
La zona della basilica di Sant’Ambrogio è tormentata dai cantieri M4 da ben 9 anni. I commercianti chiudono, mentre i grandi media coprono le inefficienze del sindaco.«Cantiere San Vittore, nove anni di carcere». Il cartello è veritiero e malinconico, una parte di Milano sta pagando una pena pesantissima per reati che non ha mai commesso, tranne quello di essersi fidata del sindaco Beppe Sala. A nove anni dall’apertura dei lavori per le stazioni centrali della M4, i treni sottoterra funzionano ma in superficie regna il caos. Ruspe, voragini, strettoie regolate da jersey, paratie che oscurano i negozi. Tutto questo nel cuore della città, a pochi metri dalla basilica di Sant’Ambrogio che dovrebbe essere simbolo di decoro e rispetto. Aperta la tratta 25 metri nel sottosuolo, Vanity Sala ha inaugurato il manufatto (era il 12 ottobre 2024), ha guadagnato le foto con la fascia tricolore sui media per l’imprescindibile narrazione da marketing urbanistico. E poi, come dicono da queste parti, «ha messo giù la lima». E si è meritato il secondo sfottò scritto in via San Vittore: «Sindaco vergogna, residenti e commercianti al collasso». Non si tratta di provocazione ma di disperazione: negli ultimi mesi nella zona più antica di Milano, una delle poche ancora a misura d’uomo, sette attività sono state costrette chiudere. Nel periodo di Natale (il più fruttuoso dal punto di vista commerciale) le aree erano infrequentabili. E, colmo della beffa, fino all’altroieri gli enormi cantieri appaltati a Webuild erano fermi. Così ieri mattina i negozianti del quartiere sono scesi in piazza a far sentire la loro voce. Una protesta civile e sobria com’è nello stile dei milanesi. Ma senza sconti. «L’obiettivo è capire perché il cantiere è fermo dal 19 dicembre», spiega Alessio Fusco, portavoce dell’associazione Asscom (Epam-Confcommercio). «Vogliamo avere un cronoprogramma dei lavori, siamo già stati penalizzati a sufficienza. Sentiamo parlare di primavera, addirittura di giugno. Dopo nove anni». La metropoli tascabile alla base di ogni sviolinata modaiola promossa dalla giunta pseudo-green ha certamente altri problemi che fotografano il fallimento del Sala 2: le baby gang, la violenza e la disperazione degli immigrati, le periferie degradate, l’inquinamento fuori controllo nonostante la guerra agli automobilisti, i buchi di bilancio, la surreale questione San Siro, gli scandali edilizi. Ma i cittadini in piazza a due passi da Sant’Ambrogio e dall’Università Cattolica sono il presepe vivente del grande inganno, quello che divide la realtà dallo storytelling che piace alla sinistra radical. Da San Babila a Sant’Ambrogio è tutto un cantiere: macerie al parco delle Basiliche, in zona Vetra, alla fermata Sforza Policlinico dove il collegamento della M4 con la M3 (300 metri) è di là da venire.A difesa degli esercizi commerciali si è schierata Confcommercio. Ieri il segretario Marco Barbieri ha chiesto a Sala «un nuovo bando per destinare risorse alle imprese danneggiate. Anche perché la fine dei lavori in superficie è tutt’altro che chiara. Le imprese non possono restare appese a tempistiche indefinite, ormai è una questione di sopravvivenza. Non dare certezze a chi lavora è il danno maggiore. Ci rendiamo conto che le risorse sono poche ma in situazioni eccezionali servono risposte eccezionali».Tutto questo avviene nel silenzio dei grandi media, in posizione scendiletto davanti al Vanity sindaco. Anche le pagine Facebook e Instagram dedicate ai quartieri sono avvolte dal mutismo. Il motivo è semplice: sono controllate militarmente da consiglieri del Pd che impediscono ai cittadini di discutere sui temi scomodi. Quindi a Milano tutto è meraviglioso e splendente. È curioso che i dem si lamentino per la decisione di Mark Zuckerberg di bypassare le censure, visto che a Milano continuano a imporre le loro.
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.
Donald Trump (Ansa)
La Corte Suprema degli Stati Uniti si appresta a pronunciarsi sulla legittimità di una parte dei dazi, che sono stati imposti da Donald Trump: si tratterà di una decisione dalla portata storica.
Al centro del contenzioso sono finite le tariffe che il presidente americano ha comminato ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa). In tal senso, la questione riguarda i dazi imposti per il traffico di fentanyl e quelli che l’inquilino della Casa Bianca ha battezzato ad aprile come “reciproci”. È infatti contro queste tariffe che hanno fatto ricorso alcune aziende e una dozzina di Stati. E, finora, i tribunali di grado inferiore hanno dato torto alla Casa Bianca. I vari casi sono quindi stati accorpati dalla Corte Suprema che, a settembre, ha deciso di valutarli. E così, mercoledì scorso, i togati hanno ospitato il dibattimento sulla questione tra gli avvocati delle parti. Adesso, si attende la decisione finale, che non è tuttavia chiaro quando sarà emessa: solitamente, la Corte Suprema impiega dai tre ai sei mesi dal dibattimento per pronunciarsi. Non è tuttavia escluso che, vista la delicatezza e l’urgenza del dossier in esame, possa stavolta accelerare i tempi.






