Milan, Elliott in trattativa con Investcorp. Ma niente esclusiva: ci sono altri gruppi

Elliott tratta con Investcorp per la cessione del Milan
Per la prima volta da quando, poco meno di quattro anni fa, Elliott ha acquistato il Milan, i manager dell’hedge fund americano stanno valutando seriamente la cessione del club. La Reuters parla di trattative in esclusiva con il fondo del Bahrein, Investcorp, di un affare che sta procedendo in maniera spedita per una valutazione che si aggira intorno al miliardo. Ma a Verità&Affari non risultano esclusive così come non risulta che sia stata fatta una due diligence sul club. C’è una lettera di interesse, ma sembra anche che ci siano altri soggetti che hanno manifestato il loro interesse per acquisire il club.
Come rivelato da questo giornale pochi giorni fa, i continui stop al progetto per il nuovo stadio hanno avuto un ruolo decisivo nel disamoramento dei Singer (il fondatore Paul e il figlio Gordon) per il club che avevano rilevato nel 2018 dal sedicente uomo d’affari cinese Yonghong Li. Il colosso degli investimenti avrebbe voluto proseguire il suo progetto con i rossoneri dopo averli riportati in Champions e aver ripianato il bilancio, ma senza la possibilità di aumentare i ricavi, qualsiasi piano di crescita si rivelerebbe insostenibile.
QUESTIONE STADIO
A questo proposito val la pena ricordare le parole di Giorgio Furlani, il Portfolio Manager di Elliott e consigliere di amministrazione del Milan, al recente Football Summit 2022: «Il nuovo stadio? È un progetto che va avanti da tempo, da quando abbiamo preso la proprietà del Milan. Quando abbiamo mostrato l’opzione stadio a New York ci dicevano di non preoccuparci perché erano convinti che Milano non fosse una città come Roma: sfortunatamente Milano ha dimostrato di essere un po’ come Roma, più di quanto ci sarebbe piaciuto... Cosa ci blocca? C’è una spinta politica limitata perché alcuni stakeholders non vogliono andare avanti». E qui si inserisce l’interesse di Investcorp e di altri gruppi.
Certo a Elliott i conti tornerebbero. Secondo l’ultimo bilancio il fondo attraverso la scatola di controllo Project Redblack ha immesso nel club finanziamenti per 130 milioni che si aggiungono ai circa 400 degli anni precedenti. Se si somma il costo dell’operazione di acquisto circa 300 milioni ai quali però va sottratto il debito da 128 milioni che il Milan ha rimborsato a Elliott, siamo intorno ai 700 milioni di investimento complessivo. Il guadagno sul miliardo di cui si parla sarebbe di circa 300 milioni che è poi il ritorno classico che gli investitori di Elliott si aspettano da qualsiasi investimento, poco sopra il 10% annuo. Ma chi è Investcorp? Parliamo di un fondo di investimento fondato nel 1982 per aiutare le facoltose famiglie del Medio Oriente negli investimenti nei mercati più sviluppati.
ATTIVO IN ITALIA
Un asset manager alternativo con sede in Bahrein che gestisce circa 40 miliardi di asset lungo sei linee di business: dal private equity fino alle infrastrutture alla gestione del credito e al comparto immobiliare, e impiega 430 persone in 43 Paesi diversi. Da New York a Londra fino a Bahrain, Abu Dhabi, Riyadh, Doha, Mumbai e Singapore.
Negli anni Investcorp è stato molto attivo in Italia. Quasi sempre con delle classiche operazioni da private equity che prima acquistano, poi risanano e cedono con un ritorno importante. È successo prima con Gucci, quindi con Dainese, passato al private Carlyle e infine con Ceme il gruppo del pavese leader mondiale nella produzione di pompe e valvole per il caffè monodose passato a Investindustrial di Andrea Bonomi. Se adesso tocca al Milan lo sapremo a breve.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».













