2021-11-02
Giorgio Fanfani: «Mio papà Amintore piccolo grande uomo che intuiva il futuro»
Il figlio del patriarca dc: «Già nel 1974 disse: volete il divorzio? Sappiate che dopo verrà l'aborto. E poi le nozze tra omosessuali».Per Giorgio Fanfani, classe 1952, sesto dei sette figli di Amintore, patriarca della Democrazia cristiana fino alla dissoluzione del partito e poi senatore a vita, il 12 e il 13 maggio 1974 sono due giorni memorabili. Reclutato dal padre e dotato di matite e fogli con tabelle delle regioni italiane suddivise per Comuni, in quei frangenti ottemperava all'incarico di inserirvi i dati in aggiornamento provenienti dallo scrutinio delle schede su cui gli elettori erano stati chiamati a mettere una croce sul «sì», oppure sul «no», nel referendum che chiedeva loro se abrogare o mantenere la legge «Fortuna-Gaslini» del 1° dicembre 1970, istitutiva del divorzio. Il «Professore», appellativo acquisito per essere titolare della cattedra di Storia economica alla Cattolica, cui si affiancò quello, meno indulgente, coniato da Indro Montanelli, «Rieccolo», si era assunto l'onere di farsi condottiero del fronte antidivorzista. In quella consultazione vinse il «no» e, pertanto, la possibilità di rescindere il contratto matrimoniale permase, decisa dal 59% degli italiani chiamati ai seggi. L'allora segretario della Dc, nato a Pieve Santo Stefano (Arezzo) nel 1908, allievo di Alcide De Gasperi e don Luigi Sturzo, che fu tra i 75 della Costituente, 5 volte presidente del Consiglio, 5 presidente del Senato, 8 ministro, dovette prendere atto della débâcle. Anche Giorgio Fanfani ebbe di che dolersene. Tuttavia, quando decise che il suo primo matrimonio, con Laura Bernabei, figlia dell'ex-direttore Rai Ettore Bernabei, sposata nel 1975 e dalla quale ebbe 2 figli, doveva legalmente concludersi, si trovò dalla parte di coloro che al referendum si pronunciarono a favore del divorzio, che ottenne, per quanto quelle nozze siano state annullate, su istanza della moglie, dalla Sacra Rota. Ciò si verificò anche per il secondo matrimonio, purtroppo funestato dal dolore per la perdita dell'unico figlio Jacopo, deceduto nel 2010 a soli 17 anni, a causa di un tragico incidente a Roma, in corso Francia. Si risposò nel 2013, con Elena Ambrosio, «figlia di un commerciante di carni rapito dai Nap nel 1971, rilasciato con un riscatto di 500 quintali di carne da distribuire alle macellerie proletarie». «È un matrimonio felice, che spero prosegua per moltissimi anni…», aggiunge.Estenuato da un'Italia «la cui economia, dal 2010, stava andando a rotoli» e indignato per una politica che definisce «stracciona», ricordando quanto sosteneva suo padre («Non è obbligatorio far politica. Essere competenti sì. Per questo un politico deve avere alle spalle una professione, per esser libero di dimettersi in qualsiasi momento senza cedere a compromessi»), nel 2014, con la consorte, si è trasferito a Gammarth, un centro balneare a nord di Tunisi, dove detiene la Fanfani international consulting, società di consulenza per l'internazionalizzazione delle aziende. Dallo Stato italiano percepisce una pensione, avendo ricoperto, dopo la laurea in giurisprudenza con specializzazione in diritto aerospaziale alla Mac Gill di Montreal («Alitalia non mi assunse perché figlio di Fanfani») ruoli di top management in Star, Eni, Telemontecarlo pubblicità, Seat pagine gialle. Il rapporto con il padre non ha mai subito incrinature e su di lui sta scrivendo un libro. Amintore Fanfani era un padre autoritario?«Non era autoritario, ma rigidissimo. Bisognava obbedire e rispettare le regole. Entrava in stanza da letto alle 7 meno un quarto e, anche in pieno inverno, spalancava le finestre dicendo: “Svegliati poltrone! Mettiti a studiare!". La sera niente cinema o altro. Si ascoltava musica e poi a letto. Fare 15 mesi di militare per diventare ufficiale di aeronautica per me è stato come andarmene di casa. Prendevo 187.000 lire al mese e nel giro di 6 mesi mi acquistai una 500. La sera prima del matrimonio con Laura Bernabei gli chiesi se potevo uscire con lei. Andando a leggere in salone, disse: “No. L'accompagni e poi torni. Da domani sarai capofamiglia". Insistetti, ma non ci furono santi. D'altra parte, quando nonno Beppe partì per la prima guerra mondiale, mia nonna lo nominò, essendo il primo di 9 figli, capofamiglia, con il compito di leggere ogni sera a tutti le cronache belliche sul giornale. Aveva 8 anni».Nella campagna del referendum sul divorzio, si assunse l'impegno di farsi promotore del «sì», mentre i suoi colleghi Dc, come Mariano Rumor, Aldo Moro e Francesco Cossiga, preferirono starsene dietro le quinte. Perché accettò la sfida?«Perché, pur sapendo benissimo che avrebbe perso, prima di tutto pensava fosse una cosa giusta. Inoltre s'impegnò per spirito di servizio e di obbedienza, poiché diede la sua parola al Papa».Come reagì quando dovette comunicargli l'avvio della procedura di divorzio dalla sua prima moglie?«Subito gli prese un colpo. Poi, come soleva fare, con il pollice della mano destra mi tratteggiò una piccola croce sulla fronte, dicendo: “Il Signore ti accompagni". Rispettò la mia scelta».E per i suoi fratelli e sorelle, com'è andata?«In ordine di età decrescente, Annamaria è sposata con una figlia, Maria Grazia sposata con due figli e ora vedova, Marina sposata con 2 figli, vedova, Alberto, professore di entomologia, è celibe e vive in campagna dedicandosi a coltivare orchidee, Benedetta sposata con tre figli, Cecilia sposò il conte Andrea Volpe ed è vedova». Sua madre, Biancarosa Provasoli, mancò nel 1968. Nel 1975, suo padre sposò Maria Pia Tavazzani. Come reagiste voi figli, di fronte a questa sua scelta?«Sono stato l'unico dei 7 figli ad aver accettato le sue seconde nozze. Mi sono battuto con le mie sorelle, dicendo loro: “Voi mettete in dubbio il fatto che nostro padre, che nel '61 fu ricevuto da John Kennedy, il quale lo definì un piccolo grande uomo, artefice del miracolo economico italiano, non sia in grado di scegliere quale direzione dare alla propria vita?". La maggior parte delle mie sorelle non ha mai voluto parlare con Maria Pia. Mio padre ha sempre apprezzato questa mia presa di posizione».Qualora in Italia non fosse stato introdotto il divorzio, secondo lei le coppie unite in matrimonio durerebbero di più?«Ci sarebbe un numero esponenzialmente maggiore di corna. Prima, d'altra parte, quando le cose non funzionavano più, si separavano di fatto». Con i brevi tempi oggi concessi per divorziare, il matrimonio non rischia di diventare una sorta di prodotto usa e getta?«Dico solo che per il primo divorzio ci sono voluti 3 anni. Se i tempi sono troppo lunghi contribuisci al maggior dissesto della famiglia. Con 3 anni di costrizione devi ringraziare il Padreterno se non ci scappa il morto». Un acerrimo critico della Dc, Pier Paolo Pasolini, era contrario sia al divorzio sia all'aborto. In un comizio a Catania del 26 aprile 1974, a pochi giorni dal referendum, suo padre inveì: «Volete il divorzio? Allora dovete sapere che dopo verrà l'aborto. E dopo ancora, il matrimonio tra omosessuali. E magari vostra moglie vi lascerà per scappare con la serva!».«Fu un discorso celebre. Avete visto che quelle parole si sono avverate? Mio padre era dotato di grande capacità di intuire il futuro».Quale giudizio esprime circa il suo operato politico?«Vorrei fosse ricordato come il più grande riformatore dell'Italia repubblicana. Come ministro dell'agricoltura fece espropriare terreni ai latifondisti creando la piccola proprietà contadina e, con il Piano casa, spiazzò il Pci facendo costruire 630.000 alloggi, stimolando lavoro nell'edilizia e dandoli in affitto con possibilità di riscatto a coloro che uscivano impoveriti dalla guerra. Portò inoltre l'energia elettrica a un costo accessibile per tutti, istituì la scuola media obbligatoria e gli istituti tecnici».Nel 1962, Fanfani costituì il primo governo di centrosinistra, con il favore, tra gli altri, di Moro e l'astensione dei socialisti. Moro, tuttavia, si spinse oltre e ciò gli costò caro.«Fra i due c'era grande rispetto. Ma la loro visione delle cose era abissalmente diversa. Moro era un visionario e immaginava quasi una fusione tra Dc e Pci. Mio padre gli diceva: “Fidati, ti parlo da economista. In tutto il mondo la dottrina comunista si è rivelata fallimentare". Infatti, anni dopo, cadde il muro di Berlino». Durante i 55 giorni del sequestro Moro, suo padre fu l'unico democristiano a non appoggiare la linea della fermezza.«Furono in due a non condividerla. Mio padre e Bettino Craxi. Ricordo che in quei giorni s'incontrarono varie volte a casa di Ettore Bernabei in via Vincenzo Tiberio per decidere il da farsi. Mio padre, temendo di essere notato, si nascondeva in auto sotto una coperta e io guidavo fino al garage di Bernabei». Fanfani era a conoscenza di alcuni segreti della Prima Repubblica?«Se si riferisce ai livelli di conoscenza che qualunque Presidente del consiglio deve avere, certamente sì. Tuttavia racconto un episodio. Dopo che, nel 1987, mio padre fu nominato ministro dell'Interno nel governo Goria, si presentò nel suo ufficio Broccoletti (Maurizio Broccoletti, ex capo della divisione amministrativa del Sisde, finito in carcere nel 1993 per i fondi neri del servizio segreto, ndr), intenzionato a consegnargli una busta contenente 100 milioni di lire ad appannaggio mensile dei capi del Viminale e da utilizzare a loro discrezione per questioni top secret. Gli intimò:“Esca immediatamente, altrimenti faccio chiamare capo di Gabinetto e Polizia e la faccio arrestare". Ma altri ministri dell'Interno, che fecero?».A differenza di parecchi suoi colleghi di partito, suo padre non fu mai inquisito. Come reagì alla dissoluzione della Dc, nel 1992 travolta da Tangentopoli?«Papà si chiuse in un mutismo assoluto. Non volle più vedere nessuno, si ammalò e, dopo qualche anno, nel 1999, morì». Che lei sappia, capitò che la fede di suo padre abbia vacillato?«Mai. La sua fede è stata inossidabile»E la sua?«Mi ritengo cattolico a modo mio. Ho perso anche un figlio. Non vado a messa ogni domenica, ma quando vedo una chiesa aperta, entro e prego, prego molto. Forse Dio mi fulminerà, ma non credo nell'inferno che, semmai, è su questa terra. Se il Papa mi sente, mi scomunica…».
Ecco #DimmiLaVerità del 16 ottobre 2025. Ospite il deputato della Lega Davide Bergamini. L'argomento del giorno è: "La follia europea dei tagli all'agricoltura e le azioni messe in campo per scongiurarli".