2025-08-05
Contro Orbán e la destra Usa Monti arruola i «liberali» che incarcerano i dissidenti
L’ex premier, stizzito da Trump e dal magiaro, invoca un’alleanza dell’Ue con Canada e Regno Unito. Dove si finisce licenziati o in cella se si criticano le politiche migratorie.Non è la prima volta che Mario Monti invoca un «coordinamento delle democrazie liberali». L’ex presidente del Consiglio, indignato dalla svolta dell’America di Donald Trump, ha rilanciato l’idea sul Corriere di ieri. A fine giugno, durante un intervento a Palazzo Madama, aveva già proposto un’«alleanza», benché «non in senso antagonista agli Usa». In effetti, più che a un improbabile cambio di regime Oltreoceano, la strategia del nostro rigorista mira a obiettivi interni all’Unione europea. Qui, ha scritto Monti, «si stanno manifestando forze politiche e addirittura governi che si sentono più vicini a varie forme di autocrazie o democrazie illiberali», tipo l’Ungheria di Viktor Orbán. Che volete: qualche incidente di percorso può capitare, quando le istituzioni di un Paese non sono - per usare un antico adagio del senatore a vita - «al riparo dal processo elettorale», come quelle dell’Ue. Soluzione: più tasse (sulle multinazionali e sul digitale), meno democrazia, con l’abolizione del diritto di veto in Consiglio. E, soprattutto, la lega degli Stati guidati da élite «che credono fermamente nella governance multilaterale della globalizzazione, che vedono i terribili e ormai incombenti danni arrecati dal cambiamento climatico, dalla distruzione della natura, dalla mancanza di un governo internazionale della sanità pubblica».Tra i paladini della democrazia liberale, l’economista bocconiano include anche Paesi extra Ue, a cominciare dal Regno Unito di Keir Starmer e dal Canada di Mark Carney, impegnato in un tenace confronto con Trump sui dazi. Eh già. Queste sì che sono democrazie liberali.Il puzzone magiaro ha provato a mettere al bando il gay pride e, per questo, è finito nella montiana lista nera dei reprobi. Avrebbe dovuto prendere esempio da Ottawa, dove un padre può essere condannato a 45 giorni di prigione (pena ridotta dai precedenti sei mesi) perché, essendosi opposto alla transizione di genere della figlia minorenne, continuava a riferirsi a lei in pubblico con i pronomi femminili. Meraviglie delle democrazie liberali. Ancor più «magnifiche e progressive», direbbe Giacomo Leopardi, sono le sorti degli inglesi. Al di là della Manica, Simon Pearson, un insegnante di 56 anni del Preston College, nel Lancashire, è stato appena licenziato per un post nel quale difendeva Lucy Connolly. La storia della quarantaduenne, moglie di un politico conservatore, sulla Verità ve l’abbiamo raccontata più volte: Connolly è stata condannata a 31 mesi di galera perché, sui social, aveva inneggiato alle espulsioni di massa dei migranti, aggiungendo che avrebbe dato fuoco a tutti i «fottuti hotel» in cui erano stati stipati i richiedenti asilo. «Se questo fa di me una razzista», aveva concluso, «pazienza». Le frasi erano state cancellate dopo poche ore, ma non abbastanza presto per evitare l’arresto e la sentenza. Peraltro, Connolly avrebbe subito delle percosse in carcere. Il professor Pearson, sulla sua pagina Facebook, ha definito «ovviamente sbagliati» i commenti della donna, ma ha avuto l’ardire di sostenere che «non avrebbe dovuto essere incarcerata» e che la sua vicenda è un tipico esempio di doppio standard politico. Apriti cielo: un rappresentante musulmano della Nation education union, un sindacato dei docenti, lo ha segnalato per islamofobia al college, che dopo un’indagine interna lo ha liquidato.Memorabile pure l’ultima trovata nella distopia laburista di Starmer: reclutare una squadra di superpoliziotti per monitorare i post contro l’immigrazione su Internet. Sembrerebbe che i campioni della democrazia liberale che piacciono a Monti abbiano letto George Orwell alla maniera di un manuale di istruzioni. Orbán, al confronto, è un dilettante. E pensare che, sempre nella democrazia liberale britannica, la sinistra, che censura e reprime chi critica l’invasione di stranieri, si vanta della lotta agli scafisti. Stanziando 100 milioni di sterline per assumere 300 agenti che dovrebbero monitorare le coste. Se continua così, diventerà un reato persino applaudire Starmer…Per spiegare gli apparenti paradossi bisogna riflettere, più che sulla dose di liberalismo che caratterizza i vari regimi politici, sull’importanza che per essi riveste la democrazia. I populisti ritengono che l’operato di un governo debba essere orientato dal consenso della maggioranza. Ineccepibile; dopodiché, resta sacrosanto il principio liberale per cui, allo scopo di evitare soprusi, le minoranze debbano godere di diritti inviolabili. Sull’altro lato della barricata, i fautori della «governance multilaterale della globalizzazione» e delle misure di mitigazione del cambiamento climatico, alla Monti, siano diventati allergici alla democrazia da quando il popolo sbaglia a votare. In realtà, alla maggior parte di loro interessa poco anche la libertà liberale, con la differenza che se i populisti radicali sono tentati di usare il potere per opprimere le minoranze, loro lo utilizzano per o censurare il buon senso delle maggioranze. Oppure, per istigarle. L’ex premier che tagliò i fondi alla sanità e oggi blatera di «governo internazionale della sanità pubblica», sulle colonne del quotidiano di via Solferino, ha bocciato i ristori per le aziende penalizzate dai dazi. Serve che paghino fino in fondo il fio per le «politiche sbagliate sul piano della dignità nazionale e prive degli sperati benefici concreti da “fedeltà” al più potente». Far incazzare gli imprenditori, istigandoli contro chi - Giorgia Meloni - ha voluto il negoziato con Trump anziché la guerra totale. Grazie, professore, per la bella lezione di democrazia liberale.