2019-11-15
Mittal tira dritto: «A gennaio altiforni fermi»
Stop al primo già il 12 dicembre, poi seguiranno gli altri due. Smentita la sparata di Michele Emiliano, per cui c'era tempo fino a maggio. Romano Prodi e Giovanni Bazoli incontrano a Venezia il finanziere cinese Eric Li. Potrebbe entrare nella partita dell'acciaio, anche con lo Stato.In totale coerenza con le carte sbattute sul tavolo del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, i vertici di Mittal hanno prima comunicato il recesso del contratto, poi l'hanno depositato in tribunale. La settimana scorsa hanno stoppato l'arrivo delle navi al porto di Taranto, chiudendo di fatto il rubinetto degli approvvigionamenti e ora avviano la fermata degli altoforni.L'ad di Arcelor Mittal Italia, Lucia Morselli, ha incontrato ieri mattina le Rsu dello stabilimento tarantino e al tempo stesso ha smentito le notizie diffuse dalla Regione Puglia al termine dell'incontro di mercoledì scorso. Morselli avrebbe invece invece comunicato il piano di fermate degli altoforni: Afo 2 il 12 dicembre, Afo 4 il 30 dicembre e Afo 1 il 15 gennaio mentre verrà chiuso il treno a caldo tra il 26 e il 28 novembre per mancanza di ordini. La Rsu, sempre ieri mattina, ha chiesto in che prospettive ci si muove e se intendono fare dichiarazioni di esuberi, discussione che l'azienda ha rinviato al tavolo ministeriale che si terrà oggi. Il segretario generale Fim Cisl Marco Bentivogli è entrato nel dibattito spiegando che questo piano di fermate «modifica sostanzialmente le previsioni contenute nell'Aia (Autorizzazione integrata ambientale, ndr) pertanto l'azienda si dovrà confronterà con il ministero dell'Ambiente. È ormai chiaro», ha concluso, «che la situazione sta precipitando in un quadro sempre più drammatico che non consente ulteriori tatticismi della politica». Oggi Stefano Patuanelli, titolare del Mise, ospiterà al ministero l'incontro tra la Morselli e tutte le sigle sindacali. Aspettarsi però che Patuanelli tiri fuori dal cilindro qualcosa è al momento un atto di fede. Mentre le aziende si tengono in piedi con i capitali. Solo che questi ultimi e il governo giallorosso sono ormai in antitesi. In Italia però c'è una coppia che negli ultimi decenni è stata in grado di coniugare capitali e fede cattolica. Si tratta di Romano Prodi e Giovanni Bazoli. «Il 12 novembre, in qualità di presidente della fondazione culturale Cini, il banchiere bresciano ha accolto a Venezia il finanziere cinese Eric Li, fondatore e managing partner di Chengwei capital e amministratore fiduciario del China institute della fudan University», scrive il sito Lettera43. «Li è uno dei nuovi Amici di San Giorgio, la creatura della Cini che raccoglie soggetti disposti a investire nel suo funzionamento con un impegno triennale e rinnovabile, di 100.000 euro annui». Ad accompagnare Li da Bazoli è stato Prodi, che è anche presidente onorario del Taihu world cultural forum, una sorta di gemello della Cini. Invitare in Italia Li in queste ore è un segnale fortissimo al governo di Pechino. Il finanziere, ad esempio, ha offerto, appena dopo l'estate, un contributo alla London school of economics, ma il corpo docente si è opposto. Ha ritenuto Li troppo vicino al Pcc e un sostenitore ancora oggi dell'intervento armato a piazza Tiananmen. Il finanziere che è anche socio di un giornale (Guancha.cn), fa base a Shanghai e a quanto risulta alla Verità dopo aver dedicato molto tempo alla Silicon Valley starebbe per riposizionare i suoi capitali in Europa. Potrebbe anche dedicarsi alla old economy e organizzare una cordata interessata al rilancio dell'ex Ilva. Recentemente i cinesi sono entrati in un grosso impianto siderurgico in Serbia e hanno salvato British steel. Non dimentichiamo che settimana scorsa il numero uno di Intesa, Carlo Messina, aveva auspicato almeno come piano B la nazionalizzazione dell'Ilva «anche in contrasto con l'Europa». Allo Stato servirebbe però un partner terzo in grado di mettere un po' di soldi e la tecnologia. In questi giorni Prodi è più attivo che mai e mettere in pista Li sulla partita dell'acciaio chiuderebbe il cerchio dei desiderata ed eviterebbe la caduta del governo nel breve termine. Intanto ci sono le nomine da portare aventi e non è un fatto secondario. Anche qui il professore dell'euro è sul pezzo. Per la presidenza di Sace, controllata di Cdp, s'avanza il nome di Mauro Alfonso. Il manager è stato direttore generale di Dagong Europe, l'agenzia di rating cinese una decina d'anni fa vicina a Prodi. Se il nome per l'ad sarebbe abbastanza univoco, Edoardo Ginevra, per la presidenza si dovrebbe battere anche Rodolfo Errore, già membro del cda Sace e partner di Ey. Una figura gradita al mondo della ex Dc e pure a Massimo D'Alema che da tempo frequenta il numero uno di Ey Donato Iacovone. Adesso il presidente di Cdp è Giovanni Gorno Tempini storicamente attento alle istanze di Bazoli e Prodi. A sponsorizzare Errore e Alfonso sono sempre i 5 stelle, probabilmente ignari del contesto. Insomma, tutto si tiene. Se la finanza cattolica riuscirà poi a salvare l'Ilva occuperà gran parte delle poltrone delle partecipate pubbliche. Sace sarebbe solo l'aperitivo.
Julio Velasco e Alessia Orro (Ansa)
Rod Dreher (Getty Images)