La fusione tra Cibus e Tuttofood darà vita alla più importante fiera agroalimentare al mondo. Primo nemico: gli alimenti sintetici. Coldiretti: «A rischio un quarto di Pil. Per fortuna l’84% dei nostri connazionali li boccia».
La fusione tra Cibus e Tuttofood darà vita alla più importante fiera agroalimentare al mondo. Primo nemico: gli alimenti sintetici. Coldiretti: «A rischio un quarto di Pil. Per fortuna l’84% dei nostri connazionali li boccia».Non di sola carne si nutre Frankenstein, ma anche di pesce e di latte, tutta roba prodotta in laboratorio. È stato questo il tema della prima giornata di Cibus-connetting Italia (si conclude oggi), la fiera dedicata ai soli operatori in cui si presentano le start-up e i prodotti innovativi dell’agroalimentare - ce ne sono esposti 500 tra cose che si mangiano, imballaggi e servizi - e che si tiene a Parma in alternanza con Cibus (la grande rassegna dell’agroalimentare). Dopo il disegno di legge approvato martedì dal consiglio dei ministri su proposta del dicastero per la sovranità alimentare guidato dal ministro Francesco Lollobrigida che vieta in Italia la produzione e vendita di cibi sintetici ricavati da cellule animali imponendo pesanti sanzioni, il mondo dell’agroalimentare rilancia sul made in Italy anche all’indomani della richiesta di inserire la cucina italiana – la più imitata, richiesta e consumata al mondo – nella lista Unesco del patrimonio mondiale dell’umanità. La Coldiretti, che contro la bistecca sintetica ha raccolto cinquecentomila firme, ha presentato ieri a Parma, dove ha dato luogo a un sit in di protesta-proposta per la difesa del cibo «naturale», un sondaggio realizzato col Censis secondo cui l’84% degli italiani si dichiara contrario all’idea di cibi prodotti in laboratorio, dalla carne al latte, dai formaggi al pesce, da sostituire a quelli coltivati in agricoltura». La Coldiretti ha anche fatto il punto sull’offensiva dei cosiddetti cibi Frankenstein – oggi in fiera esporrà i prodotti contraffatti che arrivano dalla Russia – e ha reso esplicito che non solo la Food & Drug administration americana ha sdoganato i polli sintetici e che l’Efsa – l’ente europeo che sorveglia la salubrità dei cibi e che per ironia geografica ha sede a Parma – probabilmente autorizzerà entro l’anno in Europa i cibi prodotti dalla clonazione di cellule staminali, ma ha aggiunto che mentre in Danimarca si sta producendo il latte sintetico, in Germania sono già pronti con i pesci e il sushi costruiti in laboratorio. Ci sono i bastoncini di sostanza ittica coltivati in vitro senza aver mai neppure visto il mare. La società tedesca Bluu Seafood, impegnata nel progetto, promette di ricreare in laboratorio la carne di salmone atlantico, trota iridea e carpa, partendo da cellule coltivate e arricchite di proteine vegetali. Si tratta di un enorme mercato potenziale visto che gli italiani mangiano circa 28 chili di pesce a testa, sopra la media europea che è di 25. L’offensiva dei cibi sintetici rischia di avere conseguenze sul sistema economico dell’agroalimentare che proprio a Cibus-connecting ha sancito il record di export per 60,7 miliardi di euro. È un sistema che muove complessivamente 580 miliardi di euro di valore della filiera agroalimentare nazionale. Secondo Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, «il Made in Italy a tavola messo a rischio dalla diffusione del cibo sintetico vale quasi un quarto del Pil nazionale e, dal campo alla tavola, vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740.000 aziende agricole, 70.000 industrie alimentari, oltre 330.000 realtà della ristorazione e 230.000 punti vendita al dettaglio e 10.000 agricoltori in vendita diretta con Campagna Amica. Ringraziamo perciò il governo per aver accolto il nostro appello a fermare una pericolosa deriva che mette a rischio il futuro della cultura alimentare nazionale, delle campagne e dei pascoli e dell’intera filiera del cibo Made in Italy e la stessa democrazia economica». Così appare strano che ci sia qualcuno come Giordano Masini di +Europa che a fronte del provvedimento preso dal governo contro i cibi sintetici afferma: «Invece di salutare una nuova potenziale opportunità di sviluppo, che magari potrebbe far nascere nuove imprese e nuovi posti di lavoro, il governo si affretta a vietarla preventivamente, immaginando rischi per la salute che nessuno ha mai dimostrato». Peraltro è un parere abbastanza diffuso tra i difensori della tecnologia senza se e senza ma. Certo non condiviso dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni che ha annunciato di volere portare in Italia una discussione su questi temi tra i leader europei e martedì a margine del consiglio dei ministri, scendendo tra i ragazzi della Coldiretti che avevano organizzato un flash mob sotto palazzo Chigi, ha commentato: «Non potevamo che festeggiare con i nostri agricoltori un provvedimento che pone l’Italia all’avanguardia, sul tema non solo della difesa dell’eccellenza, materia per noi particolarmente importante, ma anche sul tema della difesa dei consumatori».Da Parma arriva anche un’altra spinta al sostegno del primo comparto economico nazionale. Cibus-connetting è la prova generale dell’accordo tra Fiere di Parma e Fiera di Milano che si mettono insieme per fondere Cibus (la rassegna dell’industria del cibo) e Tuttofood (la fiera del buono d’Italia) e creare un’alternativa all’Anuga che si tiene a Colonia in Germania e che è considerata la più importante rassegna al mondo per l’agroalimentare. La partnership si è realizzata con l’ingresso di Fiera Milano nel capitale di Fiere di Parma come secondo azionista privato con il 18,5% del capitale dopo Credit Agricole, che è primo azionista con il 26,44% del capitale. Restano nel capitale di Fiere di Parma tutti gli alti soggetti pubblici e privati. L’intento è quello di mettere in sinergia le due manifestazioni rivolte all’agroalimentare per trasformarle in una vetrina di livello mondiale dove la produzione italiana possa vedere sancita la propria leadership.
Agostino Ghiglia e Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
Il premier risponde a Schlein e Conte che chiedono l’azzeramento dell’Autorità per la privacy dopo le ingerenze in un servizio di «Report»: «Membri eletti durante il governo giallorosso». Donzelli: «Favorevoli a sciogliere i collegi nominati dalla sinistra».
Il no della Rai alla richiesta del Garante della privacy di fermare il servizio di Report sull’istruttoria portata avanti dall’Autorità nei confronti di Meta, relativa agli smart glass, nel quale la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci punta il dito su un incontro, risalente a ottobre 2024, tra il componente del collegio del Garante Agostino Ghiglia e il responsabile istituzionale di Meta in Italia prima della decisione del Garante su una multa da 44 milioni di euro, ha scatenato una tempesta politica con le opposizioni che chiedono l’azzeramento dell’intero collegio.
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Imagoeconomica)
La direttiva Ue consente di sforare 18 volte i limiti: le misure di Sala non servono.
Quarantaquattro giorni di aria tossica dall’inizio dell’anno. È il nuovo bilancio dell’emergenza smog nel capoluogo lombardo: un numero che mostra come la città sia quasi arrivata, già a novembre, ai livelli di tutto il 2024, quando i giorni di superamento del limite di legge per le polveri sottili erano stati 68 in totale. Se il trend dovesse proseguire, Milano chiuderebbe l’anno con un bilancio peggiore rispetto al precedente. La media delle concentrazioni di Pm10 - le particelle più pericolose per la salute - è passata da 29 a 30 microgrammi per metro cubo d’aria, confermando un’inversione di tendenza dopo anni di lento calo.
Bill Gates (Ansa)
Solo pochi fanatici si ostinano a sostenere le strategie che ci hanno impoverito senza risultati sull’ambiente. Però le politiche green restano. E gli 838 milioni versati dall’Italia nel 2023 sono diventati 3,5 miliardi nel 2024.
A segnare il cambiamento di rotta, qualche giorno fa, è stato Bill Gates, niente meno. In vista della Cop30, il grande meeting internazionale sul clima, ha presentato un memorandum che suggerisce - se non un ridimensionamento di tutto il discorso green - almeno un cambio di strategia. «Il cambiamento climatico è un problema serio, ma non segnerà la fine della civiltà», ha detto Gates. «L’innovazione scientifica lo arginerà, ed è giunto il momento di una svolta strategica nella lotta globale al cambiamento climatico: dal limitare l’aumento delle temperature alla lotta alla povertà e alla prevenzione delle malattie». L’uscita ha prodotto una serie di reazioni irritate soprattutto fra i sostenitori dell’Apocalisse verde, però ha anche in qualche modo liberato tutti coloro che mal sopportavano i fanatismi sul riscaldamento globale ma non avevano il fegato di ammetterlo. Uscito allo scoperto Gates, ora tutti possono finalmente ammettere che il modo in cui si è discusso e soprattutto si è agito riguardo alla «crisi climatica» è sbagliato e dannoso.
Elly Schlein (Ansa)
Avete presente Massimo D’Alema quando confessò di voler vedere Silvio Berlusconi chiedere l’elemosina in via del Corso? Non era solo desiderare che fosse ridotto sul lastrico un avversario politico, ma c’era anche l’avversione nei confronti di chi aveva fatto i soldi.
Beh, in un trentennio sono cambia ti i protagonisti, ma la sinistra non è cambiata e continua a odiare la ricchezza che non sia la propria. Così adesso, sepolto il Cavaliere, se la prende con il ceto medio, i nuovi ricchi, a cui sogna di togliere gli sgravi decisi dal governo Meloni. Da anni si parla dell’appiattimento reddituale di quella che un tempo era la classe intermedia, ma è bastato che l’esecutivo parlasse di concedere aiuti a chi guadagna 50.000 euro lordi l’anno perché dal Pd alla Cgil alzassero le barricate. E dire che poche settimane fa la pubblicazione di un’analisi delle denunce dei redditi aveva portato a conclusioni a dir poco sor prendenti. Dei 42,6 milioni di dichiaranti, 31 milioni si fanno carico del 23,13 dell’Irpef, mentre gli altri 11,6 milioni pagano il resto, ovvero il 76,87 per cento.
In sintesi, il 43 per cento degli italiani non paga l’imposta, mentre chi guadagna più di 60.000 euro lordi l’anno paga per due. Di fronte a questi numeri qualsiasi persona di buon senso capirebbe che è necessario alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio, evitando di tartassarlo. Qualsiasi, ma non i vertici della sinistra. Pd, Avs e Cgil dunque si agitano compatti contro gli sgravi previsti dal la finanziaria, sostenendo che il taglio dell’Irpef è un regalo ai più ricchi. Premesso che per i redditi alti, cioè quello 0,2 per cento che in Italia dichiara più di 200.000 euro lordi l’anno, non ci sarà alcun vantaggio, gli altri, quelli che non sono in bolletta e guadagnano più di 2.000 euro netti al mese, pare davvero difficile considerarli ricchi. Certo, non so no ridotti alla canna del gas, ma nelle città (e quasi sempre le persone con maggiori entrate vivono nei capoluoghi) si fa fatica ad arrivare a fine mese con uno stipendio che per metà e forse più se ne va per l’affitto. Negli ultimi anni le finanziarie del governo Meloni hanno favorito le fasce di reddito basse e medie. Ora è la volta di chi guadagna un po’di più, ma non molto di più, e che ha visto in questi anni il proprio potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Ma a sinistra non se la prendono solo con i redditi oltre i 50.000 euro. Vogliono anche colpire il patrimonio e così rispolverano una tassa che punisca le grandi ricchezze e le proprietà immobiliari. Premesso che le due cose non vanno di pari passo: si può anche possedere un appartamento del valore di un paio di milioni ma, avendolo ereditato dai geni tori, non avere i soldi per ristrutturarlo e dunque nemmeno per pagare ogni anno una tassa.
Dunque, possedere un alloggio in centro, dove si vive, non sempre è indice di patrimonio da ricchi. E poi chi ha una seconda casa paga già u n’imposta sul valore immobiliare detenuto ed è l’I mu, che nel 2024 ha consentito allo Stato di incassare l’astronomica cifra di 17 miliardi di euro, il livello più alto raggiunto negli ultimi cinque anni. Milionari e miliardari, quelli veri e non immaginati dai compagni, certo non hanno il problema di pagare una tassa sui palazzi che possiedono, ma non hanno neppure alcuna difficoltà a ingaggiare i migliori fiscali sti per sottrarsi alle pretese del fisco e, nel caso in cui neppure i professionisti sia no in grado di metterli al riparo dall’Agenzia delle entrate, possono sempre traslocare, spostando i propri soldi altrove. Come è noto, la finanza non ha confini e l’apertura dei mercati consente di portare le proprie attività dove è più conveniente. Quando proprio il Pd, all’e poca guidato da Matteo Renzi, decise di introdurre una flat tax per i Paperoni stranieri, migliaia di nababbi presero la residenza da noi. E se domani l’imposta venisse abolita probabilmente andrebbero altrove, seguiti quasi certamente dai ricconi italiani. Del resto, la Svizzera è vicina e, come insegna Carlo De Benedetti, è sempre pronta ad accogliere chi emigra con le tasche piene di soldi. Inoltre uno studio ha recentemente documentato che l’introduzione negli Usa di una patrimoniale per ogni dollaro incassato farebbe calare il Pil di 1 euro e 20 centesimi, con una perdita secca del 20 per cento. Risultato, la nuova lotta di classe di Elly Schlein e compagni rischia di colpire solo il ceto medio, cancellando gli sgravi fiscali e inasprendo le imposte patrimoniali. Quando Mario Monti, con al fianco la professoressa dalla lacrima facile, fece i compiti a casa per conto di Sarkozy e Merkel , l’Italia entrò in de pressione, ma oggi una patrimoniale potrebbe essere il colpo di grazia.
Continua a leggereRiduci






