2022-04-26
Al ministero di Cingolani chi comanda per davvero sono gli ecologisti rossi
I ruoli chiave del Mite in mano a uomini in quota dem e 5 stelle. Come Maria Carmela Giarratano, assai vicina a Nicola Zingaretti, e Rosaria Fausta Romano, stimata da Pier Luigi Bersani. Non a caso l’ex manager di Leonardo continua a dire no a carbone e trivelle.Il mandato di Mario Draghi a Roberto Cingolani è di prepararsi allo stop agli acquisti di gas russo entro l’autunno. Ma il ministro della Transizione ecologica, cui i grillini affidarono il compito di inseguire il sogno di un mondo con zero emissioni, non vuole sentir parlare di trivelle neppure in alto mare. Al solo pensiero di bruciare carbone riaprendo le centrali dismesse s’infiamma. «Finché non sarà necessario, non sarò io a farmi carico di una decisione che ci metterebbe contro tutto il mondo ambientalista», avrebbe detto in una riunione a Palazzo Chigi secondo un’indiscrezione pubblicata il 16 aprile da La Stampa. Quel mondo è dentro al suo ministero dove è anche la struttura di alti dirigenti a mettere in pratica la direttiva politica. Che al Mite arriva da bersaniani, 5 stelle e dirigenti molto «green» in alcuni casi ereditati dalla gestione precedente. E che resterà se Cingolani tornerà a fare il manager di Leonardo. L’attuale apparato è composto da tre dipartimenti, dieci direzioni più una unità di missione per il Pnrr con un capo dipartimento e due direzioni generali. L’organigramma è dunque assai complesso e, soprattutto, affollato. Il centro nevralgico è il gabinetto del ministro: alla guida c’è Roberto Cerreto, ex capo di gabinetto di Maria Elena Boschi al ministero delle Riforme e poi al timone del dipartimento per gli Affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi con il governo Gentiloni. Cerreto può contare sul vice vicario Nicolò De Salvo (che in passato è stato a capo prima della segreteria della commissione Ambiente e poi di quella della commissione Industria al Senato), e su altri due vice, Raffaello Sestini e Donato Luciano. Al gabinetto guidato da Cerreto fanno poi riporto altri sei uffici: quello legislativo guidato dal vice vicario Giovanni Di Scipio ma senza un capo, ancora da nominare; l’ufficio stampa e comunicazione guidato da Stefania Divertito (già responsabile dell’ufficio stampa con l’ex ministro dell’Ambiente, Sergio Costa) dove lavora anche la portavoce di Cingolani, Giuliana Palmiotta; l’ufficio del consigliere diplomatico Giuseppe Manzo (gradito ai renziani, è stato ambasciatore a Belgrado e Buenos Aires ma anche portavoce dell’ex ministro Giulio Terzi di Sant’Agata quando era alla Farnesina); la segreteria tecnica guidata da Renzo Tomellini, la segreteria guidata da Fulvio Mamone Capria (era capo segreteria dell’ex ministro Costa) e la segreteria particolare del ministro affidata a Roberta Laudazi. Distaccata da Cdp (dove si occupava della gestione delle relazioni con fondi sovrani e investitori internazionali), la Laudazi è la vera factotum di Cingolani insieme con un plotoncino di consulenti e consiglieri (molti di provenienza McKinsey).Ma al gabinetto del ministro riportano anche tre dipartimenti. E qui la rete si fa più politica. A capo del dipartimento Amministrazione generale, pianificazione e patrimonio naturale c’è Maria Carmela Giarratano, considerata vicino al Pd di Nicola Zingaretti ma anche gradita all’area ambientalista del partito. Sotto di lei, operano quattro direttori generali: Emma Stea guida Risorse umane e acquisti, Alessandro Modiano (ex consigliere della Farnesina al Cairo) dirige l’Attività europea e internazionale, Oliviero Montanaro (in quota M5s) il Patrimonio naturalistico e mare, mentre la direzione generale Innovazione e transizione digitale è in mano a Renato Grimaldi. Al ministero dal 1987 anno della sua costituzione, Grimaldi è considerato un dirigente della vecchia guardia ambientalista e ha un ruolo di primo piano nella scacchiera dei poteri del Mite. L’altro dipartimento, quello dello Sviluppo sostenibile, è capitanato da Laura D’Aprile, ex direttore Rifiuti al Comune di Roma con Virginia Raggi, legata ai 5 stelle per i quali si candidò al tempo delle selezioni a fare il ministro dell’Ambiente. La D’Aprile arriva dall’Ispra, l’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale, centro di raccolta di ricercatori e dirigenti che vanno dall’estrema sinistra alla sinistra moderata. A lei fanno capo tre direttori generali: Silvia Grandi per l’Economia circolare e Gianluigi Nocco per le Valutazioni ambientali, mentre a capo della direzione per l’Uso sostenibile suolo e risorse idriche c’è Giuseppe Lo Presti, ex dirigente della Via (Valutazione impatto ambientale), referente della Cgil al ministero nonché braccio destro di Renato Grimaldi. L’altro dipartimento, quello per l’Energia, è infine guidato da Rosaria Fausta Romano, detta Sara, storica dirigente del Mise ai tempi di Pier Luigi Bersani e assai stimata, pare, anche dal capo di gabinetto del premier, Antonio Funicello. A lei riportano la direzione generale Infrastrutture e sicurezza guidata da Mariano Grillo, la direzione Competitività ed efficienza energetica di Valeria Amendola (ex responsabile dell’energia dell’Antitrust, vicina a Paolo Gentiloni da quando era ministro delle Comunicazioni e lei era uno dei componenti del suo staff) e la direzione Incentivi ed energia guidata da Mauro Mallone, dirigente apprezzato sia da Pd sia dai 5 stelle. Ai dipartimenti si aggiunge, infine, l’unità di missione per il Pnrr. A capo c’è Paolo D’Aprile, manager della McKinsey, che per altro ha contribuito a scrivere il piano del Recovery. Sotto di lui, altre due direzioni generali: quella per la Gestione finanziaria, monitoraggio rendicontazione guidata da Giorgio Centurelli (che arriva dall’Agenzia per la coesione del Mef) e la direzione Coordinamento gestione progetti e supporto tecnico affidata a un ex dirigente del Mise (seguiva Pmi e made in Italy), Maria Benedetta Francesconi.