2018-05-12
La psicosi molestie ha contagiato i romanzi
Veronica Raimo pubblica un libro manifesto del femminismo contemporaneo che sembra uscito dalle cronache di questi giorni. Racconta di una studentessa che (dopo due anni) denuncia il professore con cui ha avuto una storia. Indovinate chi è il colpevole...Il cuore nero del romanzo è tutto lì, in quelle poche righe scelte, non a caso, per riempire la quarta di copertina. A parlare sono due donne. La prima è una donna incinta, la compagna di un professore universitario. L'altra è una ragazza, una studentessa che con quel professore ha avuto una relazione. E che, dopo due anni, si presenta a casa dell'insegnante e della sua compagna con un'accusa di molestie sessuali. «Perché sei venuta a dirmelo ora?», domanda la donna incinta. Risposta della ragazza: «Perché non è mai stato punito» «L'avevi denunciato?», chiede ancora la donna. E la ragazza: «No. Non potevo. Perché allora non lo sapevo. Ora lo so», risponde la giovane. «Cos'è che sai adesso?», incalza la donna. La studentessa risponde: «Che ho subito una violenza». Questo dialogo perturbante, dicevamo, è il centro del nuovo romanzo di Veronica Raimo (Miden, edito da Mondadori). Un libro per molti versi sorprendente, diverso dalla gran parte delle opere italiane recenti. Ben scritto, più vicino alla narrativa d'Oltreoceano che alla nostra (ed è un bene), coinvolgente e a tratti piuttosto feroce. Al di là dei pregi, che non sono pochi, c'è però un aspetto non secondario, e un po' spaventoso. Miden è un potente esempio di «narrativa del Me too». Non solo perché si occupa di molestie, ma per il modo in cui se ne occupa e per la tesi che - seppur sfumata - striscia lungo tutte e duecento le pagine. Miden è una città, una sorta di utopia boldriniana realizzata. Un luogo gestito secondo i canoni del politicamente corretto, in cui ci si rifugia per sfuggire al mondo esterno devastato da crisi e povertà. A Miden i trolley sono vietati perché brutti a vedersi, è obbligatorio vestirsi a cipolla, spopolano corsi di meditazione, discipline naturali e preparazione di infusi. Il linguaggio è controllato e modificato, i farmaci sono naturali, persino le droghe sono bio. Le autorità sono materne, accoglienti, si interessano ai «traumi» subiti dagli abitanti, che vengono classificati accuratamente. Il trauma denunciato dalla giovane studentessa è il numero 215, una molestia sessuale. Lei è la «Subente», il professore è il «Perpetratore» è per questo affronterà un processo alla maniera di Miden. Una apposita commissione ascolterà le ragioni della fanciulla che ha denunciato, ai testimoni (compresa la compagna incinta del professore) sarà chiesto di compilare un questionario che pone domande di chirurgica invasività. Ma vediamo di definire meglio i contorni della vicenda. Il professore e la sua studentessa hanno avuto una relazione. Sconveniente, senz'altro, considerati i ruoli. Ma vera e anche particolarmente appassionata. Lei, si capisce, era maggiorenne e pure molto consenziente. Anche quando si trattava di sperimentare acrobazie sessuali piuttosto ardite. A un certo punto, però, la relazione si è interrotta, anche se i due si amavano (lo ammettono entrambi, se lo dicono anche di persona). Ed ecco che, dopo due anni, spunta l'accusa: la ragazza sostiene di essere stata molestata. Sembra assurdo, ma la cronaca degli ultimi mesi ci ha mostrato che non c'è nulla di cui stupirsi. Stiamo parlando, insomma, di «molestie percepite». Un concetto pericoloso come pochi. Perché uno stupro è uno stupro, è immediatamente violento, evidente nella sua straziante brutalità. Ma una molestia percepita, esattamente, che cos'è? Come si quantifica, come si prova? E qui veniamo all'aspetto sconvolgente del romanzo. L'opera della Raimo, dicevamo, potrebbe benissimo essere un manifesto ideologico del Me too. Fin dall'inizio, il professore ci è presentato come colpevole. Non è esattamente sessista, però si lascia sfuggire qualche battuta pesante ogni tanto, e alcune abitanti di Miden sembrano pensare che avrebbe bisogno di un po' di educazione (anzi, rieducazione) perché proviene da una cultura maschilista. Il modo in cui il professore ha fatto sesso con la studentessa è giudicato oppressivo, violento. Anche se lei si è prestata volentieri, anche se la ragazza tante volte si è fatta avanti per prima. È molto interessante e originale il fatto che la Raimo non faccia mai parlare la vittima, ma solo il «molestatore», la sua compagna e qualche testimone. Il romanzo ne guadagna senz'altro, ma l'ideologia affiora lo stesso. Per tutto il libro, l'insegnante appare volgare, scurrile, egoista, infantile. Anche la sua compagna, dopo un po', comincia a vederlo così. Si rende conto che la relazione non la soddisfa, che lui è pesante, troppo concentrato su di sé. Ma basta questo a fare di un uomo un molestatore? No, decisamente no. Eppure Miden si muove proprio in questa direzione. Suggerisce che si possa abusare pesantemente di qualcuno anche se non si è misogini, violenti o psicopatici. Insinua che, in fondo, dentro ogni maschio si nasconda un piccolo o grande Harvey Weinstein. L'utopia di Miden è terrificante - tanto che la stessa Raimo ne nota i difetti - ma alla fine viene presentata come auspicabile. Ai maschi non resta che adattarsi. Al massimo, possono rifugiarsi in «club degli uomini» simile a quello che dà il titolo al romanzo di Leonard Michaels (un classico americano appena pubblicato da Einaudi). Una congrega di personaggi tristi, spaesati, chiassosi, in tutto dipendenti dalle donne.Miden non è un romanzo horror, ovviamente. Ma spaventa di più di Stephen King, perché mostra come si stiano riassestando i rapporti fra i sessi e come potrebbe essere la nostra esistenza nell'era della molestia percepita. Dove tutti i maschi sono uguali di fronte alla legge: ugualmente colpevoli.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)