro con e sui media per mettere a punto la narrazione, quello con i giuristi per gli aspetti legali, quello con gli amministratori locali per perfezionare l'opera di accoglienza comune per comune, e così via. Il Festival pensa a tutto, pure allo sport («lo spogliatoio come modello di inclusione»): con il giornalista Matteo Marani, l'allenatore di pallavolo Julio Velasco, e i video di Roberto Mancini, Javier Zanetti e Lilian Thuram. E poi - recita la presentazione - «incontri, seminari, spettacoli, mostre, film, libri», fino (è scritto proprio così) al «pranzo dei popoli», per «conoscere una cultura attraverso il cibo».Significativa dell'atmosfera culturale dell'evento è la teorizzazione del «diritto al viaggio» (la presentazione coniuga tre verbi: «partire, arrivare, restare»). Quindi, entrare in un altro Paese non è l'atto di bussare a una porta e chiedere di essere accolti secondo le leggi e le tradizioni di quella nazione (pensate agli Stati Uniti, dove la concessione della cittadinanza è solo l'ultimo passo di un percorso lunghissimo e non scontato), ma un diritto. Punto e basta. Ve lo spiegano a Modena…
        Volodymyr Zelensky in piedi davanti a un sistema missilistico antiaereo Patriot durante la sua visita a un'area di addestramento militare in Germania dello scorso giugno (Ansa)
    
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