Minacce di morte contro il questore che mette al fresco i killer di Pamela

Tocca a Matteo Salvini - ad Ancona per iniziare la conquista delle Marche alle elezioni della prossima primavera - pronunciare parole di solidarietà per il questore di Macerata, Antonio Pignataro, bersaglio - ormai da quasi due anni - di continue minacce, anche di morte. Con lui ce l'hanno gli spacciatori, ce l'hanno i gestori dei negozi di cannabis light che (primo esponente delle istituzioni in Italia) ha fatto chiudere, ce l'ha con lui quel sottobosco che si nasconde dietro la movida universitaria e fa transitare da Macerata e provincia un fiume di droga. Con lui ce l'hanno, anche se non escono allo scoperto, i portabandiera dell'immigrazione incontrollata (con la quale da queste parti in parecchi hanno fatto buoni affari). Anche la sinistra guarda di traverso Pignataro. È un questore scomodo perché con gli arresti, i sequestri e la lotta dura contro i pusher extracomunitari ha rotto l'incantesimo della provincia di sinistra solidale e politicamente corretta. Ogni mese, da quasi due anni, sui muri di Macerata compaiono scritte del tipo: «Pignataro muori», «Pignataro mafia». Le ultime: «Pignataro uguale Casamonica», non sapendo che il questore, a Roma, è stato il primo nemico del clan. Paolo Arrigoni, senatore e commissario della Lega nelle Marche, ha dichiarato: «La Lega sostiene convintamente Pignataro». Forse non gli ha reso un buon servizio, perché dopo questa dichiarazione dal comune non è arrivato un fiato. Il sindaco Romano Caracini, peraltro accomunato a Pignataro in uno dei manifesti contro i «cacciatori di droga», tace. Continua a sostenere che a Macerata non ci sia un pericolo droga: sono le destre «ad alimentare la paura». Ciò che non va giù a Carancini - il Pd non lo ama più e sta per finire i suoi due mandati - è che dopo il delitto Mastropietro e il raid di Luca Traini la Lega sia passata dal 4% al 38% in città e abbia puntato l'indice contro una politica d'immigrazione - per anni - fuori controllo. La provincia di Macerata è terza in Italia per spaccio di droga e la Dia (Direzione Investigativa Antimafia) continua a scrivere nei rapporti che qui s'è radicata la mafia nigeriana. Le minacce contro Pignataro sembrano eterodirette, messe insieme da chi ha interesse a cacciare questa sentinella della legalità arrivata a Macerata dopo gli spari di Luca Traini, dopo l'orribile fine di Pamela Mastropietro.
Pignataro fu spedito in città per ristabilire l'ordine all'indomani di quel delirio. È arrivato il 12 febbraio del 2018, quattro giorni dopo che Andrea Orlando (Pd) allora ministro della Giustizia, nulla disse su Pamela, la diciottenne fatta a pezzi da Innocent Oseghale - nigeriano che sta scontando l'ergastolo - però in visita ai feriti impallinati da Luca Traini sentenziò: «Non ho sentito la solidarietà ai migranti». Pignataro ha agito col piglio di chi, fino al giorno prima, dirigeva a Roma la centrale nazionale antidroga. In meno di due anni ha fatto centinaia di arresti, sequestrato quintali di stupefacenti, scoperto che Innocent Oseghale dirigeva insieme a due suoi complici (Lucky Awelima e Desmond Lucky, prima comparsi poi espunti dall'inchiesta sulla Mastropietro) una vasta rete di spacciatori, tutti nigeriani. Lo disse appena arrivato, accolto da una sinistra speranzosa che invece si è trovata con un questore scomodo: «Dopo Pamela e Traini la città è cambiata, ma io non darò tregua agli spacciatori». E lo ha ribadito anche due giorni fa: «Nessuna minaccia può ostacolare il mio impegno contro lo spaccio e ogni forma d'illegalità. Tali scritte rappresentano un motivo maggiore al fine di salvare qualche giovane vita dalla tossicodipendenza ed evitare alle famiglie dolori e tribolazioni. Il male dei nostri giorni, lo dico con le parole del capo della polizia Franco Gabrielli, è l'indifferenza, per questo continuerò a svolgere il mio lavoro con disciplina e onore per tutelare le giovani generazioni». Uno degli obiettivi di Pignataro, che dopo l'indagine su Oseghale ha scoperto che a Macerata c'era un altro filone di narcotraffico gestito da nigeriani (12 arresti, tra cui anche un richiedente asilo, Happines Uwagbale, che si sospetta sia elemento di spicco del clan), è colpire gli spacciatori davanti a scuole e supermercati. Ci sono arresti ogni giorno. È uno stillicidio e uno schiaffo alla sinistra che governa la città. La prova? Quando Giorgia Meloni - a Macerata una settimana fa - ha lanciato la sua campagna antidroga, l'hanno accolta con cartelli di scherno sul caso della mafia nigeriana. Mentre sui muri dai Macerata nessuno ha ancora cancellato quelle scritte «Pignataro muori».






