2019-06-02
«Molesta due bimbe»: arrestato pakistano. Si dichiarava gay e non l’hanno espulso
Avrebbe aggredito le piccine a Viterbo. Il tribunale di Firenze gli aveva concesso la protezione in quanto omosessuale «casto».Tubercolosi: a Rimini, nel giro di pochi giorni, tre infetti nella stessa scuola. Scoppia il panico.Lo speciale contiene due articoli.Non passa giorno senza che dalla cronaca più limacciosa emerga una edificante storia di immigrazione. Quella, orrenda, che stiamo per raccontare ha per protagonista Z, pakistano di 29 anni che lavora nell'agricoltura, arrestato dalla squadra mobile della polizia di Viterbo per aver molestato due ragazzine (poco più di bambine, in realtà) di 11 e 13 anni. La violenza, però, è solo il terribile finale della storia. Tutta questa vicenda va esaminata dall'inizio se si vuole capire quali siano i veri effetti dell'invasione migratoria che l'attuale governo ha iniziato ad arginare. Il nostro Z parte dal Pakistan nel 2012 e dopo un lungo percorso riesce a giungere in Libia. Da lì sale su un barcone e finalmente, nel 2014, approda in Italia, in Sicilia. Sceso dalla nave, viene condotto in Toscana, in un paese vicino a Piombino, e ospitato in un centro di accoglienza. Presenta subito domanda di asilo: chiede di essere riconosciuto come profugo. Purtroppo per lui, tuttavia, nel settembre del 2015 la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Firenze lo respinge. Z, secondo gli esaminatori, non è un profugo. Ovviamente, il pakistano non viene rispedito da dove è venuto, ci mancherebbe. Subito dopo il diniego decide di fare ricorso, e intanto rimane sul suolo italiano. A quanto pare, non ha nessuna intenzione di ritornare a casa propria. Ma come risolvere il problema della commissione che gli ha negato la protezione? Beh, una soluzione c'è. Al momento del secondo esame, la storia raccontata dal pakistano cambia, si fa più dettagliata, e si colora di arcobaleno. Z racconta di «aver lasciato il suo Paese in quanto picchiato e discriminato dalla comunità locale a causa della relazione omosessuale intrapresa in età adolescenziale» con un quasi coetaneo, anch'egli fuggito dal Pakistan e richiedente asilo. Davvero interessante. Scopriamo che il nostro Z è fuggito dall'Asia assieme a un altro uomo, a cui sarebbe legato. La relazione tra i due - dice Z - sarebbe iniziata nel 2008, «quando entrambi frequentavamo la scuola, nel nostro villaggio. Non abbiamo mai avuto rapporti sessuali, il nostro è un rapporto soltanto sentimentale». Già, i due pakistani sono innamorati, ma ci tengono a specificare: «Non abbiamo pensato ad avere rapporti sessuali, per una questione nostra personale». Curioso, non trovate? A che pro far mettere nero su bianco un dettaglio del genere? Forse i due uomini non vogliono fare brutta figura dichiarando di essere andati a letto insieme? In ogni caso, il racconto funziona. Nel 2017, il Tribunale di Firenze decide che, in quanto omosessuale perseguitato, Z debba ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato. Benvenuto in Italia, amico pakistano. Qui, a differenza di quanto avviene nel tuo Paese di fede islamica, gli omosessuali non sono perseguitati, anzi possono vivere in tutta libertà i loro amori. La storia potrebbe finire così, con i due giovani amanti che finalmente possono abbracciarsi in pace (ma niente di più). Peccato, però, che il nostro Z riemerga un paio d'anni dopo. Come dicevamo, lo hanno arrestato a Viterbo al termine di un'indagine iniziata ai primi di maggio dopo la presentazione di due denunce di molestie sessuali. Z, infatti, è accusato di aver aggredito due bambine di 11 e 13 anni, una italiana, l'altro proveniente da uno Stato membro dell'Ue. In entrambi i casi, le piccole sono state abbordate nel centro di Viterbo. Una stava tornando a casa da scuola, l'altra era nell'androne del suo palazzo. Il pakistano le ha avvicinate con la scusa di chiedere informazioni. Poi le ha ghermite e ha cominciato a palpeggiarle nelle parti intime. Per fortuna non ha potuto fare di più: in entrambe le occasioni le bimbe hanno cominciato a urlare, sono riuscite a fuggire e hanno raccontato tutto ai genitori. Le piccole, interrogate dalla polizia, hanno descritto perfettamente Z. Poi, a inchiodarlo, sono arrivati i filmati delle telecamere di sorveglianza posizionate nelle vie in cui sono avvenute le aggressioni. Ora, spiegano dal Viminale, «tenuto conto della gravità dei fatti, grazie al decreto sicurezza, verrà richiesta alla Commissione nazionale la revoca del permesso che comunque scade il 24 luglio 2019. Fatte salve le esigenze cautelari, il pakistano potrà essere espulso». Sempre fonti ministeriali fanno notare alcuni altri particolari interessanti. L'ordinanza che ha permesso a Z di restare in Italia «è del 5 aprile 2017: nel primo semestre di quell'anno il tribunale toscano aveva accolto l'87,5% dei ricorsi di chi non vuole lasciare l'Italia». Non solo: «È il tribunale in cui, ad agosto 2017, è stata istituita la sezione specializzata sull'immigrazione presieduta dalla dottoressa Luciana Breggia, relatrice della sentenza che ha escluso il Viminale dal giudizio sull'iscrizione anagrafica di un immigrato. La dottoressa Breggia», precisano ancora le fonti del ministero dell'Interno, «è il magistrato che ha partecipato a dibattiti con le Ong, ha presentato un libro contro i respingimenti e i porti chiusi e - in un dibattito sul tema Migranti alla frontiera dei diritti. Una questione storica-giuridica-culturale dell'8 aprile 2019 - ha sostenuto che “nessuno è clandestino sulla terra"». Eccola, l'edificante storia di «Z la risorsa». Più chiara non potrebbe essere. Solo un punto resta oscuro: ma se è gay e casto, perché molesta le ragazzine?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/molesta-due-bimbe-arrestato-pakistano-si-dichiarava-gay-e-non-lhanno-espulso-2638646091.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="in-un-anno-3-900-casi-di-tubercolosi-gli-stranieri-sono-il-62-dei-malati" data-post-id="2638646091" data-published-at="1757875730" data-use-pagination="False"> In un anno 3.900 casi di tubercolosi. Gli stranieri sono il 62% dei malati Secondo qualcuno in Italia il ritorno di alcune malattie come tubercolosi e scabbia non sarebbe legato all'immigrazione di massa. Ed è scoppiata subito una polemica con il ministro dell'Interno Matteo Salvini. Il protagonista è il direttore della Pediatria d'urgenza del Policlinico Sant'Orsola di Bologna, Marcello Lanari. Al settantacinquesimo congresso nazionale dei pediatri ha sostenuto che il Decreto sicurezza ha effetti negativi sui minorenni immigrati. La replica del ministro dell'Interno è stata molto dura: «Ovviamente nessuna legge, in Italia, mette e metterà mai in discussione il diritto alle cure sanitarie per tutti, tanto meno i minorenni. E il Decreto sicurezza è quindi citato a sproposito: gli stranieri con meno di 18 anni vanno subito in accoglienza e non possono nemmeno essere espulsi o affidati ad altri Paesi europei». Poi Salvini ha aggiunto: «Purtroppo l'Africa non ha le stesse condizioni igienico sanitarie di casa nostra, e infatti solo nel 2017 l'Italia ha avuto circa 3.900 casi di tubercolosi, di cui oltre il 60 per cento nella popolazione straniera. Già in un rapporto del 2008 sulla tubercolosi in Italia, pubblicato sul sito del ministero della Salute, si leggeva che nonostante l'incidenza si sia ridotta negli ultimi anni, la popolazione immigrata ha ancora un rischio relativo di andare incontro a Tbc che è 10-15 volte superiore rispetto alla popolazione italiana. Spesso gli immigrati sono anche più poveri della media: è anche per questo che abbiamo bloccato gli arrivi. Per anni», ha concluso Salvini, «ci siamo portati in casa gente che non aveva la possibilità di integrarsi, lavorare e vivere nel rispetto della legge e in condizioni dignitose. Questi sono i fatti, il resto è pura polemica politica. E infatti i dati danno ragione al ministro dell'Interno. Ecco quelli raccolti dal Sole 24 ore: nel 2016 il 62% delle nuove diagnosi di tubercolosi riguardava persone non native, mentre soli il 30% coinvolgeva gli italiani. Per il 2017, invece, i dati per l'Italia provengono dal sistema di notifica dei casi di tubercolosi del ministero della Salute e costituiscono il flusso informativo ufficiale, cui si fa riferimento per il monitoraggio dell'andamento della malattia in Italia. Sono stati notificati 3.944 casi di tbc, che corrispondono a un'incidenza nella popolazione di 6,5/100.000 abitanti, in leggero calo rispetto agli ultimi dieci anni. «Il 66,2 per cento dei casi», però, emerge dallo studio, «si è verificato in persone di origine straniera». Ma la coincidenza inquietante, neanche a farlo a posta, spunta da un focus dedicato, sempre dal ministero della Salute, alla regione Emilia Romagna: «La proporzione di casi in persone nate all'estero passa dal 27,9 per cento nel 1999 al 73,6 per cento nel 2016, anche se, a partire dal 2013 si osserva una diminuzione nel valore assoluto dei casi». Da quando è cominciata l'invasione dal Mediterraneo, insomma, l'incidenza è passata dal 27,9 al 73,6 per cento. Ma il monitoraggio sottolinea anche che «a partire dall'anno 2013 si osserva un forte aumento, soprattutto nel 2016, tra i nati nel continente africano, contestualmente a un calo tra i nati in Asia e nel continente europeo». Nonostante questi dati in Emilia Romagna ritengono che le emergenze siano altre. Non è un caso che sia la regione in cui i genitori che mandano a scuola figli non vaccinati vengono multati. Ha fatto scalpore, qualche settimana fa, il caso dell'ordinanza di Rimini che sanziona i presunti no vax. Nella stessa città, tuttavia, negli ultimi giorni si sono registrati ben tre casi ravvicinati di tbc nella stessa scuola. Colpita una bimba di 7 anni e due piccoli compagni. Tra i genitori della scuola è immediatamente scattato il panico, anche se l'Ausl ha cercato di rassicurare i cittadini sul fatto che la situazione sia sotto controllo.
Jose Mourinho (Getty Images)