
Davanti al sistema che levava i piccoli ai genitori per distribuirli ad amici e coppie gay la sinistra parlava di invenzioni. Nonostante le inchieste, l’ideologia di fondo è rimasta.Quando la corte di Cassazione qualche mese fa ha confermato l’assoluzione di Claudio Foti - terapeuta divenuto universalmente famoso, suo malgrado, per la vicenda degli affidi di Bibbiano - i giornali, soprattutto quelli tendenti a sinistra, hanno avuto un moto di felicità. Dopo aver a lungo sbertucciato la destra e i 5 stelle (che con fin troppo sussiego si erano occupati dell’allontanamento dei minori dalle loro famiglie biologiche, salvo poi mollare un po’ la presa) e dopo aver ridacchiato sullo slogan »parlateci di Bibbiano», i progressisti hanno finalmente potuto affermare che lo scandalo non c’era. L’assoluzione di Foti, hanno scritto, dimostrava che il caso Bibbiano fosse una clamorosa invenzione. Non c’erano mostri fra gli assistenti sociali, non c’erano ladri di bambini, non c’erano nemici ideologici della famiglia nelle istituzioni: era tutta una montatura dei sovranisti e dei populisti. A ben vedere, però, le cose stanno in maniera decisamente diversa. I procedimenti giudiziari per la storiaccia emiliana, in realtà, sono ancora in piedi e riguardano un bel numero di imputati. Claudio Foti aveva un ruolo marginale in tutta la faccenda, come del resto questo giornale ha sempre scritto. Su queste pagine non ci siamo mai concentrati sui presunti reati che gli venivano contestati, ma sul suo approccio ideologico e culturale. Abbiamo contestato una impostazione che lui e altri (assistenti sociali e politici) sembravano condividere e che illustravano in libri e convegni. L’idea, cioè, che nella famiglia si annidasse il male e in quantità notevoli. L’idea che quella stessa famiglia andasse in qualche modo smontata e ricostruita come in laboratorio per correggerne le storture, e che i bambini dovessero essere sottratti alla tirannia del legame di sangue per essere curati da esterni con il «giusto approccio».Il punto è che l’assoluzione di Foti non dimostrava proprio nulla. E di certo non dimostrava l’inesistenza di luoghi oscuri nel sistema di gestione dei minori, anzi. Al di là dell’esito dei processi, infatti, i problemi della macchina pubblica di assistenza ai ragazzi e alle famiglie in difficoltà restano enormi, e pressanti. Lo certifica la realtà del caso Bibbiano, che andrebbe esplorata al di là delle superficiali ricostruzioni mediatiche più recenti. E lo ribadiscono le notizie che arrivano da Torino riguardo al rinvio a giudizio di Nadia Bolognini, collega e compagna di Foti e di due donne a cui erano stati affidati bambini con difficoltà. Nel contesto piemontese ritroviamo elementi già presenti in terra emiliana. Ritroviamo terapeuti sospettati di aver forzato la mano, di aver voluto vedere abusi laddove non c’erano per favorire affidi discutibili. Ritroviamo la tendenza a ritenere che le cosiddette «famiglie intenzionali» e in particolare le coppie arcobaleno siano migliori della triste famigliuccia naturale. Insomma rivediamo dei vizi culturali che si sommano alle storture burocratiche. Non c’è dubbio che vi siano genitori biologici inadatti e semplicemente cattivi. Non c’è dubbio che siano troppi i bambini maltrattati. Ma forse è troppo semplice cavarsela pensando di spostare un piccino come fosse un pacco postale da una parte all’altra. Il gup di Torino, con una presa di posizione forte e condivisibile, lo mette nero su bianco: «È decisivo evidenziare», scrive, «che le indagini hanno portato alla luce quello che si è rivelato essere il fallimentare prodotto di un sistema pubblico di cura e protezione dei minori, che non è riuscito a tutelare in pienezza - e in termini minimamente accettabili - il benessere psicofisico di due bambini nei loro primi anni di vita». Forse, al di là delle polemiche mediatiche, delle fissazioni ideologiche e dello scontro politico, è da queste parole che si dovrebbe iniziare a costruire una riflessione. Non per fabbricare mostri, ma per aiutare qualche famiglia in più a vivere decentemente.
Andrea Crisanti (Ansa)
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