2025-07-18
Quei «tecnici» con troppi interessi
Giuseppe Marinoni e Giovanni Oggioni (Imagoeconomica)
La Commissione paesaggio, formalmente consultiva, aveva esautorato gli organi eletti E i suoi membri avevano rapporti professionali con le imprese che dovevano valutareNon è solo una questione di urbanistica. È questione di potere. A Milano, per anni, le scelte sul destino di interi quartieri non sono state prese in consiglio comunale o in giunta, ma all’interno di una commissione tecnica (formalmente consultiva), ma diventata di fatto decisionale: la commissione per il paesaggio. Un organismo non eletto, non rappresentativo, ma potentissimo. E secondo la Procura di Milano, profondamente inquinato da conflitti di interesse, soprattutto economici.Insediata per la prima volta nel 2010, dopo la riforma del 2005, negli anni la commissione ha acquisito un’influenza crescente. Tanto da diventare – secondo chi indaga – una sorta di organismo parallelo, con un potere immenso, capace di orientare le trasformazioni della città più della giunta stessa, approvando le Scia e scartando più lunghi permessi a costuire. Il problema? Non solo l’assenza di controllo democratico, ma il sospetto, secondo gli inquirenti, che quel potere sia stato usato in modo sistematico per favorire interessi privati.Al centro dell’inchiesta, come noto, c’è Giuseppe Marinoni, architetto, presidente della commissione dal 2021, accusato di un conflitto d’interessi permanente. Mentre valutava progetti per conto del Comune, Marinoni riceveva incarichi da studi e società coinvolti negli stessi piani urbanistici. Redigeva masterplan, partecipava a tavoli strategici, otteneva patrocini del Comune per lavori svolti nel proprio studio privato. Tutto sotto gli occhi dell’amministrazione.Secondo i magistrati, il sistema era noto anche ai vertici di Palazzo Marino. E oggi risulta indagato il sindaco Beppe Sala, per due ipotesi di reato: false dichiarazioni e induzione indebita a dare o promettere utilità. Il primo reato riguarda il mancato riconoscimento dei conflitti d’interessi di Marinoni; il secondo fa riferimento al progetto di riqualificazione dell’ex Pirellino, dove Sala avrebbe favorito interessi privati, inducendo altri soggetti ad agire di conseguenza.La riconferma di Marinoni nel dicembre 2024, quando era già formalmente indagato, potrebbe essere un passaggio chiave dell’inchiesta. La Procura non parla più di negligenza, ma di una scelta deliberata, che avrebbe consentito la prosecuzione di questo meccanismo ormai consolidato, che è proseguito per anni. Non è un dettaglio che la commissione 2021-2024 sia stata nominata il 26 dicembre, giorno di Santo Stefano, durante un periodo in cui l’attenzione pubblica e mediatica era minima. Una decisione che, anche secondo chi indaga, avrebbe avuto l’intento di mantenere nell’ombra una delle fasi più sensibili del processo di selezione degli 11 componenti.Ma Marinoni non era solo. Accanto a lui agivano altri professionisti al centro delle indagini. Giovanni Oggioni e Alessandro Scandurra, due figure note nel panorama dell’architettura milanese, sono sospettati di aver incassato mazzette - dissimulate da incarichi professionali purché su progetti differenti da quelli poi vagliati in commissione - in cambio di valutazioni favorevoli o silenzi compiacenti su operazioni immobiliari. In una città complessa come Milano, la presenza di professionisti qualificati nelle commissioni urbanistiche è non solo auspicabile, ma necessaria. Nessuno mette in dubbio che architetti, ingegneri e tecnici esperti debbano contribuire alle trasformazioni del tessuto urbano. Il punto, però, è un altro. Il problema non è la competenza, ma l’indipendenza.Secondo la Procura di Milano, diversi componenti della commissione paesaggio avrebbero esaminato e approvato progetti firmati da progettisti dai quali avevano ricevuto incarichi. Un cortocircuito evidente, che mina la funzione pubblica della commissione. Gli ultimi aggiornamenti normativi sono chiari: chi fa parte di questi organi non deve aver avuto rapporti professionali con soggetti interessati ai progetti esaminati nei tre anni precedenti l’incarico.Eppure, secondo gli inquirenti, molte delle dichiarazioni di assenza di conflitto firmate dagli indagati erano false. Le fatture emesse da alcuni di loro - Marinoni in primis - dimostrerebbero l’esistenza di rapporti professionali recenti con le stesse società immobiliari coinvolte nei progetti poi approvati in commissione. Un sistema in cui le regole erano eluse attraverso autocertificazioni non veritiere, e in cui la trasparenza era solo di facciata. L’assessore Giancarlo Tancredi avrebbe svolto un ruolo chiave nel sostenere politicamente e tecnicamente il sistema, firmando delibere e spingendo gli uffici comunali a ratificare le decisioni della commissione. Nessuno, nemmeno il sindaco, ha mai interrotto questa dinamica.A questo punto, la domanda non è più «perché nessuno ha fermato Marinoni?», ma «quanto erano coinvolti coloro che potevano farlo?».
Nel riquadro, il fotoreporter Niccolò Celesti (Ansa)
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