2021-09-06
Al ministero della Salute almeno
si parlano?
Pierpaolo Sileri e Roberto Speranza (Ansa)
Avendo già dato grande prova di sé durante un anno e mezzo di pandemia, Roberto Speranza si è messo in testa di vaccinare il mondo. Lo ha annunciato lui stesso, in un'intervista al Corriere della Sera nella quale, dopo aver premesso di «voler restare umile», afferma che ha intenzione di farsi promotore del «Patto di Roma», ovvero del piano per vaccinare gli abitanti del pianeta. Il cronista del quotidiano di via Solferino, a questo punto si è chiesto: un titolo a effetto o un obiettivo possibile? E il nostro, fino a pochi anni fa assessore all'urbanistica di Potenza, ha replicato senza la minima esitazione: «I Paesi più ricchi e forti si faranno carico di costruire una campagna di vaccinazione estesa a tutte le nazioni». Ovvio, no? C'è forse da dubitarne? Si dà il caso che al momento nel mondo, le persone che sono state sottoposte alla prima e seconda dose del farmaco anti Covid risultino di poco superiori al 27% e dunque rimangano da vaccinare «solo» un po' più di cinque miliardi di persone: fatti due conti, si può capire quanto costi e quanto tempo ci voglia. Ma i numeri non sono cosa che spaventi il nostro ministro della Salute il quale, come è a tutti noto, nel settembre di un anno fa diede alle stampe un libro in cui celebrava la sua battaglia contro l'epidemia e soprattutto il ruolo decisivo avuto nella costruzione di un'alleanza europea nella ricerca e nella produzione di un siero anti virus, culminata poi nell'intesa con Astrazeneca, il farmaco ritenuto «più promettente».Speranza non è uomo che si tiri indietro. Dunque, oltre che all'intesa con i grandi del mondo, egli pensa anche a ciò che sta accadendo nel nostro Paese, in particolare a quelle sacche di resistenza al vaccino che, nonostante tutti gli appelli, non riescono a essere prosciugate dal suo ministero. E visto che i renitenti alla chiamata all'iniezione insistono, il ministro lancia un avvertimento che pare una minaccia: «Il vaccino è lo strumento per evitare nuove misure restrittive». Tradotto: o i dubbiosi si rassegnano a porgere il braccio e ad accettare l'inoculazione, oppure saremo costretti a richiudere o, peggio, a rendere obbligatorio il vaccino. «Se non si arriverà al 90% scatterà l'obbligo?», s'informa il giornalista. «Non darei cifre che non abbiano un fondamento scientifico. La scelta si farà in base a una somma di fattori, tra cui la forza della variante», risponde serafico il responsabile della Salute degli italiani. Ma come? Fino a ieri il governo e gli esperti annunciavano che era assolutamente inderogabile raggiungere il traguardo di 80 italiani vaccinati ogni 100, allo scopo di ottenere l'immunità di gregge, e ora che, secondo Mario Draghi e Francesco Paolo Figliuolo, siamo a un passo dalla meta, Speranza che fa? Alza l'asticella. L'80 non basta più, serve il 90, ma per non essere smentiti dai fatti, meglio non impiccarsi a una percentuale, perché poi magari anche il 90 non va più bene e serve il 100%. Anzi: il 110, come per le ristrutturazioni edilizie.Ma le minacce di Speranza (di questo infatti si tratta: o ti vaccini o ti rinchiudo, o ti vaccini o ti costringo a farlo con un'apposita legge, togliendoti i diritti civili, come propone qualche noto democratico) si scontrano con l'ottimismo del suo vice, ossia di Pierpaolo Sileri, il quale sostiene che non ci sia ragione di introdurre l'obbligo di vaccinazione, in quanto 43 milioni di italiani hanno già ottenuto una dose del farmaco. Sul Messaggero si chiede: «La facciamo (la legge per imporre l'iniezione coatta, ndr) perché la popolazione si sta vaccinando? Non avrebbe senso. Lo facciamo perché le persone a rischio non si vaccinano? No, non è così. In molte regioni quasi si sfiora il 100%». Insomma, Sileri non sa darsi ragione di questo dibattito intorno alla costrizione vaccinale . Ma soprattutto smentisce il suo capo, a dimostrazione che al ministero della Salute ci sono per lo meno due linee. E forse anche un po' di confusione. Speranza parla come se l'Italia stia per precipitare di nuovo nell'incubo dell'autunno scorso, Sileri invece dice che grazie al green pass potremo presto abolire mascherine e distanziamento sociale e magnifica i «vantaggi» del certificato vaccinale. Il primo ipotizza una terza dose (forse per non essere da meno di chi già vagheggia una quarta), il secondo mette in guardia da misure coercitive che, dice, potrebbero ottenere l'effetto opposto.Tuttavia, mentre si assiste a questo surreale dibattito e a un'emergenza che non trova riscontro nei numeri, segnalo che la Lombardia ha raggiunto livelli vaccinali pari a quelli della Danimarca. A parte la sostanziale differenza che la regione guidata da Attilio Fontana ha il doppio degli abitanti del Paese della Sirenetta, a Copenhagen si sono lasciati alle spalle mascherine, lockdown e allarmi, ritenendo di avere messo la situazione sotto controllo. Applicando le stesse regole dunque dovremmo fare altrettanto. Ma da noi, purtroppo, abbiamo Speranza, ovvero il vedovo inconsolabile dei Dpcm di Giuseppe Conte, un ministro che ancora rimpiange i bei tempi in cui si poteva rinchiudere tutti in casa, costringendo gli italiani ad ascoltare bollettini listati a lutto. Dunque, invece della speranza di un ritorno alla vita normale, ci tocca uno Speranza che ne minaccia una infernale.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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