2021-07-19
Sara Simeoni: «Mettersi in ginocchio non serve a nulla contro il razzismo»
La medaglia d’oro a Mosca 1980: «Io non lo farei, in una società bombardata di immagini ripetere un gesto lo svuota di senso»Ai Giochi più strani di sempre può accadere di tutto. Anche che «lo spirito Olimpico vada a farsi benedire» con tutte le disposizioni che a Tokyo sono state previste per far fronte all’emergenza sanitaria. Niente applausi né boati del pubblico, gli impianti che si preparano ad accogliere gli atleti resteranno in gran parte vuoti. Troppo alto il rischio contagio secondo le autorità giapponesi, che hanno deciso di blindare anche il villaggio olimpico, con una serie di restrizioni per gli atleti. La rivoluzione delle tradizioni olimpiche per ragioni sanitarie fa un certo effetto ai campioni che le sensazioni a cinque cerchi le hanno conosciute e provate, e sulle quali hanno costruito buona parte della loro carriera. La storia di Sara Simeoni, medaglia d’oro nel salto in alto a Mosca 1980 e prima donna nella storia a saltare oltre i due metri, è cominciata proprio a Monaco di Baviera, ai Giochi del 1972, ad appena 19 anni. Sara Simeoni, venerdì la cerimonia inaugurale di Tokyo 2020: i Giochi olimpici arrivano con un anno di ritardo a causa della crisi pandemica e per la prima volta nella storia non ci sarà il pubblico ad assistere sugli spalti. Che effetto le fa? «Gareggiare senza pubblico, a porte chiuse, snatura il senso dei Giochi. Nella mia prima esperienza, appena maggiorenne, lo spirito olimpico era praticamente ovunque: negli stadi e nei palazzetti colmi di pubblico, tra gli atleti nel villaggio olimpico, in ogni sito allestito per le sfide. È stato tutto questo a stregarmi».A Tokyo non vedremo nulla di tutto ciò: le autorità sanitarie hanno blindato i Giochi per evitare una possibile crescita dei contagi, gli stessi cittadini mostrano non poca diffidenza nei confronti delle delegazioni arrivate da ogni parte del mondo, con i primi casi che si registrano anche all’interno del villaggio. «È un gran peccato, l’atmosfera asettica di Tokyo 2020 stravolge la natura dei Giochi: lo spirito olimpico va a farsi benedire. Sentire il calore del pubblico, gli applausi o la delusione fa un certo effetto, soprattutto per gli atleti. Li carica, li motiva. Le Olimpiadi hanno il pregio di far convivere le persone da ogni parte del mondo per più di due settimane: atleti e spettatori, con abitudini diverse, continuamente a contatto. Quest’anno non sarà così, si è arrivati addirittura a un manuale di comportamento per gli atleti all’interno del villaggio, senza molta possibilità di movimento».Ritiene che le Olimpiadi a porte chiuse siano una scelta eccessiva alla luce di quanto abbiamo visto a Wembley, in occasione della finale del Campionato europeo di calcio, dove sugli spalti c’erano quasi 70.000 persone? «Non riesco a capire come mai in alcune situazioni ci sia libertà e in altre no. Agli Europei di calcio si è passati rapidamente da poche persone sugli spalti, distanziate e con le mascherine, a un liberi tutti generale, con gli stadi colmi di persone. In Giappone hanno scelto diversamente, adottando una soluzione drastica. Quella contro il Covid è una guerra particolare, mi rendo conto, ma a questo punto non sarebbe stato più opportuno rinunciare alla manifestazione?». Avrebbe annullato i Giochi? «Ho sempre messo le Olimpiadi su un piedistallo, per vari motivi: per la storia, per i tanti significati sportivi e personali, per i valori. Ora salta un po’ tutto. L’unica cosa a cui non si è riusciti a rinunciare è il business che ruota attorno a una manifestazione come questa».Per un anno, molti atleti hanno vissuto nell’incertezza: la variabile Covid ha posto più di un punto interrogativo su questi Giochi. Nella sua carriera da olimpionica, anche lei ha conosciuto questo dubbio: a Mosca 1980 il rischio di non partecipare era alto. «Fino all’ultimo siamo stati in bilico: non sapevamo se avremmo preso parte ai Giochi oppure no, dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Io volevo andare alle Olimpiadi e non sopportavo l’idea che la politica potesse entrare a gamba tesa sulla manifestazione, vietando agli atleti di prendervi parte. Vista la situazione di oggi, ognuno prova a tamponare come può, certamente non è semplice».I Giochi saranno il secondo grande evento sportivo dall’inizio dell’emergenza sanitaria. Il primo, gli Europei di calcio, si sono portati dietro una scia di polemiche piuttosto frizzanti. A cominciare dalla querelle sull’inginocchiamento dei calciatori per solidarizzare con il movimento antirazzista Black Lives Matter. Che cosa pensa al riguardo? «Viviamo in un mondo dove l’apparenza la fa da padrone. Si può essere d’accordo con un principio anche senza essere plateali. Oggi conta l’immagine, si va avanti per spot».In vista dei Giochi, gli atleti italiani potrebbero decidere di seguire l’esempio? «Potrebbero. Del resto, ognuno è libero di fare quel che meglio crede».Lei si sarebbe inginocchiata?«No. E non perché non creda ai principi che sono alla base di quella battaglia, ma perché ritengo che il gesto abbia un impatto superficiale sul problema: oggi viviamo in una bolla fatta di immagini, di cui non resta nulla. Le apparenze non mi sono mai piaciute, ho sempre preferito anteporre i miei comportamenti».Nella storia dello sport, e delle Olimpiadi, tante immagini hanno avuto un peso sulle battaglie civili, come i pugni chiusi di Tommie Smith e John Carlos ai Giochi di Città del Messico del 1968. Perché i gesti degli sportivi di oggi non avrebbero lo stesso impatto, secondo lei?«In quegli anni, le immagini avevano un significato diverso, un seguito diverso. Le Olimpiadi erano una manifestazione dove certi gesti potevano essere visti e scuotere qualche coscienza. Oggi non è più così: siamo bombardati di immagini e l’eccessiva quantità le svuota di significato. Per quale motivo dovrei inginocchiarmi se poi tutto torna come prima qualche secondo dopo?». È accaduto anche a Londra, nel corso degli Europei di calcio: quella inglese è stata la nazionale che più di tutte ha manifestato, inginocchiandosi, contro il razzismo. Eppure, dopo la sconfitta in finale, sono partiti gli attacchi razzisti proprio nei confronti di molti suoi calciatori. Questa ipocrisia svuota il senso della battaglia?«Esattamente. Oggi in qualsiasi momento si può fare un gesto come quello che abbiamo visto agli Europei, senza ricaduta alcuna. Qualsiasi manifestazione del genere passa da un orecchio all’altro e non resta niente».Nella finale di Wembley abbiamo visto i calciatori sconfitti togliersi dal collo la medaglia d’argento ancor prima di averla indossata. Che cosa ha pensato di fronte a quelle immagini, lontanissime dai valori olimpici ai quali lei è molto legata? «Non è un gesto da proporre come esempio, specie se arriva da un Paese che si è sempre fregiato di essere molto attento al fair play. Vincere piace a tutti, ma lo sport è fatto anche di sconfitte. La sconfitta è qualcosa di cui fare tesoro, ti aiuta a non commettere altri errori. I calciatori inglesi avrebbero dovuto saperlo. Se mai accadesse qualcosa del genere alle Olimpiadi, mi auguro possano esserci delle sanzioni».Ai Giochi di Tokyo sarà la prima volta di una atleta transgender in gara: Laurel Hubbard, prima uomo e oggi donna, contenderà la medaglia nel sollevamento pesi. Che cosa ne pensa?«Lo sport sta cambiando, c’è uno sconvolgimento in atto che non è semplice da interpretare. Come tutto attorno a noi, anche lo sport finisce per essere fortemente influenzato dai dibattiti in corso nella nostra società. Il rischio che vedo è quello di favorire alcuni a scapito di altri. In questo caso, a scapito delle atlete donne».Che cosa pensa della squadra italiana di atletica in gara a Tokyo? «Ho visto diverse gare: tra gli atleti italiani ci sono dei buonissimi elementi, che si sono comportati bene fin qui. Certo è che le Olimpiadi sono un altro gioco».Nel medagliere italiano c’è spazio per un oro in arrivo dall’atletica, secondo lei? «Non faccio previsioni né nomi per via della mia scaramanzia. Finché non terminano le gare e non si vede il piazzamento, bocche cucite. Abbiamo le capacità per fare bene nei salti, nella velocità e nella staffetta. Sicuramente farò il tifo per tutti loro».Nessun favorito, solo outsider?«Da favorito non si presenta nessuno dei nostri atleti. Siamo nella condizione di andare a Tokyo con la tranquillità di chi sa di non essere favorito e può sfruttarla a suo vantaggio per fare una bella sorpresa. Quando sei favorito, è dura».Lei sa bene come ci si sente. Ai Giochi di Mosca è arrivata da grande favorita. «La prima a volere la medaglia d’oro ero io, era la prima volta che gareggiavo con quell’obiettivo in testa. Prima mi sarei accontentata di qualsiasi medaglia, a Mosca volevo solo l’oro. È stato difficile, però, insomma, è andata bene».
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
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